30 ottobre 2008

Insieme ai ragazzi

Oggi anch'io torno giovane e abbraccio il grande corteo dei ragazzi che, come me, pretendono di vivere in un paese libero.
Ieri a piazza Navona, che nei giorni scorsi avevo visitato con tanta allegria insieme ad una giovane nipote inglese, hanno provato a ribaltare le cose, hanno portato a compimento la spedizione punitiva.
La stampa di regime racconterà la sua versione ma, grazie a dio, molti di noi hanno potuto ascoltare la versione di figli, nipoti, amici presenti e nel passaporola -in fondo il mondo è piccolo- capire meglio di quale coraggio e di quale forza e equilibrio è nutrito questo movimento.
Questi giovani sono migliori dei loro padri e certamente dei loro nonni.
Un miracolo, sprazzi di luce nelle tenebre!

«Né di destra, né di sinistra», così come il movimento si autopercepisce, significa innanzitutto una rottura radicale con questa storia, un rifiuto degli arroccamenti identitari e della prescrittività dei modelli politici tramandati. Ma non si parte da zero, da una ingenua spontaneità. Vi è ormai un cospicuo patrimonio di analisi, di riflessioni, di pratiche politiche che, nel corso degli ultimi anni, hanno smontato pezzo per pezzo, l'applicazione di una miserabile logica costi/benefici al mondo della formazione, della produzione e trasmissione del sapere. Vi è infine il vissuto della «miseria della condizione studentesca» nell'università riformata.
Può accadere allora che qualcuno desuma dall'assenza di bandiere rosse l'esistenza di uno spazio per sventolare quelle nere. Può anche accadere che un gruppo organizzato prenda la testa di un grosso corteo. Ma è un tentativo tutto strumentale e con le gambe corte. Lì dove il discorso razionale del movimento si sviluppa, l'ideologia della destra sarà costretta al silenzio. La diversità dei linguaggi, delle pratiche e degli obiettivi non tarderà a manifestarsi, al di là delle apparenze. Ma un pericolo reale c'è, sia pure vecchio e abusato. La carta degli «opposti estremismi», delle fazioni in lotta. Qui i gruppi della destra organizzata possono davvero dare una mano al governo, innescare la risposta repressiva. Da questo bisogna guardarsi
Marco Bascetta, da Il Manifesto, 29 ottobre

29 ottobre 2008

Quanto inutile dolore

Mentre ascoltavo l'intervento di Cossiga al Senato, riguardo all'approvazione del Decreto Gelmini, mi passava come una lama un pensiero doloroso: si stava strappando per sempre un legame finora sacro, almeno nell'immaginario, tra le Persone e le Istituzioni.

Lo Stato-parallelo sognato da Cossiga nelle notti in cui gozzovigliava al pensiero di maciullare la faccia agli universitari ribelli che occupavano le strade di allora, assumeva finalmente un volto nelle parole sue violente e irripetibili.
Il Parlamento, dal dopoguerra in poi, aveva camminato di fatto al contrario: nasceva democratico per morire gerontocratico e oligarchico, mentre sui libri di scuola si insegnavano bugie grandi, parolone grosse e pompose come Repubblica, Elezioni, Democrazia.
Ma Cossiga progettava altro e con lui chissà quanti vecchi signori e padri di questa deplorevole comunità detta Italia.

Al popolo, che nello Stato-parallelo si chiama plebe, si raccontavano favole e si iniettavano a dosi massiccie ideologie, principi, idee per mantenere stordite le coscienze.
Le Istituzioni, che nello Stato-parallelo si chiamano dittature, nel frattempo operavano per lo status quo e il rafforzamento del potere di un Sistema il quale per mantenersi in vita è disposto a manganellare e uccidere i suoi figli.

Quanti morti, in questi anni, quante vite sacrificate, quante sofferenze per arrivare ad oggi: finalmente le Persone private del potere e dei diritti sono passate dal ruolo di elettori a quello di spettatori.

