30 ottobre 2007

When old-age means dark-age

Conosco anziani che parlano di modernità e nuove economie, poi si siedono sul divano, aprono il giornale, poltriscono per ore, mentre le loro donne sono in cucina a soddisfare il narcisismo dei compagni e a rimuovere la polvere dai loro comò.
Conosco anziani che dicono di amare i loro figli e per i quali hanno sacrificato-dicono- tutta la loro vita ma sostengono idee politiche e governi che divorano volentieri il pianeta e le sue risorse così che ai loro figli lasceranno il deserto in eredità; anziani che si battono il petto la domenica e imprecano contro i tempi nuovi e contro l'aborto, per difendere il feto farebbero cadere governi ma non sposterebbero un voto per garantire che il feto, divenuto uomo, non vada a morire poi in guerra e di abusi e di povertà.
Conosco anziani che non vogliono la ricerca scientifica, le staminali, la pillola del giorno dopo ma non chiederebbero mai l'obiezione di coscienza agli operai delle fabbriche che producono pezzi di morte a servizio degli eserciti; anziani che aiutano i figli a diventare soldati e poi ricevono la benedizione dei cappellani così amanti dei figli che sarebbero pronti a veder morire il figlio di un altro.
Non sempre anziano vuol dire fragilità e tenerezza, saggezza e insegnamento.
Spesso si costruiscono la loro fortezza con anni e anni di avidi sacrifici e come animali braccati vi vivono dentro da prigionieri, abbaiono a chiunque si avvicina al loro perimetro.
Non vogliono mollare, non vogliono morire e non insegnano nulla ai loro figli se non a perpetrare il gioco del possesso, della conquista, della roba.
Questi anziani sono morti da un pezzo, non hanno più nulla da imparare e da apprendere, credono di avere acquisito autorità con la fatica e l'accumulo ma sono già nel regno delle ombre, avvinghiati al proprio castello di idee.
E i loro figli sono stati partoriti ma non sono mai cresciuti, prigionieri anche loro nel mondo di un altro, giovani senza sogni e senza ricerca, su cui i padri proiettono la paura della solitudine e il ricatto della malattia e i sogni di onnipotenza.
E quando questi anziani sono educatori o guide e parlano da una cattedra, da un altare, da uno scranno, sono obbligata a chiedermi se quell'uomo che parla alla mia coscienza sia più autorevole della mia coscienza stessa. Non saranno né l'età, né gli studi, né il potere acquisito a richiamare la mia devozione ma la giovinezza del pensiero, parole che risvegliano lo spirito e lo muovono verso altre frontiere.
Per questo il mio amore e la mia gratitudine vanno ad un meraviglioso novantenne, Arturo Paoli, la cui forza consiste nell'aver iniziato un pellegrinaggio verso la conoscenza di sè, mai compiuto, ed essermi stato maestro, tra i tanti, in tempi difficili.
"Il divenire dell'amore mi libera con una spontaneità crescente dell'io oscuro, egoista e desposta...l'esperienza d'amore è un'esperienza tragica perchè decide definitivamente della persona: crea o la persona disponibile, creatrice di libertà o la persona-tumore che arresta la circolazione del sangue sociale...
Accettare di essere il tu per l'altro vuol dire accettare, fin dal principio, la povertà, perchè nell'amore non ci si attende nulla, ci si dispone a perdere tutto anche il proprio io che prima non poteva pensarsi fuori di un progetto individuale e di potere".
(Il silenzio pienezza della parola)
Che il buon Dio ci aiuti a invecchiare bene!

29 ottobre 2007

Dedicato a Charlie Brown

Cammino sul selciato del piccolo paese di Collevecchio, mentre le colline profumano intorno di cenere e legna, dolci e sinuose, con una grazia antica, quando all'improvviso mi coglie un battito d'ali e alzo lo sguardo verso il cielo: di un azzurro pulito, un campanile a penetrare l'aria fresca delle prime ore del mattino, le campane nient'altro che vibrazioni lanciate nello spazio su cui si adagia il cuore.
Mi accorgo di vivere.
E' un attimo di suprema felicità.
Ho ancora tempo, mi dico, per ricominciare. Ho ancora altre ore per imparare.
Non è finita fino a che non finisce: fino all'ultimo, una conquista della chiarezza e della visione esatta del tutto.
Forse per questo, non depongo la fiducia e aspetto che altri vedano il "raggio verde", che in tanti si alzino da terra come richiamati da una improvvisa intuizione...conoscere attraverso il cuore!
Sebbene guardi alla storia mia e collettiva con la consapevolezza della scarsa realizzazione delle aspettative umane, c'è un terzo occhio, nella mia coscienza, che mi aiuta a guardare oltre gli eventi e mi concede lo spazio del respiro e della speranza.
Non sono nata per vincere, per avere tutte le risposte e per avere ragione: sono nata per capire, per cercare anche nella ragione degli altri, per fare esperimenti e confutazioni e poi nel silenzio far sedimentare il tutto e attendere...
Così nessuna parola diventa assoluta, neppure il dolore, nessuna idea politica, filosofica, religiosa si imposessa del mio vagabondare nel mondo.
Ma quando incontro qualcuno che ha già compiuto il viaggio, da tempo, e che è passato ad un altro livello di consapevolezza allora mi fermo a contemplare.
Se è accaduto in lui, accadrà anche in me. Se è riuscito a diventare una persona libera, allora continuo a camminare e troverò la mia di strada.
Il dolore, l'errore, il senso di colpa saranno solo la via maestra da intraprendere per capire meglio da dove vengo e quale bagaglio mi porto sulle spalle, per disfarmene: tuttavia, non il senso compiuto della strada.
Questa è la ragione della mia scrittura oggi: aprire una porta, scoprire se si vede qualcosa, descrivere ciò che vedo e aspettare che faccia da risonanza nel cuore dell'altro. Da onda a onda finiremo per suonare una vibrazione intensa che andrà a arricchire l'etere di altri suoni. Non ci sono solo i rumori della devastazione, il clamore delle fanfare, lo sghignazzare delle perfidie, il bisbigliare dei tradimenti e dei complotti. C'è anche un suono che poi è un canto, un richiamo all'attenzione, un attimo di sospensione del respiro prima di dire...è così, ho capito, vado avanti...
A dispetto della "pesantezza" dei miei post, della malinconia latente, dell'occhio che perde tempo a guardare il marcio più che il fiore di loto (oggetti del mio bagaglio!), ho incontrato tante "torce attese" che mi hanno dato luce e calore: talvolta è stato un libro, una frase di un amico, un abbraccio nella notte...
"Grazie a quelle torce accese, tutti cucineranno il loro cibo e disperderanno le tenebre" (Osho).
Ci sono costellazioni di pensieri e persone che mi hanno obbligato a guardare in alto e ad inseguire quel battito d'ali...

