31 marzo 2006

sophie

Pero' di Sophie voglio lasciare memoria...
Sophie e' icona dell'Inghilterra libera e senza menzogna; chi potrebbe arrivare a quella trasparenza e innocenza che ho conosciuto nella persona di Sophie!
Sophie e' priva di qualunque afflato religioso; ha scoperto la Bibbia come testo sacro e dunque presa in mano e sfogliata solo oggi a quarant'otto anni, dopo studi di filosofia e antropologia a Cambridge; l'ha trovata difficile e straordinaria ad un tempo e decisamente e' infiammata dalla figura sovversiva di Cristo.
Si muove tra la gente e la natura con un anima entusiasta, piena di stupore; come scrive Colette: e' una donna che ha "coltivato il fiore della meraviglia". Un anima cosi' e' animata da un dio.
La sua casa e' un tributo al paganesimo; angeli e demoni un po' rappresentati dovunque, gedi e gatti d'orati come si conviene ad una estimatrice dell'estetica egiziana, stoffe damascate e ciondoli e cianfrusaglie gotiche da rigattiere che pendono dovunque e coprono e rivestono divani sfilacciati su cui i cinque gatti, veri padroni della casa, si fanno le unghie (e non solo!), muri spesso colorati fino a meta' per ovvia carenza di materiale da Do it yourself, ragnatele che sorprendentemente riescono a fare da pandant e aggiungere quel tocco scenico da casa-teatro.
Sophie ti circonda di abbracci mai dati, perche' la cultura acorporale vittoriana ha cancellato il bisogno di vicinanza fisica tuttavia riempie di gigli la sua casa se ha amici a cena e non si risparmia nel vino e nel cibo sebbene io sappia quanto rosso ci sia nel suo conto bancario. Nei miei vaggi in Italia, al ritorno, trovavo la casa con fiori e pacchetti di bentornata, ali da fate per bambine e dolcetti.
Sophie ti accoglie con una solarita' sempre intensa, non sai mai se e' la natura o il prosecco che regge in mano, con abiti lunghi e stoffe che vogliono richiamare Jane Austen e una certa aristocrazia decaduta; in fondo l'eccentricita' non ha potuto nascondere il sogno recondito e conservatore di Sophie: essere una Lady!
La sua fedelta' alla Regina e' sorprendente: una creatura cosi' fuori dalle etichette e se vogliamo ordinaria normalita' la pensi rivoluzionaria, non integrata, dissociata. Invece la storia inglese e' scritta nei suoi modi e nelle sue maniere, nei biscotti e tazze da te', nelle danze del linguaggio che e' sempre composto, mai fuori dalle righe, mai critico o oltraggioso; tuttavia nella tolleranza e nella passione civile, nella emancipazione in quanto donna e nel pensiero, Sophie da' prova della sua individualita'. Ma lei e' abbastanza grande da contenere anche la Regina e tutte le sue paranoie, la Chiesa Anglicana e i Christmas Carols anche se ne ignora il significato religioso, la storia inglese e i suoi misfatti. Salvare la Regina e la storia per lei significa salvare questa identita' di homo britannicus illuminato e laico.
Di questa amica ne sento la mancanza. Una notte mi sono svegliata e ho sentito nostalgia di liberta': devo vedere Sophie.
Sono andata a trovarla. Quando vado, sono io la Regina. Mi ha portato a Norfolk per farmi vedere il mare, freddo immensamente grigio oceano, da spiagge chilometriche dove la barche attendono in solitudine le alte maree. Ha voluto mostrarmi i gabbiani che vengono dalla Norvegia e atterrano una sola volta l'anno su quelle spiagge.
Due ore di macchina per vedere il prodigio della natura e l'insolito. Tutto il viaggio un dire e riconoscere il valore di ogni cosa.
Cara Sophie, abitata dallo Spirito!