I più bravi sono arrivati a prendersi tutto.
Gli altri, stiano a guardare lo spettacolo e pensino solo a pagare il biglietto!!!
La Costituzione è stata scritta per coprire le quinte.
Il vero spettacolo come per "Rumori fuori Scena" di Michael Frayn avviene dietro il palco!

Ecco oggi abbiamo visto quale fosse la vera trama di questa infinita storia di odio dei padri verso i figli, odio di coloro che hanno divorato tutto e guardono il piatto vuoto della loro prole, senza rimorso, e la solitudine di coloro che hanno fino all'ultimo tentato una strada nuova per liberarsi dalla vergogna dei padri

Sentivo parlare Cossiga e ringraziavo, nel cuore, la Vita per avermi risparmiato almeno di essergli figlia, di sangue, o nipote.
Se mio padre mi avesse mai parlato in quel tono e con quel cinismo, sarei andata a cancellare il mio nome all'Anagrafe.

Vorrei oggi cancellare anche la mia nazionalità all'Anagrafe ma ci hanno già pensato loro a cambiarmi i connotati.
Oggi, non so più chi sono in termini di cittadinanza.
Alla domanda: sei italiana? mi sorge un dubbio, lo stesso, di quando mi si chiede: sei cattolica?

Non so dove va questo Chiesa, non so dove va quest'Italia. Meglio, so dove vanno ma in quel posto non ci vorrei abitare, nè vivere, nè morire.

27 ottobre 2008

L'incompiuto

La speranza non è che tensione verso il futuro: non si può sperare ciò che è già accaduto o si sta già realizzando.
Nella speranza, c'è il sogno di un cambiamento e un'evoluzione della realtà che non sarà mai completata...l'opera è sempre in atto, la creazione non si arresta.
Così oggi io spero che nel cuore dei politici che dicono di rappresentarci sia nato un bisogno di non fermare il processo di cambiamento attivato da ogni parte, nelle coscienze vigili.
Sono felice di poter osservare come siano le coscienze più giovani a mobilitarsi per fermare la deriva di uno Stato che non conosce la speranza della crescita ma la stasi del nanismo, l'immobilismo cieco, convinto com'è di essere perfetto, di non aver nulla da imparare e capire, di sé e del resto della nazione.
Veltroni ha molto da imparare.
Nel suo bel discorso non abbiamo sentito la critica al Lodo Alfano, nè al conflitto d'interessi, nè allo strapotere economico dei Berlusconi (gli mancava Mediobanca,nella collezione di casa!), nè all'ipocrisia del Vaticano.
Infatti non c'era tra gli invitati al comizio nessun rappresentante della Chiesa dissidente.
Mi chiedo come farà Veltroni a difendere la scuola pubblica e poi considerare irrinunciabili i diritti della scuola cattolica. E in materia di "etica della vita", come potrà schierarsi con i diritti dei più deboli e poi proteggere le lobbies dei più forti.
Guardando i volti di quei migliaia di ragazzi oggi in strada per fermare un decreto-disprezzo del mondo della cultura, mi chiedo se tra questi ci siano migliaia di quei ragazzi "facinorosi" altrimenti detti papa-boys!
Temo che le fiumane dei cattolici cellini e opusdeiani siano in secca: la Chiesa ormai è un club di privilegiati...persino a un cattolico ortodosso, privato del diritto di accedere allo studio perchè squattrinato, passa la voglia di andare in giro a predicare!
Il mondo si divide tra i pochi al banchetto e i tanti esclusi.
La Chiesa ufficiale con il suo silenzio omertoso sta scegliendo da che parte stare: come sempre, come ai tempi di Galileo o dello Shoa. Il silenzio della coda di paglia. Il silenzio di mammasantissima.
Mentre il decreto Gelmini ammazza il sostegno e le famose berlusconate di anni fa, le tre "i" di inglese, impresa, internet si trasformano in tre "t" di tagli, la Chiesa dorme tranquilla con le sue due ore di religione assicurate!
Veltroni non uscirà vivo dagli equilibrismi da circo: ormai è chiamato a scegliere o Dio o mammona, dove per Dio intendo la gente, l'umanità che non siederà mai a tavola nè delle disquisizioni teologiche nè dei giochi della finanza nè degli intrallazzi dei banchieri.
Incompiuto è il cammino della politica e anche della Chiesa, da dove escono teologhe illuminate, tanto da abiurare, come Roberta da Monticelli: di lei potete leggere sul blog di Lorenzo Gobbi e sulla rivista di Micromega.
La sua decisione di uscire da questa Istituzione cattolica è solo un segno che qualcosa si muove sotto la coltre di polvere e di ragnatele...un'energia vitale che alita sugli uomini e li chiama a scegliere sempre e dovunque il rischio di vivere piuttosto che la certezza di morire.
L'inamovibilità non è dello Spirito che penetra in qualunque spazio in cui si apre una contraddizione.
La vista di tutte queste crepe illuminate dall'interno mi fanno sognare una rinascita.

