27 gennaio 2007

Non cercate tra i morti coloro che vivono

Le ideologie si servono di slogan e i nuovi tiranni usano i mantra della guerra, li ripetono all'infinito, solleticano il ventre del mondo: ogni parola diventa un simbolo, un segno che mantiene vivo il terrore, la paura, l'attesa dell'annientamento... le ideologie si servono dell'immaginario...
Fate tacere i mantra.
Togliete voce al nuovo Erode.
Niente più interviste, video, fotografie, tavole rotonde su di lui.
La sua propaganda non abbia amplificatori.
Il suo nome sarà inghiottito nel Nulla.
Mentre eterno è il canto dei deportati...
Fate parlare i bambini di Terezìn, con le loro poesie, i loro disegni e la voglia di vivere e il mantra della bellezza...

26 gennaio 2007

Turbamenti

Ho cancellato un post perchè volevo rielaborarlo. Chiedevo a Prodi se si fosse per caso dimenticato di essere una spia russa perchè con la questione di Vicenza erano cresciuti in me forti dubbi...ma l'intervento del Presidente Napolitano sull'antisemitismo che si cela dietro l'antisionismo mi ha gettato di più nella totale confusione...
La politica per quello che ne sappia si serve dell'ideologia che a sua volta si nutre della terminologia e così si cavilla e ci si sbrana su questioni che alla gente comune e inesperta di storia, diritto internazionale, scienze politiche sembrano chiare e limpide.
Io amo l'America ma non sto schierata con le politiche che potenziano basi e armamenti perchè se la mettiamo così quando la Gran Bretagna è diventata interventista con l'Iraq, io sono stata molto anti-inglese!
Io amo Israele e mi emoziona sapere che il suo popolo sia Icona dell'Umanità sofferente e in cammino; nutro profondo rispetto e dolore per la loro storia ma se massacrano i palestinesi posso anche incazzarmi, perchè se la mettiamo così quando i terroristi dell'Ira fanno saltare in Gran Bretagna i protestanti o i cattolici io sono fortemente anti-irlandese.
Le persone non si toccano, il loro diritto alla vita, alla casa, alle radici non si tocca.
Ma schierarsi senza una visione critica-oggi-è segno di immaturità e scarso senso del reale.
Io ho già scelto: "l'orfano e la vedova", tanto per citare fonti bibliche, di tutte le nazionalità.
Se si condannasse definitivamente l'uso della forza e del massacro- proprio perchè l'Olocausto ci ha ferito per sempre e ci ha svelato il demoniaco a cui tendiamo- e fosse considerato omicida chiunque alzasse la mano contro il fratello, fosse anche Caino, allora non ci sarebbe più confusione sui termini e da che parte stare.
Vi chiedo di prestare attenzione ad una Lettera di Masina dal titolo Il vizio di Prodi
e all'articolo di Manno: Lettera aperta al Presidente della Repubblica Italiana sul sito di Cani Sciolti che mi hanno aiutato a riflettere.

L'Odio è complesso, si nutre di mille ragioni, si appella a tutto pur di giustificare la sua esistenza, si serve delle parole e delle loro sfumature per potenziarsi.
Ma "il vostro parlare sia sì, sì o no, no. Tutto il resto viene dal maligno" (sto citando Gesù!!)
L'Amore invece è semplice. Si dona e ha cura dell'altro, vuole il suo bene. Si potenzia perdendosi...e usa solo parole di pace.
Inutile perdere tempo nel dirsi che l'Odio sta a destra e l'Amore sta a Sinistra, io userei l'immagine dell'Odio che sta sotto e dell'Amore che sta sopra, così come il ventre sta alla testa.
Quale comunità umana può dire di aver camminato dalla bestialità alla ragione e di aver concluso il suo cammino verso l'alto?
Siamo tutti fermi sul ciglio del baratro...fortemente attratti dall'abisso!
E alcuni con le loro ideologie di sterminio e di onnipotenza non vi hanno più fatto ritorno...