25 ottobre 2007

La religione e gli affari

Finalmente esce allo scoperto il Cardinale, nel chiedere il silenzio stampa su come lo Stato Vaticano si procaccia da vivere. Far tacere chi solleva dubbi sull'etica di uno Stato che usa l'otto per mille, l'insegnamento della religione e le sovvenzioni alla scuola cattolica per mantenere la piramide dei privilegi è atto di disperazione, ora che in altre parti d'Europa si comincia a chiedere una sacra distanza dagli affari vaticanensi.
Non c'è che da leggersi l'inchiesta di Curzio Maltese su Repubblica e da qui domandarsi se i democristiani sguinzagliati nei vari ministeri (vedi Fioroni) non stiano lavorando da infiltrati, da veri collaboratori del Vaticano: chi oserà toccare gli interessi della scuola-coranica nella scuola pubblica?
Non serve molto citare Don Milani e poi non prenderlo in parola, quel prete rompiscatole che ha saputo far sudare i poteri forti con il Triregno!
Lo spartiacque tra classe sacerdotale, oligarchia e demos è troppo grande oggi per poter avviare ponti e dialoghi. Solo invertire la rotta, lasciarsi mettere in discussione, riconoscere di essere un potere e non un servizio, lasciare il mantello a chi ti chiede la tunica, potrebbe convincermi.
Infatti il richiamo al precariato e alle famiglie sofferenti da parte del Papa mi lascia indifferente, tanto più che a denunciare l'inquietante destino di migliaia di cittadini sono stati per primi e da sempre le streghe come Rossanda e i comunisti perduti come Parlato. Mi lascia indifferente la parola carità se non si unisce a povertà e obbedienza. Obbedienza a cosa?a chi?
Alla verità delle cose: i poveri, gli abusati, gli sconfitti, gli esclusi sono di qua; i teologi, le casse piene, i tappeti rossi, le amicizie pericolose sono di là.
Non è la stampa che deve tacere, nè l'opinione pubblica, nè i blogger. Questi sono un servizio al cittadino perchè si svegli e decida se gli piace morire libero o manipolato. Ben vengano le inchieste, anche sul governo e i ministri amici, che emerga sempre più in superficie la Cosa, tentacolare e viscida che manovra gli interessi dei pochi: l'unico vero Dio, padrone di tutti i palazzi!

24 ottobre 2007

Grigio d'attesa

Qualche giorno di fatica lo devo pure bestemmiare: scrivere è anche restituire a me stessa le varie sfaccettature della mia anima sfilacciata; non è che tutti i giorni siano amore e illuminazione! No, tante sono le ore di andamento lento se non piatto e piagnucoloso dove non ho neppure la forza di fare la spesa, prendere le figlie a scuola, occuparmi della tinta sul grigio invadente, comprarmi qualche maglia nuova che non sia nera...giorni in cui non riesco a starmi dietro!!!
Dicono che è il cocktail di decapeptyl e tamoxifene a picchiare le ossa che infatti si rifiutano di buttarsi giù dal letto e sorreggere tutta la carrozzeria; ci si mette anche il cervello con il suo peso di idee melanconiche ad atterrare ogni tentativo di elevazione.
I pensieri sono un pò inquieti in questi giorni e volano spesso in Lombardia, da Anna, l'amica che ho incontrato nell'associazione di Attive e con la quale ho speso ore a discutere, nella sua smart trendy, di politica, religione e moda, in direzione Milano, per vivere giornate piene di incontri e parole buone presso l'associazione.
Eravamo la leghista e quella dei centri sociali, la ricca borghese dal tacco di gucci e la sbracata in jeans di seconda mano. Lei a difendere Briatore, io a smontare la razza dei lumbard per chilometri; arrivavano poi le vacanze, lei partiva per le Mauritius e io per la Sabina. Avremmo potuto non sceglierci e non dirci nulla, non rivolgerci neppure un saluto di cortesia; abbiamo preferito superare la cortina di ferro delle idee e entrare nel cuore dell'altra, unite da un unico destino: la consapevolezza di vivere un tempo supplementare. Le sopravvissute...
Si è parlato di cancro, il primo giorno, poi solo di libri e vita.
Lei è rimasta delle sue idee e io delle mie ma siamo amiche e quando ci parliamo ognuna di noi smette i propri abiti e aspetta. Io indosso i suoi tacchi vertiginosi e cerco di incontrarla lì dove lei abita, tra i suoi pensieri e i suoi sogni. Anna ha un cuore grande: un giorno è venuta a trovarmi e mi ha consegnato una busta traboccante di camicie e completi, roba fina, che il cortisone aveva ristretto di due misure! Quelle camicie mi fanno così "milanese" ma hanno la bellezza del ricordo di una persona che non ha avuto paura di voler bene.
Ora è in sala operatoria: ha un tumore al cervello.
Tutto il resto è attesa: diagnosi, conseguenze dell'operazione, cure.
Io sono qui che mi interrogo...vorrei approfittare di questo nuovo dolore per imparare a vivere.
Invece ho passato ore di latente isteria, insofferente alle inezie, all'inutile ...dovrei dire, adesso, che vale tutto questo?
Guardo le figlie, bellissime, e non capisco perchè mi fanno perdere la calma ogni attimo che sembro una gorgone impazzita... sfrecciano come folletti e io non reggo la loro energia, il mio corpo non regge altra gravità, pesa già tanto da solo...i pensieri rincorrono quella bimba di tredici anni e sua madre con le metastasi (in associazione ne incontriamo tante)...non posso non guardare le mie figlie e non pensare a questa madre, ad Anna, anche lei madre, e all'amore che deve imparare ad andare e a lasciar andare...
Credo che la paura sia venuta a trovarmi.
Ho aperto la porta ma è entrata anche la rabbia e l'angoscia e tutte quelle figlie spettrali che si porta dietro.
Ora devo sedermi con calma ai piedi della luna: la sera porta il silenzio nella casa, le ragazze dormono, nessuno chiede altro. Non resta che respirare profondamente e chiedere alla fiducia di venirmi a fare compagnia e una preghiera al Dio muto per dirgli: "portami in braccio tu per un pò, perchè i piedi mi fanno male!".