25 ottobre 2008

In diretta dal futuro

L'immenso numero di chi sembra voler sdradicare in Italia il male "senza tempo" che da sempre opera e uccide è, meravigliosamente, davanti ai miei occhi...la massa è diventata cittadinanza?
Ognuno, al di là del partito e colore, presente e in attesa di un nuovo percorso porta ora nel cuore il desiderio di un paese civile affrancato dalla mediocrità, dal qualunquismo, dall'individualismo sfrenato?
Possiamo cominciare a sperare?
Mi auguro che l'immenso numero del Circo Massimo abbia il potere di far maturare le coscienze, le responsabilità, il coraggio, la forza di opposizione dei leader presenti sul palco.
Anche loro possono cambiare fino in fondo e volere fortissimamente un'Italia migliore della destra al potere ed anche della sinistra di sempre, del centro di sempre. Un' Italia migliore dell'Italia di sempre.
Non più frasi ad effetto ma scelte concrete nella vita pubblica e privata affinché le parole siano...

23 ottobre 2008

Attenti al lupo

Pare che la grande agitazione nel mondo della scuola e nelle università sia opera di scaltri signori della sinistra.
Faccio i miei complimenti alla sinistra che credevo morta: allora, quei sondaggi che parlano dell'alto apprezzamento del Grande capo sono un pò truccati!!!

Al contrario, per strada c'è tanta gente insoddisfatta e preoccupata della fine, dopo decenni, dell'istituzione scolastica pubblica. Berlusconi e friends sono solo la punta dell'iceberg di un metodo sistematico di negazione della scuola pubblica, della cultura, dell'emancipazione della sua gente, vecchio come questo paese in via d'estinzione.

Nessuno si è mai occupato della scuola come "issue" primaria: per decenni è stato un peso sullo stomaco più che un progetto governativo.
Una società che non ama se stessa e non vuole che tutti siano provvisti di strumenti per evolvere produce una scuola e un'università della diseguaglianza e dunque produce persone come la Gelmini o Berlusconi.

Sono figli dell'Italia che, sui banchi(privati), nelle relazioni sociali(i clubs dei giovani rampanti), nelle prime file al Duomo, delle loro ricche città, ha imparato il disprezzo per la cosa pubblica (nel frattempo ridotta a cosa fatiscente grazie ai loro "maestri predecessori") e ad assumere la legge del più forte, ora riadattata come la legge dell'Ordine e dello Stato Salvatore che finirà per divorare la carcassa democratica.

Noi da questi figli deviati che oggi sono la classe dirigente non vogliamo neppure una caramella.
Accettereste caramelle da uno sconosciuto? Anche se fossero le più buone e succulente caramelle del pianeta, dietro quel gesto ci potrebbe essere la più squallida delle intenzioni.
Per troppi anni ci hanno educato alla sopportazione del male come condizione ontologica dell'Italia.
Quando dicono che nel sud, per esempio, non funziona nulla, intendono: è colpa della mafia! Come fa comodo ridurre tutto all'ineluttabile, al Mito che si perpetua quando sappiamo che la mafia ha nomi e cognomi e legami politici e che è un male voluto e studiato con metodi scientifici!