25 gennaio 2007

TV Educational

Da giorni in casa, con l'influenza...e non da sola: anche le bambine a letto, tra paracetamolo e antibiotici. E' lunga la giornata tra il letto e il divano, tra la sete e la nausea, tra il bisogno di dormire e quel "Mammaaaa!!!" che rintrona nella testa dolorante e che richiede attenzione, accoglienza, abbracci...grazie a dio, dico da perfida, c'è la televisione!
Davanti al video, dopo una sciorinata di Witch, Winx, Bratz, Pingu, la bimba più grande è assorta più del solito: sta guardando un documentario sull'Etiopia. A parlare è un medico e il tema è la malaria...vediamo gruppi di madri con i piccoli al collo in fila per la somministrazione del medicinale...il loro sguardo spento e docile...l'attesa negli arrangiatissimi ambulatori di assistenza ...bambini che urlano tutta la loro precarietà...tanta povertà e immenso bisogno.
Quando sono debole e fiaccata da una malattia, mi interrogo spesso come facciano le madri di quelle terre avare di acqua e cibo a trovare la forza di resistere o a far figli e crescerli in un quotidiano violentato dalla guerra spesso infinita; penso ai profughi con i loro bambini senza casa...
"Mamma ma questo è terribile!" è l'osservazione conclusiva di G.
Eh sì, se lo scoprite a dieci anni e coltivate la consapevolezza dell'ingiustizia e delle disparità per altri dieci c'è speranza che da adulte sarete migliori di me e farete meglio di me; metterete nella vostra agenda oltre lo studio, il lavoro, i viaggi anche e soprattutto la passione per gli ultimi e la compassione per il loro patire.
Guarite presto dalla bronchite, guarite sempre da tutte le malattie ma non guarite mai dalla "ferita sul costato" che si apre sulla coscienza dal giorno in cui gli occhi "vedono"...
Non mi stupisce allora l'ultima considerazione di E.: "La vita è più bella da piccoli!"
Sì, quando gli occhi non vedono altro che il viso della madre, delle sue mani tese e dei giochi e delle notti al caldo!
Crescere fa male. Sarà per questo che ci si prodiga a non farlo con la scusa di proteggersi dalle intemperie! Ma se quel "seme" di bimbo non muore come farà a crescere l'albero adulto e rigoglioso dove altri possano venire a ripararsi e gli uccelli ovvero le energie vitali possano farvi il nido?
Ora è tempo di aver cura del seme e del terreno in cui metterà radici: facciamo dunque scorrere l'acqua dal lavello come se fosse una fontana prodigiosa e benediciamo il dono e con il bicchiere colmo beviamo la ricchezza, stendiamoci sulla comodità e culliamoci nella tenerezza!

23 gennaio 2007

Solo un uomo

Se per Padre Turoldo voler male a qualcuno voleva dire augurargli la ricchezza, per l'Abbé Pierre era augurargli la fama!
La mia simpatia per questo francese, di cui negli anni ho sentito parlare come un sacerdote di estrema sinistra, nasce invece per la sua umanità mai negata dentro discorsi dogmatici e se volete "politicamente corretti". L'Abbé Pierre ha rischiato sempre per essere se stesso.
E non ha parlato con una tessera di partito in tasca ma con il cuore folle d'amore per gli uomini, per i senzatetto, i senza speranza, con in tasca solo la verità appresa sulla strada, pane e vangelo, senza mai perdere di vista l'umano:
"Destra, Sinistra, non so niente di tutto questo.
L'unico estremo a cui va il mio supporto sta lassù (e indica il cielo)."
Aperto alla giustizia e all'umanità dolente, leggo -su The Indipendent oggi- che rifuggiva dagli onori e onorificenze, anche se muore come una leggenda e persino con il riconoscimento di essere stato "la coscienza" della Francia.
Sono certa che "il santo subito" non prenderà piede tra i seguaci delle Comunità di Emmaus.
Anzi ipotizzo che le confessioni di sapore agostiniano di uno degli ultimi scritti -Mio Dio...perchè?-in cui annuncia con umile purezza le sue impurità da frate, siano nate per scrollarsi di dosso l'unto della gloria umana.
Lui sapeva di non essere migliore dei suoi simili: mi ricorda Padre Sergio di Tolstoj, consumato dalla ricerca della perfezione, finito nelle braccia della sensualità, che ritrova se stesso nel riconoscimento della sua umanità ferita.
L'Abbé Pierre è stato un uomo e dunque un santo.
Non a tutti riesce questo compito.