22 ottobre 2007

Nuovo umanesimo

Se la Parola di Dio è allora la lampada per i miei passi (Salmo 118), ogni cammino compiuto dall'uomo è buono, da qualunque strada provenga e da qualunque credo: sarà stata l'adesione a questa parola che riconduce l'uomo alla terra promessa ovvero alla comprensione e ricongiunzione con se stesso, a salvarlo dalla pazzia e dalla frammentazione.
" Ama e fai ciò che vuoi" di S. Agostino è da me percepito come comando ad esistere nell'amore e nella libertà espressiva di quest'ultimo; le religioni -invece-con il loro apparato sono ostili alla libera espressione dell'uomo, la creatività è sempre minaccia al potere e quindi madre dell'eresia se non della stregoneria.
Non c'è religione che non si sia coperta di crimini come non c'è ideologia politica che non abbia avuto le sue vittime: sarebbe salutare per le Chiese tutte riconoscersi nel modello "babilonia" e nell'adozione avvenuta dello " stile impero".
Potessimo da domani ricominciare da capo e dirci, guardandoci negli occhi, che abbiamo sbagliato, come lo disse Galileo guardando le stelle: non abbiamo capito un granchè dell'uomo come della divinità e sarebbe ora di riaprire il dialogo tra noi a partire da quel sogno di pace e giustizia e amore che ci ha fatti figli di un Dio invece che figli di un vampiro.
Anche questo bene e questo male che si dividono, come la luce e le tenebre, come l'uomo e la donna, l'amore e il sesso, in un dualismo senza fine sono conseguenze di un modo di pensare e ragionare che da ci ha condotto al conflitto perenne, ad un gioco al massacro.
Io attendo una Chiesa-madre che abbracci l'umanità senza distinzione tra il figlio obbediente e quello ribelle, il figlio che resta nell'orto di casa magari perchè non ha il coraggio di osare e quello che va a cercarsi la sua strada; come madre non chiedo alle mie figlie di essere "qualcuno" che io non sono, non chiedo a loro di "amare la vita" se non l'ho assunto prima io il compito. Come madre, lascio alle mie figlie la gioia di scoprire le cose e farsene un' idea personale e quel giorno che andranno via, per altre strade, avrò fiducia che la loro intelligenza e il loro spirito colmato d'amore e accoglienza le guiderà altrove a fiorire. Mai chiederei a loro di assomigliarmi: significherebbe affermare che io sono l'incarnazione della giusta umanità oppure che il mio narciso è così affamato di se stesso da volersi duplicare. Chiederei a loro di fare qualcosa di nuovo...di aggiungere altro, all'incompiuto.
Anche quando la Chiesa chiede di assomigliare a Cristo, il suo Cristo è sempre filtrato da secoli di biblioteche e altari...mentre Cristo è una epifania che si compie ogni giorno e in ogni dove nella creatività dell'esistenza.
Attendo una Chiesa che più che dare risposte, si fermi ad ascoltare se qualcun'altro sia per caso arrivato prima al sepolcro e abbia visto il Risorto quel giorno in anticipo rispetto all'"autorità; che si fermi sulla strada e per una volta non interpreti il samaritano con i soldi che cura le ferite, ma il viandante pestato di botte, colui che ha bisogno di cure o il mendicante fuori dal tempio che dipende dalla carità dell'altro; non una Chiesa per i bisognosi e le pecore smarrite ma bisognosa e smarrita anch'essa, umile nell'attesa del ritorno del pastore.
Ogni uomo ha una verità da raccontare, una pietra preziosa raccolta lungo il cammino, una scoperta da mostrare all'altro: o ascoltare tanti racconti e scoperte e dubbi e domande è un segno del relativismo? Lasciare le questioni aperte è da peccatori? Allora felix culpa!
Dietro alle questioni filosofiche ed etiche di certi esponenti cattolici, si nasconde il disprezzo da esteti, da puristi, da accademici per chi si impasta di materia, ci cade dentro, si sporca sovente come il figlio andato via dalla casa del padre e finito tra i maiali. Chissà quante cose ha capito in quel liquame tanto da "alzarsi" e ritornare a casa: un alzarsi che ha un meraviglioso significato simbolico di colui che torna in se stesso e riprende fiducia nelle sue forze!
Il fratello a casa, custode dei beni, arido come la terra che zappa, saprà solo mugugnare di gelosia si fronte a colui che ha avuto il coraggio di avventurarsi nell'ignoto per capire e capirsi.
Dio è dunque la luce dei miei passi e io cammino, perchè restare fermi non ti fa arrivare da nessuna parte.
Attendo una Chiesa che faccia crescere gli uomini ad una vita adulta e non li tenga segregati nell'utero asfittico delle tradizioni..."Andate e predicate il Vangelo"...appunto andate, muovetevi, cambiate, rinnovate tenendo presente che ciò che vivete e annunciate è quel germe di Vita e di amore e di pace seminato in voi, non dagli apostoli custodi del sacro, ma da un Dio-uomo agli uomini con il "passaparola".
Liberatoria una Chiesa senza pietre, fatta di vento, che annuncia da orecchio a orecchio la speranza!