Per questo, nonostante il coraggio degli eroi, noi non consideriamo un'evento salvifico la morte degli uomini giusti, sebbene ne contempliamo la grandezza; non è il sangue dell'innocente che nobilita l'Italia: anzi ogni goccia perduta è prova della nostra vigliaccheria e della nostra disumanizzazione.
Nello stesso tempo non consideriamo più una situazione tollerabile quella del mondo del lavoro, della scuola, degli immigrati e non possiamo più restare a guardare tutto sulla fiction televisiva. Di chi è la responsabilità? Di questo governo o di quelli precedenti? La nostra?

Ormai il gioco è chiaro. Come ho già scritto la recita è finita. Lo scontro si apre tra chi finge e chi dice il vero, tra un popolo che si maschera nella menzogna continua e nella demagogia per difendere il proprio orto e un popolo che ha il coraggio di assumersi le proprie responsabilità e pagarle di persona.
Il numero degli adulti maturi e coscienti si sta ampliando.
Il Governo vuole far credere che è tutta gente di sinistra?
Magari direi io, che non mi riconosco nella destra, fosse vero che fossimo stati in tanti avremmo vinto le elezioni!
Invece, purtroppo per loro, la vita e il futuro non è di sinistra: è di tutti.

Quindi, cercare di bleffare, di far passare le proteste di questi giorni come un'ammucchiata da centro sociale per assumersi il piacere di lanciare un lacrimogeno e un manganello è l'estremo gioco della manipolazione in scena da secoli sul teatro delle maschere.
Gli studenti o i lavoratori che soffrono oggi le scelte di questo governo e di tanti governi mediocri non hanno colore: hanno invece tanta rabbia motivata e tanta angoscia.

Ma finora tutto è stato pacifico. E la pace non piace al potere.
Dunque, si invoca la polizia nelle scuole e nelle università.
Proposta non solo scandalosa ma anche poco utile: costerà allo Stato tanti milioni per pagare giovani militari che diano manganellate a giovani pensatori e studiosi e adulti in erba.
Perchè non chiedere direttamente e a costo zero l'aiuto dai Casalesi?
Così, facciamola finita!
Resterebbero in circolazione soltanto gli amici del club, le cosche, gli ultrà del calcio e finalmente gli utenti mediaset!

17 ottobre 2008

Ma Cristo resta

Sì Abele se ne va, ma Cristo resta.
Resta nella forza di coloro che si impegnano sul fronte occupato dalla violenza.
Resta per amore.
Come è difficile amare in tempi di colera.
Lorenzo Diana, ex parlamentare a Casale; Francesco Nuzzo sindaco di Castelvolturno.
Vengo a conoscenza dei loro nomi in queste ore di dibattito sul caso Saviano.
Vivono con o senza scorta, soggetti di una cronaca di morte annunciata, vivono con o senza aiuto dalle istituzioni ma vivono con dignità e senza compromessi.
Uomini soli, soli come Cristo di fronte all'abisso.
Ci vuole il coraggio di un Dio per restare e morire per gli altri.
Resto in silenzio e mi inchino di fronte alla loro bellezza.
Chi ama l'uomo, ama Dio: dovrebbero essere annoverati tra i martiri della fede.
Non c'è solo il martirio del corpo ma anche della libertà, del diritto, della vita tutta.
Non si è martiri perchè si difende la propria teologia ma perchè ci si schiera dalla parte dell'uomo e del suo volto divino.
Accanto a loro, una testimonianza altissima: Don Giuseppe Diana, ucciso dalla camorra mentre si preparava per la messa nel 1994, a Casal di Principe.
Le sue parole d'amore per i suoi ragazzi e la chiamata a resistere contro un sistema che li rende schiavi dovrebbero essere stampate sui libri di storia, all'ingresso di ogni chiesa, sul portone di casa di ognuno di noi:
per amore del mio popolo non tacerò!