"Combattere per il proprio pane potrebbe essere materialismo.
Combattere per il pane di altri è l'inizio della spiritualità".

21 gennaio 2007

Terra perduta

Perchè una nave da carico battente bandiera inglese, portaconteiner di rifiuti altamente tossici si debba chiamare proprio"Napoli"! Riferimento al connubio dispregiativo Napoli -'monnezza?
Fatto sta che le prestigiose coste di Devon si sono di colpo ritrovate screditate a comuni discariche e la Napoli entra nell'immaginario collettivo britannico proprio nella sezione: pattumiera. Ma la tragedia non ha bandiere nè la miseria è solo di casa nostra: quella di Devon non è che icona dell'ormai infelice ex-Gaia!
La Terra ha perso: ha dato ospitalità all'uomo, cibo, luce, acqua, fuoco ma l'inquilino ha pensato bene di andare a rivendersi tutto, specularci sopra, dare fondo a tutte le riserve, farci festine e orgie, imbrattarla di sangue di simili, occuparsi di calcio mentre Lei muore piena di debiti!
Noi siamo incompatibili con il Pianeta.
I ghiacciai di miliardi di anni si sciolgono, l'oceano avanza ma The Incompatible prendono le misure di Vicenza, contano quanti soldatini hanno in Oriente, nascondono la zella nei conteiner e fingono, tanto nessuno li guarda!
The Incompatible alzano la voce per dire che amano i loro figli, gli stessi a cui i padri lasciano in eredità guerre, devastazioni ambientali, acque putride, cibi tossici, leucemie e tumori vari.

Noi siamo un corpo estraneo alla Creazione: non siamo che la sua perversione!
Solo i bimbi sono una traccia di ciò che resta del nostro settimo giorno...