18 ottobre 2007

Amore e la psiche

I continui urti e scontri tra la Chiesa e il mondo omosessuale portano sotto la lente d'ingrandimento le similitudini in un rapporto che si è fatto morboso, tra le due realtà; sembra un gioco tra Castore e Polluce, un rispecchiamento all'infinito di due anime gemelle.
Il punto di contatto non sta solo nell'attrazione al tema "sessualità" così al centro delle argomentazioni della Chiesa da farne un idolo sacro-anche se demoniaco-tanto quanto di certe frange di omosessuali, ma nella riduzione -in entrambi- del concetto "amore umano" in piacere.
Avendo la Chiesa negato il piacere come idea che sottostà alle azioni umane, preferendo piuttosto abbracciare il concetto di sofferenza e immolazione, ovviamente si allontana dal sesso -almeno concettualmente-come dal luogo dell'estrema espressione del piacere, dall'altra parte l'omosessualità ha messo al centro il diritto della persona di viversi il proprio piacere. Tra le due realtà tuttavia leggo lo stesso limite di visione e oserei dire lo stesso culto sublimato o no del piccolo dio: l'Ego.
Oltre il piacere e il sesso c'è l'amore sul quale entrambi, Chiesa e Gay dovrebbero convergere.
" L'amore-scrive Krishnamurti-è un senso di totale assenza di sè (io, ambizioni, avidità), la sua totale negazione...può la mente comprendere la natura del piacere e il suo rapporto con l'amore?La mente alla ricerca del piacere, la mente ambiziosa, la mente competitiva, una mente che dice: devo ricavare qualcosa dalla vita, devo remunerare me stessa e gli altri, devo competere...può questa mente amare? Può amare sessualmente: ma esiste solo l'amore sessuale?.. Un uomo che ha raggiunto una posizione di potere con la grinta, l'aggressività, l'inganno e la spietatezza, come può conoscere l'amore? ...Un prete che parla incessantemente di Dio, ma che l'ambizione spinge a voler diventare vescovo, arcivescovo, ecc. può sedere accanto a Gesù?"
(Un modo diverso di vivere-Ubaldini editore)
Quindi, aggiungo, il piacere che deriva dal potere e dal dominio sulle coscienze può essere qualitativamente più puro del piacere sessuale? Può colui che ha la trave nell'occhio occuparsi della pagliuzza dell'altro?
Per favore, si esca fuori da queste diatribe travestite di morale e diritti.
Gli omosessuali chiedano allo Stato laico, i diritti, perchè è competenza dello Stato difendere la persona senza distinzione di razza, sesso, religione. Mentre la Chiesa si domandi se il suo compito sia di restare con l'occhio fisso nel buco della serratura delle camere da letto della sua gente e non sia piuttosto quello di innalzare se stessa per prima ad una castità della mente, come direbbe Krishnamurti, ad alimentarsi di immagini e pensieri che conducano alla guarigione della ferita profonda che ha diviso l'uomo in due tronconi (carne e spirito) uno più sterile dell'altro.
Si può bruciare di desiderio pure nella vita asessuata e si può usare la sessualità come uno strumento di controllo pure nell'apparente liberalizzazione del suo uso. L'uomo è sempre lo stesso, dalla strada al tempio, non cambia essenza né se usa i tacchi a spillo né se indossa i sandali.
E' una deviazione continuare a parlare dell'uomo etero o dell'uomo omo o dell'uomo casto, si continua a dividere ulteriormente quello che è già fatto a pezzi. Possiamo una volta per tutte parlare dell'essere umano e delle sue pulsioni che possono condurlo dappertutto eccetto all'unità di se stesso? Non dovrebbe essere la vocazione della Chiesa quella di ricostruire l'immagine in frantumi invece che assolutizzare il suo frammento come il tutto?
Occorre interrogarsi sull'Amore piuttosto che sulla sessualità: a partire da qui, ci sarebbe il silenzio.
Chi può dire di saper amare? Chi può scagliare la prima pietra?
L'ossessione a restare avviluppati da sempre sulle stesse argomentazioni -sesso, aborto, eutanasia- indicano il contrario di quello che vorrebbe significare: finisce per non essere difesa della vita e dei deboli ma difesa del Principio. E' difesa ad oltranza dell'Idea.
Il principio di partenza è che la Chiesa è magistra vitae: eppure Cristo ha detto che nessuno deve farsi chiamare maestro, perchè Uno solo è il maestro. Dunque la Chiesa è un'umanità in cammino, in continua elaborazione di sé, in continua trasformazione come ogni creatura vivente; ha il diritto di prendere parte, posizione, a difesa di ciò che reputa giusto, e va ascoltata con amore e rispetto. Ma non ha ancora la chiave di accesso per entrare nel mistero dell'uomo e quindi di Dio, in pienezza.
Perchè se così fosse, dovrei ripudiarla.
Ripudiare una Chiesa che si mette in gioco sulle questioni come l'eutanasia ma tace per oltre quarant'anni sul violento rapporto tra popoli e dittature, anzi benedice i carnefici e li aiuta a santificarsi nel sangue di milioni di innocenti (penso all'Argentina, in questi giorni, alle denunce e l'arresto fatto dei vescovi coinvolti nell'eliminazione dei desaparecidos). Se ora dice che è necessario annunciare l'apostolico no ad un padre che si interroga solamente sul dolore e la sofferenza della sua povera figlia, sospesa tra cielo e terra, perchè non agisce e denuncia sulle pagine di giornali la sua negazione totale di una Chiesa sedotta dal piacere di dominare con il braccio armato? Se presso gli altari si santificano le madri che hanno rinunciato a vivere per salvare il feto che poi è il figlio atteso e amato, perchè non si santificano gli uomini come Romero che hanno dichiarato la cesura profonda tra il potere militare, e quindi tutti i poteri dei pochi, e il fiume di gente senza parola?
Le argomentazioni si spostano sempre su questioni che lasciano un segno di apparente conflitto tra due poteri, Chiesa e Stato, che paradossalmente nella nostra cristianissima zona occidentale non viene mai a risolversi in una chiara contrapposizione che faccia emergere lo scandalo della Croce, per usare le parole di San Paolo. Infatti, paradossalmente, lo scandalo illumina l'Oriente, oggi, lasciando tracce di sé a Myanmar e altrove.
Invece qui, tra le rovine del tardo-impero, viviamo di scandaletti e veline pure tra le sacrestie.
E la stampa non aiuta, ad alzare la qualità del discorso. Avrei preferito ore di discussioni e analisi sulla connivenza dei sacerdoti cappellani e dei generali, piuttosto che entrare nelle stanze di un monsignore o di un parroco innamorato.
E' più facile mercanteggiare con il sesso, è un argomento che fa affari; è più facile alzare la voce sugli idoli e gettarli nel fuoco, per illudirsi di essersi purificati con l'atto della negazione. Più difficile è raccogliere l'uomo dalla strada e accompagnarlo ad un luogo sicuro, la coscienza, per la cura.
E soprattutto, riconoscere che si è incastrati dal proprio pensiero, dal proprio passato e dalla voglia di farla franca sull'altro, convinti che a forza di negarlo-l'altro- si conferma e rafforza la propria identità. Viene applicato lo stesso metodo di forza, dietro lo scudo di Dio, Stato, Famiglia, per consacrare se stessi e innalzarsi sul podio.
Ma io vorrei finire con una parola di Krishnamurti che mi ha offerto lo spunto per questo post:
"Mi viene in mente il passo biblico in cui Dio è descritto come lampada davanti ai miei piedi, la luce del mio cammino. Non si dice che è il cammino, ma la lampada...".