15 ottobre 2008

Abele se ne va

Saviano vuole andare via dall'Italia.
Oggi vorremmo fare la valigia anche noi per seguire Abele e scrivere un'altra Genesi.
Schifani gli chiede di restare.
Allora Saviano fa bene ad andarsene.
Restare è come affermare che si ha fiducia nella protezione delle Istituzioni, le stesse che dicevano di garantire la vita dei centinaia di morti per mano mafiosa. Le stesse che hanno nell'organico soggetti in "odore" di mafia
Restare per morire e firmare con il sangue suo e quello della scorta una storia già scritta milioni di volte?
Oppure restare per murarsi vivi, senza ossigeno e futuro, mentre fuori i carnefici respirano, banchettano con l'astice e gozzovigliano da padroni?
Andarsene vuol dire denunciare le Istituzione della loro inefficienza, della loro doppiezza, del loro bisogno mediatico di Miti eccellenti per poter organizzare scenari di telecamere, politici scossi, corone di fiori e assegni famigliari.
Le Istituzioni vivono di fiction, rappresentazioni teatrali, giornate della memoria: Abele è stanco di questa parte.
Gli chiedono di restare per recitare il copione.
Ma gli attori sulla scena sono pessimi attori, comparse senza scuola e senza arte:
il gioco è finito.
Noi, seduti a guardare l'avanspettacolo, siamo in tanti con il cappotto in mano pronti a lasciare la sala. La vista di quel sangue ci fa vomitare: anzi, la mano che colpisce ci fa vomitare.
Abele merita di vivere e di farlo dove gli si riconosce un ruolo e una dignità.
Questo Governo incapace di proteggere i deboli, i poveri, i bambini dove trova lo stomaco per proteggere Saviano?
Quando il gioco si fa vigliacco, i vigliacchi cominciano a governare.
Saviano deve andarsene e portarsi dietro Lirio Abbate, Pino Masciari, gli imprenditori che non pagano il pizzo, gli uomini della scorta che sono pronti a morire come "uomini della scorta" senza storia e senza miti.
E poi, come il pifferaio magico, portarsi dietro un popolo incazzato e stanco della scena, del regista, dei costumi e del pubblico grasso ignorante, volgare, ultrà, banale, nazista, violento che dichiara alto il gradimento per questo film dell'orrore.

13 ottobre 2008

Gli ominidi

Da un'amica, ricevo una lettera che riporta questa citazione di Ilario di Poitiers, 380 d.c.:

"Il nemico oggi non ci assale alle spalle
ma ci accarezza la pancia;
non ci toglie la libertà con la prigione,
ma ci riduce alla schiavitù del potere;
non ci confisca i beni,
ma ci arricchisce portandoci ad avere troppi bene;
non taglia la testa, ma uccide l'anima con il denaro;
non colpisce i fianchi,
ma vuole il possesso del nostro cuore."