16 gennaio 2007

I cristiani del Nord e la sesta cosa

Li vedo come una setta all'interno persino dell'establishment romano.
In Brianza... confusa e con un decennio lontano da Roma... io, abituata negli anni a camminare sulle strade tra lo sgonnellare del talare diocesano, le cuffie ottocentesche delle Orsoline, entrare nel tempio dalle liturgie sontuose e tecnicamente perfette delle Figlie della Chiesa, i direttori spirituali dalle mani efebiche e bianchicce: eppure mai che io abbia sentito l'ombra aggressiva di una Religione spalmarsi sulla mia coscienza, viscida e tentacolare. Tutt'altro, credevo di essere in un crocevia di storie e tradizioni in cui c'era posto per tutti, e quel conservatorismo ostentato mi appariva ovvio in una Roma terra dei Papi: ovvio e in qualche modo patetico. Potevo ridere di come i cristiani si prendessero sul serio.
Ora non mi va più di ridere.
La Restaurazione tornata in atto dopo le rivoluzioni illuministe degli anni post-conciliari non mi rende affatto spensierata di fronte al nuovo cristianesimo di cui si fanno paladini gli uomini del Nord. La Brianza -metafora dell'oscurantismo-è sbarcata a Roma e come i Lanzichenecchi nel 500 sta facendo razzie di quel poco di umanesimo rinascimentale che le era rimasto.
Arrivata da queste parti, non avevo illusioni ma non sapevo ancora: avrei trovato i teocon ad attendermi. Mi sono mossa con circospezione ma non abbastanza: è prevalso il potere della matrice materna che vuole proteggere i suoi figli e spesso nel farlo li divora.
Così ho iscritto le bimbe ad una scuola privata solo per convenienza: vicino casa, gente conosciuta per via di terzi, orario comodo in caso di necessità per eventuali terapie a Milano, illusione che i cattolici non potevano aver aderito negli anni ai valori di un paese padano... Troppi anni all'estero, idiota! La paura ha prevalso sull'intelligenza e la contraddizione che in fondo, anche se la scuola privata l'avevo già respinta come insegnante, dal mondo cattolico avevo ricevuto molta formazione. Io avrei mediato sulla cattiva informazione; appena un mese dall'iscrizione e avevo già mediato: tolto le bimbe dalla catechesi, dalla parrocchia, dai gruppi dell'oratorio, dalle novene, dall'incontro con le famiglie e dichiarato in una lettera aperta a preside e prevosto parrocchiale che per ragioni profonde di fede e cammino non potevamo procedere per quella strada. Mi è rimasto il conto da pagare mensile e tanta rabbia addosso per non aver ascoltato il mio intuito ma il "cuore" di madre.
Oggi la maturità mi ha spinto a cercare una scuola "internazionale", la vera e unica scuola contemporanea, quella piena di stranieri: ovvero, rumeni, cinesi, polacchi, nord africani. C'è anche un bambino che viene dal deserto, mi ha detto l'insegnante di sostegno, va in giro a piedi scalzi e all'invito di mettersi le scarpe e farla finita risponde gesticolando: Sono libero!Sono libero
Questa è la libertà che regalerò alle mie figlie a cui porgo le mie scuse, come ha fatto l'Arcivescovo polacco, per la connivenza con i poteri forti.
La Brianza mi ha aperto gli occhi, mi ha spinto a scegliere senza indugio: il blog nasce infatti in Brianza. Molto grata a questa terra che mi ha aiutato a uscire dalle sacrestie e rimettere in discussione persino il dove e il come vivi! Sono maturata in questi ultimi due anni e la strada oggi è chiara.
Non più compromessi con certi ambienti anche se appaiono docili come agnellini. Mesi fa, un' amica mi ha consigliato di farmi un giro a Cernusco, cerco di emigrare dall'attuale provincia: è un centro bello, costano un pò le case, ma con la metro sei un attimo a Milano.
Le mia domande: quale è la giunta, cosa promuovono le parrocchie, è tutta carina e ordinata, che tipo di scuole ci sono, che classi sociali ci sono....
No, grazie!
Oggi leggo che a Cernusco hanno aperto un Assessorato alla Salvezza cristiana.
Ho rischiato di infiltrarmi tra i teocon...e poi non posso più andare in giro per la Lombardia, predicando come Savonarola...è tempo di mettere radici nel luogo giusto dove l'aria è fresca e non si sente puzzo di incenso...

15 gennaio 2007

5 cose che non sapete di me

LaVale mi dice di giocare a questo piccolo intrattenimento della blogosfera di amici e per evitare di farmi dire che sono troppo seria e secchiona, rispondo alla provocazione e divago per qualche secondo dalle mie riflessioni.
Dunque le 5 cose...faccio fatica a scegliere...perchè sono più di 5 ma non mi confesserei mai on line sull'indicibile: ebbene questa è una.
Seconda, non sono timida nè insicura, anzi ho una certa faccia di bronzo, ma se sono senza tacchi e mi metti in mezzo a spilungoni, perdo tutte le mie certezze. Condivido la patologia del piccolo ometto di Arcore.
Terza cosetta: ho amato per tre anni un gay e sapevo benissimo che lo era, non pensavo di redimerlo ma ero stupidamente convinta che l'amore potesse spostare le montagne. Infatti lui ha spostato la montagna della mia adorazione ed è scappato in America con un altro, salvandomi la vita. Gli sarò eternamente grata.
Quarta cosaccia: ho avuto per anni il vizio di credermi indispensabile per la vita degli altri, facendo la volontaria a destra e a manca, fino a che non sono stata sequestrata in casa da una povera disgraziata che intendevo aiutare e che invece minacciava ripetutamente di uccidersi se l'abbandonavo. Ho imparato che le crisi di onnipotenza combinano guai se non sei attrezzato in spirito e corpo. E certe pazzie è meglio lasciarle ai servizi sociali.
Quinta e definitiva: ho condiviso una volta una stanza con una giovane donna idrocefala, loquace e ironica che, dopo avermi raccontato di quanto suo fratello sano e bello fosse un idiota ad essere depresso e scontento, rovistò con le dita nel suo occhio destro, lo staccò dall'incavo e lo immerse in un contenitore come si fa con le lenti a contatto. Sorridendo beatamente a me che la guardavo terrorizzata, disse: è di vetro, non ti preoccupare!
Ho imparato a guardarmi bene da quelli che hanno due occhi sani!