16 ottobre 2007

Clima e alieni

Nei giorni precedenti l'intervento a gamba tesa del Signor (???) Storace contro la Levi-Montalcini (Signora, per davvero), ha confermato semplicemente in quale terreno si forma il pensiero di molti uomini italiani, quale degrado culturale alimenta le loro idee e quanto piccolo, mediocre e insignificante è il mondo visto dal punto di vista di un "alieno" al senso dell'umano. Mentre il suddetto deputato usava quel linguaggio da Bagaglino, altri suoi alleati nell'eversione, inneggiavano allo sterminio, durante una vacanza a Dachau.
Il mondo è troppo grande e importante per occuparci di quisquiglie storaciane eppure da questi streptococchi si può sviluppare un virus di non lieve portata. Nessuna infezione va trascurata e l'unica profilassi è la cultura, l'informazione vera, una visione della storia oltre il proprio recinto.
Per questo voglio occuparmi di Al Gore.
Ho sfogliato un giorno il suo libro riguardo all'emergenza clima; il linguaggio semplice e diretto non mi ha certo ispirato a riflessioni che già non avessi fatto da sola ma ho considerato il suo impegno una benedizione per l'America e il pianeta. Gli americani e, non solo loro, che hanno bisogno di parole semplici e efficaci per mobilitarsi, che hanno appoggiato Bush, sull'onda delle emozioni, nella guerra senza fine contro il terrorismo, sono gli stessi che oggi hanno bisogno di Al Gore il cui linguaggio e la cui chiamata alla consapevolezza di un destino-senza ritorno del pianeta "can reach their guts" ovvero può raggiungere le loro viscere, lì dove -scrive un giornalista del The Guardian - "risiedono le più profonde convinzioni politiche".
Osservate la differenza tra un alieno come Storace e altri capipopolo dalle cui viscere fanno salire i sentimenti più infimi e codardi e uomini come Al Gore che dalle viscere fanno sgorgare l'appartenenza alle radici, alla Terra, al destino comune degli uomini.
Il produttore del film-Oscar An Inconvenient Truth, premiato nonostante gli errori scientifici, ha confermato che la lezione del Nobel per Al Gore consiste nel diventare "la prova eloquente che non devi essere presidente dell'America per cambiare il mondo".
E il mondo va cambiato e così la quantità di emissioni di carbonio dell'aria. La storia finisce per dare ragione a chi si fa carico di questo tipo di cambiamenti: the Ozone Man, così definito sarcasticamente da Bush, ha vinto il suo spazio nella storiografia mentre Bush sarà ricordato come the Horror Man ovvero come colui che ha portato con sè la distruzione di una guerra inutile.
Non è solo Al Gore a darci la misura del disastro; Ocha, ovvero l'ufficio di Coordinamento degli Affari umanitari, evidenzia situazioni di grave emergenza per 66 milioni di persone senza casa e ridotte alla povertà e alla fame nel sud dell'Asia, in seguito ad alluvioni e siccità, provocate dal cambiamento climatico. La vita di milioni è stata sconvolta in Mozambico, Madagascar, Zambia: l'Africa è sempre più alla deriva.
Non sarà quindi l'aumento del pane in Italia a spingermi alla protesta: è la fame dei milioni a costringermi alla protesta e al rifiuto di politiche indifferenti alla salute e alla vita di tutti.
Giunti al bivio, scegliere tra il futuro delle generazioni o l'uso del pianeta fino ad esaurimento, non si può più fingere: i sostenitori della eliminazione della specie verranno allo scoperto, ora.
Sapremo almeno se siamo con coscienza schierati con gli alieni o con gli umani.

15 ottobre 2007

Germogli di democrazia?