Benchè siano passati secoli un certo tipo di umanità non ha dato cenni di evoluzione etica: violenta è stata nell'abuso di potere e violenta resta la sua performance.
Cupidigia, disonestà, menzogna sono i frutti di secoli di cammino, frutti che ancora si raccolgono sulle strade quotidiane della sua storia.
Caino continua a produrre il suo raccolto velenoso mentre il sangue di Abele disseta la Terra mai sazia di primizie innocenti.
I preti hanno da sempre annunciato: c'è un Caino e un Abele dentro di noi.
La guerra del fratello malvagio si gioca sul terreno di ogni coscienza.
Gli ho creduto e ho creduto che ognuno è potenzialmente "cattivo" tanto da far male ad un innocente e da dare un volto a Caino e una terra dove coltivare i suoi frutti tossici.
Poi sono cresciuta e ho compreso che la faccenda è più seria di un catechismo da giovane marmotta e non si è finito di raccontare la storia dell'innocenza perduta.
Oltre al conflitto personale che attraversa ogni persona, c'è uno scenario ontologico in cui avviene una grande guerra tra ciò che siamo destinati ad essere, creature umane, e ciò che siamo tentati di essere: figli del Nulla, dis-umani appunto.
Allora i moralismi fanno ridere di fronte alle grandi questioni: quello che si sta giocando oggi sullo scenario mondiale è qualcosa di molto più grande che le problematiche della morale cristiana, il matrimonio, la contraccezione, l'omosessualità, ecc. ecc.
Quello che sta emergendo oggi è che l'uomo può perdere la sua sfida per diventare un Essere di piena consapevolezza.
Il degrado non è solo nelle istituzioni e nell'economia, roba vecchia nella storia del mondo, ma il degrado è nella natura stessa degli esseri viventi. Da uomini a ominidi, come ho scritto più volte.
Come anello ultimo della catena evolutiva, ci si aspettava qualcosa di più dall'umanità tutta rispetto ai tirannosauri: la mente e la coscienza dell'uomo è primitiva, ferma allo stadio iniziale.
Sono passati millenni ma nulla sembra accaduto: Caino è sempre lì con la mano alzata.
In questo secolo di sozzure e genocidi, le grandi speranze si sono spente come le stelle nella fase finale.
Restano invece, non visti, i frammenti lucenti delle piccole speranze, i cammini luminosi di quei migliaia che hanno proceduto su un sentiero chiaro di umanizzazione. Qua e là, da una parte e l'altra del pianeta si è ascoltata talvolta la voce di uno di loro che ha segnato il percorso e fatto strada.
Dal sangue di Abele, è nata una progenie di uomini e donne che da qualunque angolo della terra ha continuato a scrivere una storia diversa, un racconto di vita e di gioia, di amore e di accoglienza.
Le chiese non se ne sono accorte, grazie a dio, o la avrebbero inglobata nel sistema e ne avrebbero ucciso la profezia.
Sì è vero che Caino è dentro ognuno di noi come possibilità, ma una volta scelta la strada, non c'è ritorno: quel volto deforme non appartiene a chi se ne discosta per natura e volontà e neppure lo tenta il suo ghigno.
Vorrei resistituire ad Abele la sua innocenza, dopo secoli di maliziose considerazioni di chi ha voluto descrivere l'innocente come colui comunque provocatore e responsabile del suo male.
Con questo escamotage, abbiamo finito col dire che siamo tutti peccatori e siamo tutti partecipi del male ontologico che ci sovrasta. Come dire, mal comune mezzo gaudio, si è finito per scusare il troppo marcio.
No, siamo tutti esseri incompleti e figli della nostra finitezza ma del male che è perversione della coscienza, abuso di potere, manipolazione dei semplici, finzione pubblica, finanza creativa, superonismo criminale, no di questo male è responsabile quella razza di ominidi che sono al potere di tutti i sistemi.
Vorrei restituirgli i loro peccati, come frutti personali e unici del loro degrado. Come il Dio della Genesi non accetto le offerte e in nome di quel Dio che mi da l'autorità di parlare in quanto riconosco in Lui la Sapienza, dico che quei peccati non saranno mai rimessi.

6 ottobre 2008

Il buco in arrivo

Solo dopo che l'ultimo albero sarà abbattuto. Solo dopo che l'ultimo fiume sarà stato avvelenato. Solo dopo che l'ultimo pesce sarà stato catturato. Soltanto allora scoprirai che il denaro non si mangia.
(Profezia degli indiani Cree)