massacri e menzogne

La mia esperienza della sofferenza rientra in quella "normalità" che rende il peso sopportabile e mi permette di affrontare con la ragione e il buon senso le anomalie e le sfasature della vita.
Ma questi sono i giorni del massacro: sebbene i massacri ci siano tutti i giorni, questo è tra i fatti che richiamano stampa e esperti, più del solito. C'è una morte che non ci fa dormire che è in genere quella nostra-sconosciuta e imprevedibile- e quella efferata che avviene nelle ore in cui si fa la spesa e si lavora, violenza così vicino alla nostra normalità da sentircela al collo e poi c'è la morte lontana, delle guerre dalle bombe intelligenti, della fame e della miseria che ci coinvolge da intellettuali e da filantropi.
Mi chiedo se la strategia del terrore di cui la stampa si fa spesso portavoce, alzare la voce sull'efferato, abbia lo scopo di far percepire appunto "lontano" e di "non appartenenza" il sangue innocente dei corpi sventrati dalle guerre di esportazione della democrazia così in voga negli ultimi anni e assopire la coscienza sulla propria responsabilità.
La menzogna è chiamare il primo sangue pietanza prediletta di un demonio in azione (parola usata in quache omelia da qualche monsignore) e illudersi che in fondo l'uomo è così piccola cosa da non saper fare nè troppo male, nè troppo bene e chiamare il secondo storia contemporanea, pubblicarla sui testi e farla studiare ai liceali un giorno come storia dell'Impero. Senza scomodare le forze occulte, siamo bravi anche senza, il demonio non è altro che il volto degradato dell'uomo, e questo uomo ridotto a ferocia non ha le corna ma si lava, si veste e va a lavorare.
L'individuo o la collettività degradano fino all'animalità se esposti alla violenza dei loro bisogni e delle loro paure. Posso per un anno chiudermi nello spazio angusto dei miei pensieri torbidi e progettare l'eliminazione del nemico che crea disordine nel mio spazio, nel mio smoderato senso del diritto, nel mio tornaconto e posso chiudermi nella stanza del potere e progettare l'eliminazione del nemico che crea disordine e rallenta la produzione e minaccia il mio spazio, la mia ricchezza, i miei diritti.
Il primo si chiama omicidio efferato, il secondo si chiama guerra: io sento i brividi in entrambi i casi.
Se questo è un uomo... scriveva Primo Levi che dei campi di concentramento scopriva con orrore l'uomo, spogliato di se stesso, della sua identità di persona, come un essere meschino, pronto a far fuori il suo vicino che patisce la stessa ingiustizia perchè lui stesso ridotto a "non essere".
La mia riflessione parte da qui: un non-essere si aggira sul pianeta e convinto come è di "essere" solo perchè ha una casa, dei soldi in banca, un lavoro e dei bei mobili, vive indisturbato nelle case ordinarie dall'intonaco intatto; non lo osserviamo con attenzione e responsabilità, dal momento che si lava, semmai lo accostiamo con rispettosa indifferenza.
A fare l'uomo non saranno mai le cose: il vuoto si annida anche nelle vite con la macchina parcheggiata fuori la villetta.
Non abbiamo chiarezza nell'osservazione: ci piace pensare o ci hanno insegnato a pensare che le guerre siano giuste o che non ci riguardano come ci piace credere che gli assassini siano tutti stranieri o estranei brutti, pelosi, deformati. Ma poi la realtà ci smaschera e scopriamo che il non-essere è il potenziale dell'uomo in genere, è il suo volto estremo e come tale ci coinvolge, ci riguarda e sorprendentemente ci affascina: ecco allora la fila di gente curiosa -di cui parla oggi il Corriere-presso il cortile e la casa maledetta come se si facesse la fila per vedere Nosferatu.
Tuttavia siamo ben capaci a non andare oltre di ciò che vediamo, resta in superficie la nostra analisi, il nostro dolore, la nostra volontà di diventare uomini e incamminarci verso "l'essere".
Rimango esterefatta di fronte al non-essere collettivo che ha varcato la soglia di ogni limite, anche della sopportazione del dolore, della tolleranza alla violenza, e che lentamente scivola nella narcosi, nel non sentire più niente se non in alcuni istanti di ebbrezza che non è vera coscienza. E la mia rabbia è che l'informazione mediatica contribuisce a questa inquietante proliferazione di un nuovo umanesimo di uomini-barbari con un unica fame se non quella di nutrirsi di eccesso, come una pasticca di ecstasi, per poi tornare spenti al loro ufficio.