Quella speranza nascosta tra le pieghe della nostra storia italiana è emersa con le primarie?
Le lunghe file di gente variegata, per diverse motivazioni spinta a votare, sono sempre una speranza di cambiamento.
E' vero che ha vinto Veltroni, del cui valore umano e politico non discuto, ma credo che essenzialmente abbia vinto Prodi e la sua ostinata resistenza agli scossoni mediatici, agli avversari e alle iettature di Berlusconi.
Qualcosa di positivo deve pur essere stato fatto se tre milioni di italiani si sono impegnati per dire al governo di oggi che sono pronti ai cambiamenti, aperti alla fiducia e disposti all'ascolto di quello che i politici ora hanno intenzione di fare.
Soprattutto quello che emerge e che ho scritto qualche post fa, non è la voglia di antipolitica ma il bisogno fisiologico di politica vera, la fine dei giochi sporchi, la morte della politica come spettacolo da talk-show, la nascita di un paese adulto guidato da persone adulte.
Le parole di Ezio Mauro questa mattina sono una conferma:
"... è per il Paese che questa riserva di fiducia e di partecipazione può contare. Perché può ridare respiro alla politica - tutta - e alle istituzioni, entrambe braccate. E perché separa la protesta di questi mesi dalla sua frettolosa definizione: non era antipolitica, infatti, ma richiesta di una politica "altra", radicalmente diversa. In questo modo, la ribellione può prendere la strada (la spinta) dell'impegno a cambiare, separandosi sia dai pifferi dei demagoghi che pretendevano di guidarla, sia dai tamburi dei populisti che speravano di dirottare il corteo."(La Repubblica)
Così mi è apparso sempre Prodi, un tentaivo di fare altra politica, con tutti i limiti che volete, così è l'equipe con cui governa, con qualche personaggio da vecchia Repubblica che non avremmo voluto in eredità, così è la figura di Veltroni o di una Bindi: gente matura, per i quali non è necessario un linguaggio becero da squadrismo o un linguaggio mitico-ideologico. E' un tipo di politico che non fa leva sugli umori gastrici e contro il quale si può semplicemente dire: non condivido!
E se ci sono delle cadute di stile e dei pericoli in vista, noi tutti siamo qui vigili a raccontarlo, a denunciarlo, senza acrimonia e voglia di picconare fino allo sfascio. Questa famiglia italiana così infelicemente convivente nello stesso angusto spazio, non solo deve ricostruire i ruoli autorevoli tra chi guida e chi è guidato, ma anche ricostruire il rapporto di fiducia con il soggetto politico che è la gente, credendo nella sua forza di maturazione e crescita umana e intellettiva. Per i cittadini, i politici saranno il rispecchiamento di questa fiducia.
Dove cominciare se non nella scuola?
Si deve restituire un volto al politico, non più la maschera della Commedia goldoniana ma un uomo comune e mortale che è stato scelto per una grande responsabilità.
La mancanza di responsabilità è il grande peccato di questo paese: non solo non avvertirne il bisogno ma soprattutto scaricarlo a qualcun'altro!
La necessità di fare del politico un uomo come gli altri si denota ora dalla denuncia evidente dei privilegi di casta: fino a che non avremmo smontato pezzo per pezzo la piramide del faraone sarà difficile credere all'uguaglianza.
Tutto questo richiede molto tempo, molto coraggio, forza interiore e fiducia, nell'uomo: anche quello italiano, così privo da secoli di spina dorsale.
Non posso che pregare per questo paese che amo come un figlio incattivito e del cui recupero e della cui guarigione mi sono fatta carico nel mio piccolissimo mondo, cercando e impegnandomi ad essere quello che chiedo e pretendo da tutti.
Cosa chiedo a me stessa: onestà, lealtà, trasparenza, impegno e solidarietà per chi non è in grado di farcela. Tutto il resto si sopporta, anche le tasse "bellissime", anche la rinuncia ai propri magari giustificati diritti per un diritto più grande e una libertà resa più autentica dalla applicazione in tutti i settori della giustizia.
Si torna allora al lavoro, all'impegno, restando tuttavia molto svegli e attenti che i nuovi vincitori non slittino in altra forma di "potentato" come lo definisce Polo in un articolo di Il Manifesto e illudendoci di farci democratici - scrive Casari di Altrenotizie-non ci facciamo invece morire democristiani con tutto il significato negativo che comporta oggi questa definizione.
Come elettori, dovremmo sostenere una parte che si avvicina (sempre per difetto) alla nostra idea di Stato con la coscienza attiva di chi è chiamato a dare una valutazione critica e oggettiva costante, tenendo sempre presente il punto di vista "altro", da noi.

12 ottobre 2007

...e nell'ora della nostra morte. Amen"

"Kamikaze in mezzo ai bambini. Due morti e decine di feriti... L'attentatore si è mescolato ai fedeli che erano radunati in un campo sportivo di un asilo, spingendo un carretto apparentemente carico di dolciumi. Nascosta, invece, c'era una potente carica di eslosivo... Altre vittime a nord di Bagdad. Stavolta causate da un'operazione militare americana... nel raid sono rimasti uccisi sei donne e nove bambini, oltre a 19 "terroristi", dicono fonti Usa. I feriti sono sei, fra cui una donna e tre bambini. "

Donne e bambini,
caduti di guerra, nella guerra dei maschi
animali perduti nella giungla di sangue
anime inghiottite dai loro deliri.
Maschi appena venuti al mondo e già assassini,
forti del branco e del loro fallo inutile,
arma di carne per urlare chi semina
il seme del Mostro nel ventre della terra.
Figli della morte dalle mani sudicie sulle
carni deboli e sui corpi inermi
degli anziani che un tempo raccontavano loro nenie.
Devoti cultori del Conio, unico loro orgasmo,
vendono la madre e i sogni di latte
per disfarsi nel liquido seminale del loro dio.
Maschi che alzano il braccio destro
per ricordare a loro stessi ciò che NON sono
e MAI saranno
perchè nell'Odio e nel Disprezzo che affamano
è sepolta per sempre la loro immagine.

9 ottobre 2007

Prodigio dell'infanzia

La storia del Nobel per la medicina all' italo-americano Mario Capecchi è già una trama per Hollywood. Potrebbe ispirare un regista per una versione nostrana di My beautiful mind. Ho letto la sua incredibile storia sull'Independent e su altri quotidiani italiani: c'è una parte del racconto che lascia con un sentimento di immane compassione e ammirazione.

Mario bambino, perduto il padre in guerra, si trova affidato a dei contadini nel veronese, all'età di 4 anni, dopo la deportazione a Dachau di sua madre, poetessa vicino ad un gruppo antifascista. A soli quattro anni finisce così in una famiglia estranea e a cinque, inspiegabilmente per la strada, a vagare come un cane affamato, talvolta in compagnia di bambini abbandonati, cuccioli randagi in cerca di cibo. All'età di sette anni, finisce per miracolo in un ospedale emiliano che cura le sue febbri e lo strappa dalla morte certa: ma sarà solo a nove anni che il più grande miracolo della sua vita si realizzerà. Sua madre, dopo l'arrivo degli alleati, tornerà libera dal campo di concentramento e vagherà per un anno in cerca del figlio che ritroverà in quel provvidenziale ospedale.
Sono storie di fronte alle quali ci si può solo inginocchiare: misteri straordinari dell'animo umano capace di resistere alle più grandi delle alienazioni e alle più atroci degli abbandoni. A salvare infine il futuro di questo ragazzo, saranno le comunità quacchere americane, gli studi nell'Ohio, l'università di Harvard e quella parte sana dell'America del dopo guerra che resta nell'immaginario di molti.
Mi sono soffermata a lungo su questa storia, per la sua incredibile potenza e capacità di risvegliare in me la speranza che l'uomo può farcela sempre, a dispetto della sua stessa storia di morte. Mi sono interrogata sul bambino di strada, che ruba e si nasconde e ho inevitabilmente pensato ai piccoli rom e alla loro vita negletta in un mondo difficile per i bambini. Mario è riuscito a vivere, a vivere dentro, sul piano psichico, a non farsi spezzare e ridursi in un cencio di malattie mentali o violenza o disintegrazione. Cosa può averlo salvato?
Ho pensato a sua madre, creatura libera e intensa che deve avergli passato delle carezze primordiali, delle parole d'amore, dei baci vitali da mantenerlo in vita per il resto di quei giorni solitari dell'abbandono. Magari con un verso poetico dalla sua bocca di artista, può aver arricchito i silenzi del bambino, a piedi per la strada e nei campi!