In verità il denaro se lo mangiano i Mercati, gli speculatori, i padroni del Grande Gioco garantendo a se stessi quel poco che resta.
Molti giorni fa è stato dichiarato che nel mondo 935 milioni di persone soffrono la fame.
Le vicende quotidiane di guerre ci fanno supporre-dal momento che se ne parla poco sui giornali- che milioni di persone soffrono traumi di guerra, lutti, ferite debilitanti: milioni di invalidi.
Da domani, milioni di altri cittadini che si credevano al sicuro nei confini di un West molto evoluto saranno esposti alla perdita delle loro case e delle loro possibilità di reintegrarsi nel mondo del lavoro.
Le questioni sono planetarie e terribilmente serie. Ma, dicono gli esperti, non ancora irreversibili: resta un margine di possibilità per inventire la rotta.
Fa male dunque, molto male- per me credente- non riuscire a trovare nei discorsi ufficiali della Chiesa, nella voce del Papa, parole nuove che dichiarino la volontà di affiancarsi ai milioni di infelici e insicuri per camminare insieme.
Certo non come il nostro ministro che si nasconde in una beauty farm e in una discoteca per procedere la narrazione mitica dell'uomo sempre giovane e sorridente, capace di vincere il male e essere segno che la felicità esiste se si sceglie il modello: essere come lui e sognarsi come lui.
No, la nostra Chiesa, nel nome del Papa, lavora su contenuti molto più impegnativi che in sostanza ribadiscono all'uomo stanco e sfiduciato l'unica verità possibile: il rifugio nel Signore.
Dietro, purtroppo, leggo un'altra trama: il progetto di uno Stato confessionale, la speranza in piena povertà collettiva che le scuole cattoliche private abbiano il sostegno e che l'otto per mille non devii troppo verso altri numeri di conti correnti, che il mondo non dimentichi Adorno e Kant e la Ragione e i valori non negoziabili (come mi spiegava addolarato un amico teologo).
E' vero, lo ha dichiarato, i soldi non contano, la carriera e il successo non sono gli obiettivi ultimi dell'uomo. E' giusto annunciarlo poi, però, occorre viverlo.
Per me, credente, significa guardare alla mia Chiesa come il luogo dove si sceglie per vocazione l'ultimo posto e prima di ogni altro valore come la giustizia, la sapienza, la fede, si sceglie la misericordia.
Quindi prima dell'Accademia, la strada, prima di Kant, la filosofia del Vangelo.
Il Dio del Vangelo mi sembra molto interessato alla vita degli uomini, ai loro dolori quotidiani: Gesù non mi appare uomo in cattedra ma pietosamente riverso su chi soffre. Stare accanto ai pubblicani e alle prostitute è stata una scelta di visione: guardare la realtà dal punto di vista dell'uomo ferito.
La Chiesa ha l'autorità e la competenza per parlare un linguaggio vero che la faccia uscire dalle sacrestie- dove qualcuno vive bene e al sicuro, anche se, furbescamente, accusano noi laici di volervi relegare lì tutto il clero- e abbracciare un nuovo percorso politico e economico a partire da se stessa.
La rivoluzione spirituale e l'avvicinamente dell'uomo ai valori del trascendente possono essere annunciati in modo credibile solo da chi li vive fino in fondo, fino a scegliere di non abbracciare quei sistemi e quelle politiche che impoveriscono, annientano, annichiliscono poveri e popoli che la Chiesa stessa proclama di difendere e a cui dice è annunciata la Parola di Dio.
Ma forse è proprio qui che mi sbaglio.
E' finita l'epoca del Concilio, una volta per sempre; ognuno ritorna da dove era venuto, ognuno nel proprio ordine. I teologi che fino a ieri mi avevano insegnato parole nuove come la teologia della liberazione e della speranza e i preti operai e le grandi discussioni ecumeniche sono tornati nelle biblioteche e nelle università per ristrutturare tutto il pensiero.
L'odore che ne viene fuori sa di bruciato e di censura.
Chi apparteneva alla strada, alla strada ritorna e non trova più posto tra i banchi della chiese.
Chi non apparteneva a nessuna casa ma trovava in questa uno spazio di dialogo e confronto, resta privato di ogni attenzione e ascolto.
Chi si faceva vanto che la propria chiesa aveva camminato negli anni del dopoguerra per superarsi e riscoprire nell'umanità tutta una rivelazione della presenza divina, oggi tace di fronte all'universale, significato originale di cattolicità, ridotto a setta di puristi preoccupati solo della propria identità.
Una Chiesa così non si assume certo come priorità la mancanza di cibo per milioni e dunque una politica per i suoi ministri cattolici che si faccia carico della distribuzione equa delle risorse nel mondo. La vera e assoluta preoccupazione del potere odierno di questa irriconoscibile Chiesa è quella di non affondare insieme alle ideologie già sepolte, dell'epoca contemporanea.
Prevedo un grande buco in arrivo e non sarà la fine del cattolicesimo ma la fine di una profezia; la Chiesa, nient'altro che un' altra forma di potere per esercitare il controllo su ciò che sarà incontrollabile: la rabbia dei popoli.
Quando finiranno i fiumi e gli alberi e il denaro non si potrà mangiare, dove troveranno speranza gli uomini se il futuro sarà stato loro sottratto? Nella vita eterna, nel Signore?
E non è cinico proclamare questo, mentre si banchetta?