7 gennaio 2007

Italy, land of waiting

Il ritorno a casa è sempre il ritorno alle quotidiane sicurezze; il caffè la mattina -quello vero che solo a casa viene bene- bevuto nel silenzio della cucina, mentre fuori albeggia è il piccolo scialle caldo con cui avvolgo l'anima e mi aiuta a pensare al giorno che viene e al lavoro che richiederà.
Sono rientrata in Italia e sono contenta di averlo fatto.
Nonostante la nostalgia della campagna inglese io non ho dubbi che il mio posto è qui. Non li ho mai avuti veramenti i complessi da esterofilia semmai ho nutrito per lunghi anni il bisogno di rientrare e far parte del faticoso cammino di questo paese. Amo l'Italia come si ama un figlio disgraziato, lazzarone e recidivo, con una amore misto tra la voglia di prenderlo a sberle e cacciarlo per sempre di casa e la voglia di inseguirlo, abbracciarlo, redimerlo.
Mi hanno dato sempre della pazza per aver lasciato l'Inghilterra, la carriera e la vita sognata dalla gente che legge gli affari di William e della casa reale, per una storia italiana fatta solo di scontri e sconfitte.
Sì ho scelto, tre anni fa, e lo scelgo tutti i giorni questo matrimonio infelice perchè credo al tempo come maestro di opportunità e guarigione e alla forza della bella gente che ho incontrato e mi ha formato negli anni. Bisogna restare, giocarsi la vita dentro una realtà che richiede coraggio e amore a fondo perduto, restare per contribuire al cambiamento e alla rivoluzione silenziosa della vita ordinaria.
Stesso amore contraddittorio per la mia Chiesa; nonostante la voglia di abiurare, non c'è giorno che la mia coscienza non venga martirizzata di fronte agli errori grossolani e alle scelte prive di visione e profezia di questa chiesa temporale, tuttavia resto dentro perchè l'amo come Catullo ama la sua Lesbia e perchè ho visto altro, i confini non si limitano a Roma: lo Spirito non abita più nel tempio!
Dunque c'è molto da fare.
Dai prossimi giorni sarò nell'ospedale fatiscente del Forlanini e tra le pareti squallide con i poster sui viaggi esotici tanto per distrarre i malati e ricordare loro che c'è sempre qualcosa da sognare, prima di morire, con le infermiere sgraziate e dai decibel assordanti, tra le ore lunghissime di attesa finchè il guru dell'oncologia non ti intrattenga per smistarti tra i vari reparti, mi siederò tra la gente e mi dirò senza rimpianto: voi siete la mia campagna, le mie colline, la mia storia!