England

Per pochi giorni sono tornata nel mio passato.
Ho rivisto la mia casa perduta per sempre nel natale del 2003, cosi' in una settimana, strappata dal nostro amore, a noi, chiamati ad affrontare come profughi nuovi destini: il cancro e l'Italia. E' immersa tra le colline, spoglie, battute dai venti; in lontananza, un piccolo villaggio con una chiesetta gotica e le mucche al pascolo. Quanto ho amato l'Inghilterra e quanto l'ho odiata!
Ho amato e cercato quei profili per decenni, quella natura quasi desolata, a tratti fitta di boschi lasciati crescere selvaggi fin dai bordi delle strade, le volpi, i conigli, i fagiani e i cervi che l'attraversano di notte, al buio lontano dalle auto e gli uomini. Ho amato il vicino di casa che ti lascia un sorriso ogni mattina, una benedizione che e' un saluto perche' non piova e quel po' di sole che accenna si faccia forza; le bottiglie in vetro di latte buono, denso, cremoso che ti aspettano alla porta per la soddisfazione di un caffe' lungo e meditativo.
Ho amato le divise scolastiche delle bambine, sobrie e grigie come un abito da suora e le loro cartelle leggere con tre soli fogli di spelling e qualche matita mangiata dentro. Sapevo che ad attenderle c'erano altri bambini sobri e grigi e nessuno di loro sospettava che esistevano altre cose di cui occuparsi oltre la scuola: braz, witch, pokemon, scarpe kelly e altre manie tutte italiane. Tutti bambini che sapevano andare in bicicletta e attraversare il bosco come Tom Sawyer, sorridere per un sweet e meravigliarsi che quelle due piccoline parlavano anche italiano, e cosi' bene.
Questa e' l'Inghilterra che porto nel cuore: semplice, onesta, libera, laica, leggiadra nei modi, silenziosa ma presente, essenziale e melanconica, poetica come la sua countryside.
Eppure c'e' una anima cupa che domina la bella campagna della middle class che e' l'Inghilterra che odio, che mi ha ferito il cuore, che mi ha costretto a vivere il sentimento dell'esilio: il to be proud to be English, lo sciovinismo, il culto di se' e della propria natura, una leggerezza che e' invece indifferenza verso cio' che non si conosce e dunque non si domina, il cattolicesimo che e' orgoglio preconciliare, il paternalismo della gente che ti educa come devi vivere, integrarti, uniformarti nel pensiero nel mondo della scuola, della parrocchia, dei supermercati, della salute.
Ho cercato di limarmi, arrotondarmi, plasmarmi per riuscire a entrare in qualche forma riconoscibile, per non essere straniera ma semplicemente essere anche parte di loro. Ma accettavo di farlo se in cambio mi si riconosceva il diritto di esistere in quanto -anche- diversita', anomalia, contraddizione con tutto il loro apparato.
Te lo aspetti da un paese che si dichiara cosmopolita. Poi si scopre che cosmopolita e'solo Londra; il resto del paese si porta dentro la sua storia da isola che e' stata violenza rivestita di belle maniere sul mondo, la sua arroganza sempre latente.
Oggi sono abbastanza forte da poter perdonare il limite di questo paese che mi ha quasi ucciso, che ho amato con le viscere ma tra le cui braccia non tornerei; oggi si tratta di portare avanti un'altra resistenza: superare il limite rozzo e distruttivo della Brianza!

L'esilio non e' ancora finito...

30 marzo 2006

God's hunter

"Voci, sguardi che celebravano la bellezza del mondo, bastava essere attenti, presenti, distolti da se' per darsi a cio' che si offriva, corrispondere".
(Colette Nys Mazure)

Mi hanno chiesto quale e' il senso della mia fede.

Amare Dio e' decidere se esporsi al Sole o no.
Il Sole splende costantemente e la sua luce e' inalterata. Possiamo scegliere se esporci a quella luce semplicemente spostando l'oggetto della nostra attenzione da noi stessi a Lui, ovvero dal magma della nostra materia all'intensita' di quella luce, alla sua forza e al suo calore.Questa e' la trasformazione, l'illuminazione, la conversione delle energie verso l'Altro, rivolgere lo sguardo, l'attenzione, l'azione, la ricerca, l'immaginazione verso Colui che ci ama.