2 ottobre 2008

Dovunque vibrazioni

Lo stanzino, che accoglie i pazienti di Medicina nucleare e dove loro dovranno soggiornare per almeno un paio d'ore in attesa che il contrasto iniettato circoli nelle vene, è angusto, maleodorante, con un bagno in comune per uomini e donne e soprattutto brutto, luce al neon e color azzurrino- pesce-in avaria, triste come un orbitorio.
Non è piacevole sedersi a gomito con pazienti spesso più anziani e in evidenti condizioni oncologiche da lasciare impietositi e muti.
Mi chiedo spesso come ci si riduce ad essere infermieri e radiologi in reparti senza ombra di bellezza e accoglienza e con quadri da visionare che non raccontano di speranza.
Stavo seduta immersa nella mia lettura per evitare di ascoltare le imprecazione della signora in attesa di giudizio, ansiosa tanto da rendere necessario aprire le finestre e far evaporare quella energia elettrica-negativa contagiosa.
Grazie a dio, c'erano anche semplici fratture da revisionare e qualche altro ordinario disturbo che aiutano a immettersi sulla gareggiata del quotidiano vivere.
Alzo lo sguardo per sospirare e respirare in profondità, senza distogliere l'attenzione dall'ingresso della mente, cosciente che l'ombra è appollaiata in attesa di buchi nella rete per occupare il pensiero, quando mi accorgo del giovane seduto di fronte.
Occhi chiusi, immerso anche lui nel respiro?, lunghe sopracciglia e un volto di ebano, bellissimo e calmo.
Mi richiama alle rappresentazioni di Cristo, quelle delle immaginette devozionali e un pò kitch, ma ci penso senza ironia anzi, mi dico: Cristo a trentanni, poteva avere quel volto da arabo...
Quando il medio-orientale apre gli occhi e mi chiede cosa sto leggendo, si risolve il grande equivoco, non senza una risata da parte mia: palestinese di Cagliari!
E da qui il racconto di una vita di viaggi, in Europa e soprattutto in America, di controlli e fermi agli aereoporti a causa di quel volto da terrorista e di quegli occhi così profondi che fanno pensare al male invece che alle notti e ai fondali marini.
Si fa presto con un viaggiatore a prendere il largo e si comincia a navigare nel racconto delle proprie vite e sul perché si è lì in una fresca mattina di fine settembre.
Da mesi ricoverato per accertamenti: macchie sui polmoni e una piccola tosse insistente.
Ma i suoi occhi brillano: va bene così, mi dice, dovevo fare esperienza anche di questo.
Da quando si è ammalato, ha imparato a dire e raccontare le sue emozioni, la paura, ha imparato a chiedere aiuto e si è splancato un mondo di affetti...è come se gli altri non aspettassero che il momento, l'occasione, per poter entrare nel suo mondo e amarlo...ha aperto una porta di cui lui solo aveva le chiavi...gli altri erano fuori ad aspettare al freddo...ora è solo tepore, fuoco, mani tese...
Poi mi prende il braccio, guardandomi senza timore: tu non hai niente, stai tranquilla.
Lo guardo con calma e dolcezza, anch'io senza timore e penso o sei un artista della parola, un giocoliere, un raffinato mentitore o sei un cuore nel mondo che si è messo a suonare una melodia, un Tristano trobador che canta il finire del giorno...
Voglio credere a Tristano e mi immergo senza sospetto nelle note.
Quando chiamano il mio nome e mi consegnano la busta con dentro il responso, mi giro verso il suo sorriso e, lasciando la busta chiusa, lo guardo per l'ultima volta: certo, va tutto bene, non ho nulla.
Niente che minacci la mia vita, niente che mi conti i giorni ma solo una strana allegria, una gioiosa voglia di raccogliere l'arpa e continuare il canto.