4 gennaio 2007

Alle sorgenti del mattino

Ho viaggiato tutto il giorno, ieri, con in mano il libro di Panikkar: Pellegrinaggio al Kailasa.
Chiusa in automobile, con il chiasso delle bimbe eccitate dalla scoperta di Bohemian Rhapsody dei Queen, mi perdevo tra la voce meravigliosa di Freddie Mercury e la vista delle Alpi domandandomi se il ritmo di questa musica non facesse bene quanto una camminata in alta quota: dilatazione dei polmoni!
E avevo tra le mani proprio la foto del Kailasa e lo splendore del suo lago. Ho cominciato a leggere e pagina dopo pagina non ero più in macchina, non sentivo più il rock dei piccoli piedi che battevano sul mio sedile, il mio pensiero era altrove, così per J che guidava assorto, melanconicamente proiettato al giorno dopo, in trappola di nuovo in ufficio.
Un pellegrinaggio nell' Himalaya tibetano...un cammino per vivere la relazione trinitaria tra l'uomo, la natura e Dio: esperienza che già si compie ogni giorno, nella vita di tutti, fatto di splendore e di miseria, di gioia e di immane fatica. Chi compie questo pellegrinaggio può rischiare di morire, non sopportare l'alta quota, non reggere il ritmo del viaggio: anche questo fa parte del cammino.
Leggevo e guardavo J: stiamo vivendo la stessa esperienza. Siamo in pellegrinaggio verso una meta che è la pienezza del nostro esistere, la compiutezza di un progetto soprattutto interiore che ci dovrebbe portare alla libera espressione della nostra identità. Via le scorie di una vita che perde il senso del sacro e si fa solo materia, produzione, merce. Tuttavia il prezzo è alto, alcuni giorni sappiamo che potremmo non farcela.
Mentre sostavo sul periodo: "passo dopo passo, alba e tramonto, sempre più in silenzio fuori e dentro. E la presenza della montagna che si avverte sempre più...non è una montagna da conquistare, nessuno ha mai osato scalarla, è una montagna da cui lasciarsi conquistare...il mitico monte Meru reso concreto, l'infinito divenuto visibile...", ecco che ci appare alla curva improvviso un paesaggio bianco e assorto e il profilo della catena alpina...poi altre macchine, in fila, la seggiovia, la gente che risale con gli sci, il via vai del turista delle festività.
Chi tra loro guarderà alla montagna non come una preda da catturare, un oggetto su cui esercitare il proprio potere di resistenza, un giocattolo contro lo stress irrinunciabile della città? Chi guarderà alla montagna come un luogo sacro, manifestazione della Bellezza, possibilità per entrare in comunione con la natura e dunque con se stessi?
Ebbene anche se la musica di Freddy mi trasmette una gran voglia di ballare e di sgolarmi per dilatare i polmoni, guardo al silenzio delle montagne e mi sento attratta dal sibilo del vento e dal tonfo della neve dai pini sulla terra morbida. C'è un tempo per il gioco, l'entusiasmo ribelle, il ritmo veloce e c'è un tempo per crescere, per la quiete del cuore, per il silenzio...
Ora è tempo...
E dunque questa mattina mi alzo con il sole, ma non è una mattina qualunque.
E' l'inizio del viaggio verso il centro di se stessi, verso il Monte Santo di cui parlano il Poeta e i salmi; J è con me: lui è l'umanità con cui mi relaziono e con la quale mi avvio ad attraversare i valichi, le frontiere.
Faccio nostro un passo del libro di Pannikar e che sia il leit motiv di questo nuovo anno:
" Siamo preparati ad affrontare difficoltà notevoli, disagi, qualunque cosa...anche il non ritorno. La spinta che ci conduce non lascia posto a riflessioni, titubanze o altro...
Sì va perchè è giusto e bello..."