E' a questo punto che essere "buoni" non mi interessa piu', le azioni entro la morale non mi interessano piu': ovvero non solo quelle a definire una fede.Io non mi guardo piu' compiere il bene perche' il mio io e' relativo e la morale cambia, la percezione di se' cambia, la storia cambia.
Io guardo il Bene; lo osservo nel suo esplicarsi, lo cerco tra le incrostature delle azioni, lo scovo negli ossimori, lo colgo nell' infinitesimale, lo inseguo con un fiuto da cane partendo da un presupposto, da cio' che Lui ha detto di se'.


Allora fede per me e' decidere se alzarsi da quel posto d'ombra, dove i pensieri si accumulano sull'ansia di vivere e la paura di morire, per stendersi sul terreno spoglio -spoglio di considerazioni, giudizi, opinioni, idee, progetti- del proprio vivere ridotto al silenzio per esporsi ad un'altra Potenza.

24 marzo 2006

solo ho amica la notte

Sono giorni che non ho parole da mettere in video.
Casa piena di voci, televisioni con tribuni elettorali alle quale non mi sottraggo perche' i tempi sono bui e siamo chiamati a essere vigilanti, bimbe alla ricerca di attenzioni e ascolto. Mi sbriciolo tra le cose di tutti i giorni e non trovo piu' pane per i miei denti.
Resta la notte. Ma la notte veglio e chiamo aiuto e aspetto.
Dovra' venire prima o poi e portare con se' la consolazione.


sempre potro' trascorrere con essa
d'attimo in attimo, non ore vane.
Ungaretti

20 marzo 2006

un regalo

Oggi ho ricevuto un mazzo di fiori: una poesia.
Nessuno mi ha mai dedicato un verso e non per mancanza d'amore(primo o poi parlero' dell'amore del mio compagno e della sua grande anima pura) ma perche' nessuno ci insegna che dobbiamo mangiare poesia, stile e dunque parole che sanano.
A 20 anni mi innamorai pazzamente di un compagno universitario mentre studiavamo Petrarca; lui leggeva e io mi identificavo. Abbiamo tutti bisogno di volare alto; nessuno ci insegna che fin da bimbi bisognerebbe bere versi e sintonizzare l'anima su certe assonanze e immagini per nutrirla di cibo superiore.
Nel secolo dell'immagine proiettata io vado in cerca di quella interiore che la parola richiama, riecheggia, alimenta.
Leggo una poesia ogni sera alle mie figlie.
I bimbi sanno.
Io le invidio perche' sanno ridere e piangere senza essere patetiche. Da grande quel poeta innato diventa un nevrotico che non sa piu' dire nulla.
Ecco che allora quando qualcuno mi scrive e mi chiama sorella e mette in versi il suo sentire, ritorna alla memoria quel sogno covato negli anni di trasformare il proprio cammino in qualcosa di inedito. Di tradurre l'Idea in Atto, scriveva Rebora. Di fare non delle parole ma della propria vita un atto poetico !

...per la tua anima vuota e secca
che
cerca solo il pieno nel cuore
e piu'si riempie piu' aumenta la sete
perche' infinita e' la sete d'amore

e infiniti questi giorni randagi,
queste notti insonni a seguire il Diletto
che sempre ci sfiora nell'
ombra
e sempre ci sfugge dal petto

perche'
ancora cammini sui tuoi passi
(sapessi quanto vitale e' il mio vederli)
e ancora parli,
e ancora scrivi,
perche' ancora scommetti sui pazzi che
brancolano nel buio
verso sogni sgangherati, colorati e belli
a volte
simili a baracche
certe altre come castelli.

Amica,
sorella,
grazie

per tutto questo
e molto altro... C.T.