Tante volte, recandomi a piedi in ospedale per la chemio, mi soffermavo sul futuro, sulle mie figlie -allora di 6 e 7 anni- sul dolore dei piccoli che rimangono orfani. Era la loro felicità a rischio, la loro vita senza ritorno, il loro benessere e il futuro di crescita, studi, interessi inghiottito dalla possibilità di vivere senza madre?
Cosa era poi dare la vita ai propri figli? Assicurare loro dei genitori fino a tarda età? Ma i genitori sono davvero tutto il significato misterioso che gira intorno all'anima di un bimbo o altre forze risiedono nel fondo di quell'universo puro? Cosa era poi vivere se non si riusciva a dare pace, un sorriso, una ninna nanna, una spensieratezza anche dentro la morte e la sofferenza?
Mi resi conto, in quel momento, mentre gli aghi facevano il loro lavoro e il liquido mi torturava le membra che non avevo altro luogo, altra palestra, altra possibilità che quella, per educare le piccole future donne alla resistenza contro uno dei demoni più duri e spietati: la disperazione. Bisognava recuperare tutte le pozioni magiche dell'allegria, i sortilegi della sdrammatizzazione, far ricorso all'antidoto dell'amore che non cede alla pazzia. Parlare della morte era necessario, della partenza, dell'esilio e del ritorno...senza dire troppo, con delicatezza, ma senza menzogne a se stessi.
Poi i bambini hanno il loro modo di elaborare le paure e le favole lo raccontano, così come i miti antichi ci parlano delle nostre ricerca alle grandi domande. Mentre ragionavo sulla vita del nostro Nobel, E. tornava da scuola con un temino scritto da lei, sorprendente, una straordinaria coincidenza con la storia di Mario e con i miei pensieri: un racconto che voglio dedicare oggi ai bambini scomparsi dalle loro famiglie, ai bambini di tutte le guerre, all'infanzia che ci accompagna come grazia e benedizione...

C'era una volta una mamma che aveva un figlio e lo amava così tanto, però un giorno lo dovette lasciare nel bosco perchè c'era un maleficio in città fatto dalla strega. Allora per giorni e giorni il bambino vagò per il bosco e un giorno un orso lo prese e lo portò insieme ai suoi cuccioli e il bambino diventò uno di loro. Era un bambino orso. Un giorno, dopo anni, incontrò nel bosco sua mamma e il suo papà, ma loro avevano paura dell'orso. Il bambino riconobbe subito i suoi genitori e anche loro, così si abbracciarono e vissero insieme felici e contenti insieme agli orsi e agli orsetti.

Così sia, per tutti.

6 ottobre 2007

Pertugi di luce

Eppure non voglio smettere di sperare.
C'è tanto rumore, dalla strada e dalle case, dalle televisioni e dai giornali e neppure l'informazione delle news televisive sembra davvero informare: è il caos delle lingue dell'uomo che nascono dal profondo delle sue emozioni e dei desideri, dalle terre della psiche e dell'inconscio, caos consenguenziale ad una malattia dell'anima.
Allora nascono turbamenti, menzogne, ipocrisie e drammatici vuoti dalle quali l'astuto di turno trae profitto e costruisce imperi.
Eppure non voglio arrendermi: anche coloro che sono i miei aguzzini, che causano tanto disordine, che vivono e crescono come vampiri sul sangue di altri hanno bisogno di luce. Per questo non si può più parlare se non per dire che è tempo di silenzio.
Stop all the clocks, direbbe il poeta Auden, stop all the talks direi io: stop all the news and the images.
Impariamo a tacere e aspettare che le emozioni calino come il sole caldo del meriggio e nella penombra del tramonto ci mettiamo in ascolto: "emotion recollected in tranquillity" è l'insegnamento di Wordsworth.
Forse è tempo di far parlare i poeti e non i comici, gli uomini e le donne di pensiero e non più i politici, i monaci eremiti e non più le gerarchie delle chiese.
La parola ci è sfuggita ed è andata a finire nel circo di piazza e nei teatri di quart'ordine, nei bordelli osceni e negli altari del potere. Non tornerà più indietro se non ci sediamo ad attenderla.
Voglio sedermi al cospetto di me stessa, terreno sacro in cui il divino vuole operare e agire e permettere alle ore di dare luce e significato agli eventi di oggi, collettivi e personali.
"...il silenzio rimanda ad uno stato in cui conta unicamente l'essere: rimanda al divino. La traccia del divino nelle cose è preservata dal legame con il mondo del silenzio" (Max Picard -Il mondo del silenzio- Servitium ).
Per capire allora la storia di oggi, l'inquietante mondo della politica e dei media, delle dittature e degli innocenti divelti come fiori di campo, della forza del denaro e della debolezza dell'amore, devo tornare alle parole che lasciano traccie di vita e spirito.
Cristo è il mio maestro, è l'uomo che sarò, l'uomo del settimo giorno che mi annuncia con chiarezza: "come hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi!" e il pensiero va all'umanità ridotta a voto elettorale o a mostro consumatore. Sì, ci perseguitano, ci succhiano l'anima, ci tolgono il pensiero e la sua forza creatrice, ci eliminano dalla faccia della terra ma resistiamo al loro sogno di morte.
Il veleno del serpente non ci colpirà, nè lo sterminio di mezzogiorno perchè questo è l'annuncio e questa è la sua realizzazione: guardo la Birmania e dico "io credo", ho visto migliaia di uomini nelle strade non arresi al veleno dell'odio.
Ci sarà, ci deve essere un pertugio di luce, un buco nella rete, uno spazio di lucidità anche tra coloro che ci governano, anche nelle sacrestie, anche nelle carceri, anche nelle strade piene di lucciole.
Non resta che ascoltare dove è andato a posarsi il canto, la bellezza e la grazia di quello spirito "intelligente....inoffensivo...stabile..libero...amico dell'uomo" (Sap. 7)

The world is too much with us, late and soon
getting and spending, we lay waste our powers
little we see in Nature that is ours.
We have given our hearts away, a sordid boon!

eppure lo stesso poeta scrive:

For oft, when on my couch I lie
in vacant or in pensive mood
they (daffodils) flash upon that inward eye
which is the bliss of solitude
and then my heart with pleasure fills
and dances with the daffodils.