17 marzo 2006

mare e terra

Oggi vado al mare.
Ci porto le bimbe e il compagno.
Ho deciso che c'e' un solo modo per curare la malinconia: andare a cercare ogni possibilita' di bellezza...riempirsi gli occhi di bei profili e vasti orizzonti e con quelle immagini arricchire lo schedario della propria memoria.
Tra le ciminiere e le tangenziali, imparare a visualizzare il miracolo delle cose, la loro dignita' e il loro splendore. Nessuno potra' mai togliermi cio' che ho visto.
E in quella memoria di colori, forme, balenii di luce, odori far riposare la mente.
L'immaginazione e' il luogo dove risiede la mia forza, oggi.

14 marzo 2006

tra marta e maria

Una giornata assorta, oggi. Tutto si e' compiuto nel gesto quotidiano quasi inutile, non registrabile, niente di edificante dentro le pentole da mettere nella lavastovigle e le bimbe da ascoltare, rappacificare, mettere a letto. Gesti di sempre, piccole fatiche che consumano, talvolta. Eppure quando Ada mi ha detto che grandi cose mi aspettano, che nell'Associazione ci sono molte cose da fare, c'e' un mondo da sostenere nel bisogno, ebbene quando Ada mi ha prospettato una vita possibile, che ho sempre desiderato, ho avvertito lo strappo, il senso di perdita. Come riuscire a vivere nella storia, calarsi fino in fondo tenendo il cuore, la mente, l'anima immersi nell'anonimato, nel silenzio? C'e' una parte di me che vorrebbe camminare tra gli uomini in punta di piedi, lasciando solo una lieve traccia, con la voce ridotta a un suono impercettibile: preghiera continua.
Ne' gesti eccessivi, ne' parole eccessive, ne' contatti eccessivi perche' la vita non diventi inopportuna, scomposta, non si disperda. Come trovare un equilibrio tra il bisogno di farsi pane per gli altri e la necessita' fisiologica di restare lievito nascosto?

Queste le ragioni del mio
quotidiano penare: e' liberta',
il mio amore,
liberta', cercata sempre
e mai raggiunta.
E fame di bellezza
che ti consuma... (Turoldo)

13 marzo 2006

la mia casa

Il mio concetto di casa si muove tra due estremi: una casa-eremo immersa tra il fogliame di alberi secolari, colline, piccoli accenni di rilievi, silenzio e immersione maliconica e dolce nel quotidiano.
Altrimenti una casa-eremo immersa tra il formicolare di uomini e donne, vociare di vita tra l'andare e il venire, movimento, intensita', anonimato. Ecco l'anonimato viene ad essere l'elemento comune tra i due estremi, anonimato dentro l'ascolto di se' e degli altri.
Quello che invece non mi corrisponde e' l'abitare in luoghi da "ripuliti" banali e ordinati, sufficientemente brutti e privati della natura da non evocare nessuna poesia, scialbi nello spazio che contiene il minimo numero, per non confondersi con la massa antiestetica. Una vera finzione, una pretesa di bello che invece li rende sciatti; ne' la natura ne' gli esseri umani allietano questo spazio provinciale e claustrofobico. Ci sono giorni in cui mi sogno i campi senza confine di certi profili toscani (maledetta Toscana che ci educa al bello per poi chiudere il paradiso ai piu')oppure l'abbraccio sporco e unstylish di Roma, sbragata e vitale, signora di tutte le citta'.
Invece mi ritrovo per svista e obblighi lavorativi a vivere dove non vorrei neppure essere seppellita, la cupa e acida provincia lombarda! Tuttavia quanti poveri o ricchi disgraziati possono dire: io ho scelto dove vivere!
Il cancro mi ha insegnato anche questo: le cose avvengono, l'imprevisto si impone, andiamo sovente nella direzione non voluta, scegliamo cio' che ci contraddice, la trama e' spesso scritta da altri, siamo vincolati da legami e condizioni. Dunque dove e' lo spazio libero, dove riprendere il filo spezzato dei sogni?
Ho allora cominciato un trasloco altrove, verso la mia interiorita', un transito verso le soglie di una nuova casa, di un nuovo spazio: il mio se'.
Qui ci sono campi infiniti, alberi secolari e volti di migliaia di amici e incontri.
Qui vivo da anni e coltivo l'orto; le erbacce sono robuste, ho deciso di lasciarle la'. Fanno colore. Gente va e viene e siede a tavola con me e sono carezze, risate, lacrime comuni. La mia casa del se' ha un arredamento sobrio, minimalista e la luce dell'alba e' sempre accesa. Quando si spopola di amici e figli, rimango sola alla soglia e attendo l'arrivo di qualcosa...
Questa e' la casa dell'esiliato, di chi ha posto le sue radici nel transitorio.
Di chi ha scelto di guardare dentro e non piu' indietro.
Se mi cercate mi troverete li'...

Dall'immagine tesa
vigilo l'istante
con imminenza di attesa
e non aspetto nessuno...
Fra quattro mura
stupefatte di spazio
piu' che un deserto
non aspetto nessuno...
Ma deve venire,
verra' se resisto
a sbocciare non visto.
Verra' d'improvviso
quando meno l'avverto...
Verra' come ristoro
delle mie e sue pene,
verra', forse gia' viene
il suo bisbiglio (Rebora)

10 marzo 2006

padre Francesco

Sono tornata dall'incontro inzuppata di bene e tenerezza..
Gli esseri umani...la mia piu' grande ricchezza, il mio trastullo, i miei veri balocchi.
Laudato sii o mio Signore
per tutte le tue creature!

resistenza

Una amica il cui nome e' gia' un tintinnare di allegria- Valentina -mamma per sbaglio in verita' giocoliera, saltimbanco, buffone di corte come professione, ha la vita che le "casca dalle tasche" dico io e come si muove urta, prende, lancia, danza, sussulta insomma e' una che non puoi far sedere sul salotto buono della tua coscienza senza che non ti lasci una patacca, marchio che la vita e' passata da quelle parti.
Ecco una amica cosi' mi ha messo nei guai quando mi ha buttato dentro un blog e cosi' io sono stata costretta a esistere, a uscire allo scoperto, a inventarmi un dialogo con me stessa.
Lei mi dice di scrivere sul cancro, su quella che e' la mia esperienza con il feroce, il drago, lo spietato.
Cominciamo con il dire che sono guarita e che se un domani si ripresenta lo guarderemo di nuovo in faccia ma il cancro e' stato una "porta" aperta verso l'inedito.
Ora, mi interessa piu' la porta o invece il paesaggio su cui apre, l'immagine di cio' che vedo oltre quel limite?
Io non sono americana quindi non cito "God" e non dico che "I got the cancer but the cancer didn't get me", non dico "I think positive", "I am worthy it" e tutto quel parlare da cristiani rinnovati bushani.
Il mio dialogo nella malattia con l'Eterno, le energie per vincere il disfattismo
sono un cammino lungo una vita; non nascono nel momento della disgrazia ma sono conquiste giornaliere delle lunghe ore, e notti, e giorni di resistenza alla morte.
Cosi' il cancro non e' l'appuntamento con il dolore o la fine, viene ad essere semmai un passaggio forte verso un'altra fase della propria vita, vissuta con o senza consapevolezza ma vissuta decine e decine di volte: il dolore fisico, la sconfitta, la paura,il terrore,il cedimento, la bestemmia, la resistenza, la resa.
Il cancro non e' che una versione macroscopica di quanto avviene ripetutamente nel nostro andare e venire della quotidianita'. Fa piu' paura solo perche' il processo e' piu' accellerato e tutto li' davanti ai tuoi occhi.
Ma e' stato duro per me capire che il mondo va a rovescio rispetto ai miei sogni di bambina tanto quanto la chemio.
Ho visto poi le lacrime di una madre che ha perso un figlio in un incidente stradale: la chemio e' una colica notturna comparata a simile devastazione!
Ho visto e partecipo ad una societa' che macera il cuore dell'uomo sotto un vetriolo di menzogne, ingiustizie, violenze.
E non ha forse il corpo il diritto di incazzarsi e di gridare ferocemente la sua rabbia? Il cancro e' il mio corpo che si incazza, che dice tutto questo dolore non me lo tengo, lo butto fuori, lo denuncio, lo sbatto in faccia al mondo, denuda cio' che si nasconde, oltre le parole e le rimozioni della coscienza.
Il cancro e' la patacca della vita che passa, la sbavatura, la macchia su falsi candori: e' le cose come stanno, il cuore come sta, l'uomo come sta.
Dunque grazie cancro che mi parli e mi racconti il vero di me e mi permetti di abbracciarti nel tentativo di farti quieto.
Ora pero' ho capito, ho preso coscienza, ho visto oltre la porta...
Ora dammi tregua, dammi una altra possibilita', un tempo supplementare -direbbe Ada di Attive- perche' io possa fare meglio e guardare oltre...
Non c'e' solo il dolore.
Dunque corpo calmati! Guarda c'e' anche la grandezza di un compagno che ha passato con te le notti amare e le estasi, i bimbi che camminano ignari sulla storia sempre in attesa di fate e misteri, l'amico dolce e un bicchiere di vino, la valle d'Orcia e le colline di Assisi, la poesia di Turoldo e l'abbraccio del monaco che prega per te, la luce e la notte, l'attesa...