W. Wordsworth

5 ottobre 2007

Non c'è niente da ridere

Le reazioni di disapprovazione per l'uso della parola "bamboccioni" del ministro Padoa -Schioppa sono più che giustificate: gli anni ottanta sono finiti, finita la spensieratezza dei giorni a casa dei genitori e le tasche piene di laurea, viaggi, serate in discoteta e concerti.
I giovani di oggi restano a casa perchè fuori piove e piove duro di mancanza di speranze e immaginazioni del futuro.
Questo governo non ci ha regalato la primavera ma semplicemente liberati dal canto delle sirene di una Italia azzurra e felice; i poveri sono sempre là ad attenderci, quei sette milioni indicati dall'Istat che per noi abituati al miliardo africano e asiatico ormai non sono che un granellino di disagio, il precariato è sempre il futuro possibile per ogni ventenne, le tasse da pagare l'unica certezza inamovibile della storia e i politici, chiusi nelle loro paranoie e a riprodurre se stessi, immancabili protagonisti delle serate televisive e delle prime pagine.
Il termine bamboccione andava bene nell'epoca dei miei vent'anni: ma oggi nessuno ha voglia di scherzare; ai ragazzi odierni abbiamo regalato una storia d'Italia di mafie e mazzette e una Europa meno sicura dopo l'interventismo occidentale in Oriente, una scuola che ci riprova a fingersi seria ma che ha perso di vista modelli educativi di riferimento, un pianeta sofferente e a corto di risorse.
I bamboccioni sono più in trappola che nel calduccio e finiscono per odiare anche chi li sfama.
Ora il Pd e le idee veltroniane rapprensentano le nuove visioni, i primi iniziali spiragli di un cambiamento...tuttavia non si fa in tempo a sorridere che viene giù fango dalle pagine dei giornali, dai talk show, dai palazzi.
Adesso è in programma Santoro e Mastella che si sfidano per il primo posto dell'antipatia e acidità e le questioni in gioco sono gravi, serissime: la faccenda di De Magistris non è una carnevalata ma una rivelazione che le Istituzioni non si fidano più di se stesse. La fiducia tra le cariche pubbliche è avvelenata da anni di laborioso inquinamento del precedente governo: se oggi un magistrato tocca un ministro è uno in cerca di notorietà ( nei tempi noti un comunista) e se un ministro rimuove un magistrato è per insabbiare i fatti. Noi in mezzo a chiederci dove sarà la verità di tutto il guazzabuglio.
Personalmente, mi muovo d'istinto e osservo le varie reazioni e i fatti: in Italia, decenni fa, i magistrati agivano con alta professionalità e con discrezione per questo li trucidavano con il tritolo. Se oggi parlano e cercano quel malefico teleschermo per denunciare la loro impossibilità di vivere e lavorare è forse per rompere il sortilegio: portare il lavoro alla luce del sole, fuori dalle stanze segrete.
Purtroppo da quelle stanze arriva un' aria marcia e mezzo secolo di storie d'orrore: anche se non siamo davvero in grado di reggere tutta la verità e scoperchiare tutte le pentole senza mandare il paese in totale disfacimento, è tempo di raccolto.
Cosa fare se davvero tutto si intreccia e la gramigna e il grano crescono insieme e strappare alla radice la prima significa portar via anche l'altro?
Sono tempi difficili in cui ci viene chiesto di resistere alla tentazione dell'anarchia ma anche al chissefreghismo di tanti anni passati.
L'Italia è agli sgoccioli. Se Prodi in tutto questo non ha le mani e il cuore pulito, sarà drammaticamente responsabile di aver colpito al cuore l'anima stracciata di un paese.

2 ottobre 2007

Presenze

Birmania, Zimbabwe, Darfur: povertà, genocidi e potenza militare. Non si trovano tracce di alcuna trascendenza. Si vede solo la materia espurgare liquami e la meccanica della morte macinare la speranza.
Come credere ad un Dio d'amore? Come non ritenere un giochino da bimbi la fede negli Angeli?
Le liturgie da giorni ricordano che presenze di luce convivono con gli uomini in questo pianeta che sa sempre più di sangue e fango. Si fa fatica a sperare che al silenzio di un Dio nascosto possa rispondere un volo di bontà e amore puro nelle giornate degli uomini occupate spesso da avvoltoi. La Bibbia ne parla da secoli, le religioni monoteiste hanno sempre sostenuto il culto delle forze angeliche: poi sono passati di moda nelle dispute teologiche fino a tornare in auge nell'era moderna tra candele, oli ayrvedici, incensi e chatra.
Ora chi sono, non più lontani dalle fate e dai maghi? Un sogno dell'uomo di rendere bello quello che non è, di inventarsi un amico sempre presente? una proiezione dei nostri bisogni?
Sono una risposta alla nostra solitudine.
Io li invoco dai tempi in cui ho incontrato Raffaele, medicina di Dio, nel libro di Tobi; la tenerezza di questo angelo così amico dell'uomo da occuparsi del suo dolore e del suo bisogno d'amore ha suscitato in me una grande commozione. Raffaele mi indicava una strada di compassione da vivere e assumere come propria: mi parlava dell'amicizia.
Pensavo allora ai monaci birmani, ai bambini del Sudan dalle pancie gonfie e dal corpo scheletrico: non ci sono angeli per loro, per afferrarli da dietro e innalzarli oltre lo sterminio.
Nessuno verrà con la spada a difenderli dal serpente.
Ma queste creature sono oltre noi, sono già nella sfera angelica: con la loro vita hanno vinto mille volte sul Lievatan e testimoniato che nulla, assolutamente nulla, conta su questo nostro nevrotico e scandaloso vivere che quel corpo fragile che si spezza e l'infinito canto angelico del grido muto delle vittime.
Il mondo dovrebbe fermarsi immobile e inginocchiarsi per un attimo: vedrebbe miriadi di angeli salire e scendere sulle terre desolate con in mano i sandali di piccoli iracheni dalle teste esplose in frammenti di stelle!