7 marzo 2006

segnali di vita

La fede e' un'altra cosa. La fede e' incontro con una verita', una saggezza, una luce, un amore che trasfigura la persona e la sua storia. La fede e' ricerca, rischio, contemplazione, spoliazione, appassionato inseguimento di un Altro che non si e' mai compreso fino in fondo, mai posseduto. E' innamoramento, riconoscimento di tratti somatici che ci appartengono.
La religione e' nozione, la fede e' esperienza oltre ogni barriera concettuale e culturale. La via di Cristo e' la via della conoscenza, dell'esperienza, del dialogo:
"Lo Spirito, nessuno sa da dove viene e dove va".
Lasciamo che il Faraone vada dal Papa e il Ministro si rivesta di corazze crociate.
Prendetevi la Chiesa e le opere da fasto imperiale, gli stucchi di Michelangelo e i feticci dei musei vaticani. Prendetevi la teologia, la filosofia, le universita' gregoriane, gli istituti, le missioni...lasciateci solo il sogno di quel giovane Palestinese.
A noi poveri, Lui basta.

Mi hai fatto povero
tra il sorriso delle stelle
Mi hai dato un cuore
mendicante per le strade...
Passai ramingo di porta in porta
e quando la mia borsa si riempiva
tu mandavi a derubarmi.
Al termine della lunga mia giornata
vengo a lagnarmi alla soglia
della tua ricca casa: ecco la mia sporta vuota!
Ti vidi allora scendere per prendermi per mano
e mi ritrovai seduto
accanto a te nel trono. (R. Tagore)

5 marzo 2006

liberazione

Due sono state le esperienze che hanno segnato drammaticamente la mia vita: la religione cattolica e il cancro.
Il tempo mi ha dotato di strumenti per liberarmi dell'una e dell'altro. Se la recidiva si ripresenta e mi fa fuori non lo so ma certamente la religione non mettera' piu' radici: per religione intendo l'adesione ad una Istituzione, ad un apparato, un establishment, l'appartenenza ad un gruppo.

4 marzo 2006

il diavolo e' urbano

Il demonio oggi va in chiesa e prende pure la comunione. Fa opere di carita', dice cose di buon senso, e' politicamente moderato, usa carte di credito e cellulari.
Si traveste di buonismo e sentimenti per "la famiglia" e "il feto" e si scandalizza se qualcuno gli toglie il simbolo della croce dalle scuole e uffici pubblici salvo poi disprezzare l'unico vero segno, l'unica vera icona di Dio che e' l'Uomo. Cinico e spudorato, abbraccia il santo e l'assassino parlando di amore e perdono, lo fa soprattutto in televisione dove l'immagine da portatore di bene gli riesce meglio, sotto i riflettori.
Si convince cosi' tanto che e' buono e non fa del male che finisce per crederci al punto da contemplare la sua immagine come vera immagine della Verita', lui stesso viene a essere la Verita' e cosi', nella babele linguistica e visiva in cui e' lievito nascosto, si perde il volto autentico del Maestro e finisce per adorare il
suo dio minore fatto a sua immagine e somiglianza.
Io cammino per strada e lo incontro, accendo la tv ed e' li' che parla e fa sermoni,vado in chiesa ed e' seduto in prima fila, negli oratori raccoglie fondi per l'Africa. Dunque dalla sua compagnia mi dissocio, le sue parole untuose e ambigue mi scrollo di dosso, non faccio la spesa dove la fa lui ne' mi siedo nella stessa panca in chiesa. Anzi io mi schiero dalla parte dei non credenti, degli esclusi.
Io divento atea e lo dico con orgoglio.

Il diavolo e' urbano - definizione di Mons. Angelini, San Simpliciano, Milano

2 marzo 2006

montale

Vado ogni giorno alla ricerca di parole che lascino una traccia.
Parlare e' inutile; se poetare e' divino, dove sono i profeti del linguaggio?
Voglio ascoltare, mettermi alla scuola di chi ha il cuore denso di sillabe vere.

Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansieta' del suo volto giallino.

Tendono alla chiarita' le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche.Svanire
e' dunque la ventura delle venture.

Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.

1 marzo 2006

elogio del corpo

Ho scoperto che il corpo umano vuole muoversi secondo gestualita'e ritmi che richiamano all'armonia. Danzaterapia mi sta revocando cio'che ero: vita immersa nell'uterno materno in movimenti dolci e ovattati e cio' che divento ovvero vita immersa nell'utero divino della creazione con andatura fluttuante e passo lento, grazia e bellezza delle figure corporee.
Ha ragione il Dalai Lama quando dice che il corpo umano e' fatto per la grazia: le mani non sono artigli, c'e' nelle mani dell'uomo una finezza e potenza che nessun'altro animale possiede. Il corpo e' fatto per muoversi tra le armonie del creato. Trasformare il mio corpo in un canto...canto della bellezza ferita, perche' il cancro l'ha sfigurata, perche' tutta la creazione geme e soffre, non c'e' angolo del mondo dove l'uomo e la natura non siano attraversati dal dolore. Allora niente bisturi, niente ricostruzione plastica semmai imperfezione come segno, icona della tragedia dell'uomo e della sua consapevolezza.

Noi siamo resi felici non dalle circostanze della vita ma dal nostro atteggiamento verso di esse (Inayat Khan)

grazie amica dolce

Si' l'amicizia e' stata la mia casa, il mio rifugio, la mia salvezza.Mi dicevo: si perda pure ogni cosa, purche' viva e cresca l'amicizia. Io ho creduto anche per gli altri (D.M.Turoldo)

Nella notte in cui il gigante si e' presentato -il cancro- ed e' iniziato il mio incontro con la malattia e la morte, ho intuito che non c'era altra via che aprirgli la porta, accoglierlo, abbracciarlo. Solo cosi' non si sarebbe inferocito, non avrebbe devastato la casa, non avrebbe fagocitato tutto l'interno. E' andato via, dissolto, tra una carezza e l'altra. Ma la storia non era sazia di prove e delitti: bisognava colpire altrove, allo spirito gia' esausto, piegarlo, ridurlo ad un cencio, per vincere e far dire che solo il nulla vince. Ci sei quasi riuscita storia infelice dell'uomo a diventare trama di bestemmie e lutti...
Invece, nell'esilio anche il deportato canta.
E gli amici tornano a rapire e donare gocce di gioia.
Cosi' tu amica offri un tozzo di pane e dici: mangia, un po' almeno, tenta, che non ti ritorni la fame!
Bene, io ti obbedisco, energia di vita che ti nascondi nella crosta dura del quotidiano.

Io ho creduto/anche quando dicevo/sono povero e infelice (dal Libro dei Salmi)