6 ottobre 2008

Il buco in arrivo

Solo dopo che l'ultimo albero sarà abbattuto. Solo dopo che l'ultimo fiume sarà stato avvelenato. Solo dopo che l'ultimo pesce sarà stato catturato. Soltanto allora scoprirai che il denaro non si mangia.
(Profezia degli indiani Cree)

In verità il denaro se lo mangiano i Mercati, gli speculatori, i padroni del Grande Gioco garantendo a se stessi quel poco che resta.
Molti giorni fa è stato dichiarato che nel mondo 935 milioni di persone soffrono la fame.
Le vicende quotidiane di guerre ci fanno supporre-dal momento che se ne parla poco sui giornali- che milioni di persone soffrono traumi di guerra, lutti, ferite debilitanti: milioni di invalidi.
Da domani, milioni di altri cittadini che si credevano al sicuro nei confini di un West molto evoluto saranno esposti alla perdita delle loro case e delle loro possibilità di reintegrarsi nel mondo del lavoro.
Le questioni sono planetarie e terribilmente serie. Ma, dicono gli esperti, non ancora irreversibili: resta un margine di possibilità per inventire la rotta.
Fa male dunque, molto male- per me credente- non riuscire a trovare nei discorsi ufficiali della Chiesa, nella voce del Papa, parole nuove che dichiarino la volontà di affiancarsi ai milioni di infelici e insicuri per camminare insieme.
Certo non come il nostro ministro che si nasconde in una beauty farm e in una discoteca per procedere la narrazione mitica dell'uomo sempre giovane e sorridente, capace di vincere il male e essere segno che la felicità esiste se si sceglie il modello: essere come lui e sognarsi come lui.
No, la nostra Chiesa, nel nome del Papa, lavora su contenuti molto più impegnativi che in sostanza ribadiscono all'uomo stanco e sfiduciato l'unica verità possibile: il rifugio nel Signore.
Dietro, purtroppo, leggo un'altra trama: il progetto di uno Stato confessionale, la speranza in piena povertà collettiva che le scuole cattoliche private abbiano il sostegno e che l'otto per mille non devii troppo verso altri numeri di conti correnti, che il mondo non dimentichi Adorno e Kant e la Ragione e i valori non negoziabili (come mi spiegava addolarato un amico teologo).
E' vero, lo ha dichiarato, i soldi non contano, la carriera e il successo non sono gli obiettivi ultimi dell'uomo. E' giusto annunciarlo poi, però, occorre viverlo.
Per me, credente, significa guardare alla mia Chiesa come il luogo dove si sceglie per vocazione l'ultimo posto e prima di ogni altro valore come la giustizia, la sapienza, la fede, si sceglie la misericordia.
Quindi prima dell'Accademia, la strada, prima di Kant, la filosofia del Vangelo.
Il Dio del Vangelo mi sembra molto interessato alla vita degli uomini, ai loro dolori quotidiani: Gesù non mi appare uomo in cattedra ma pietosamente riverso su chi soffre. Stare accanto ai pubblicani e alle prostitute è stata una scelta di visione: guardare la realtà dal punto di vista dell'uomo ferito.
La Chiesa ha l'autorità e la competenza per parlare un linguaggio vero che la faccia uscire dalle sacrestie- dove qualcuno vive bene e al sicuro, anche se, furbescamente, accusano noi laici di volervi relegare lì tutto il clero- e abbracciare un nuovo percorso politico e economico a partire da se stessa.
La rivoluzione spirituale e l'avvicinamente dell'uomo ai valori del trascendente possono essere annunciati in modo credibile solo da chi li vive fino in fondo, fino a scegliere di non abbracciare quei sistemi e quelle politiche che impoveriscono, annientano, annichiliscono poveri e popoli che la Chiesa stessa proclama di difendere e a cui dice è annunciata la Parola di Dio.
Ma forse è proprio qui che mi sbaglio.
E' finita l'epoca del Concilio, una volta per sempre; ognuno ritorna da dove era venuto, ognuno nel proprio ordine. I teologi che fino a ieri mi avevano insegnato parole nuove come la teologia della liberazione e della speranza e i preti operai e le grandi discussioni ecumeniche sono tornati nelle biblioteche e nelle università per ristrutturare tutto il pensiero.
L'odore che ne viene fuori sa di bruciato e di censura.
Chi apparteneva alla strada, alla strada ritorna e non trova più posto tra i banchi della chiese.
Chi non apparteneva a nessuna casa ma trovava in questa uno spazio di dialogo e confronto, resta privato di ogni attenzione e ascolto.
Chi si faceva vanto che la propria chiesa aveva camminato negli anni del dopoguerra per superarsi e riscoprire nell'umanità tutta una rivelazione della presenza divina, oggi tace di fronte all'universale, significato originale di cattolicità, ridotto a setta di puristi preoccupati solo della propria identità.
Una Chiesa così non si assume certo come priorità la mancanza di cibo per milioni e dunque una politica per i suoi ministri cattolici che si faccia carico della distribuzione equa delle risorse nel mondo. La vera e assoluta preoccupazione del potere odierno di questa irriconoscibile Chiesa è quella di non affondare insieme alle ideologie già sepolte, dell'epoca contemporanea.
Prevedo un grande buco in arrivo e non sarà la fine del cattolicesimo ma la fine di una profezia; la Chiesa, nient'altro che un' altra forma di potere per esercitare il controllo su ciò che sarà incontrollabile: la rabbia dei popoli.
Quando finiranno i fiumi e gli alberi e il denaro non si potrà mangiare, dove troveranno speranza gli uomini se il futuro sarà stato loro sottratto? Nella vita eterna, nel Signore?
E non è cinico proclamare questo, mentre si banchetta?

4 Comments:

Blogger Sileno said...

Carissima Angela,
sei ,come sempre, folgorante a centrare il cuore di un problema.
Non riesco a fare nessun commento, vista la completezza del tuo ragionamento; mi resta solo da riflettere e pormi una domanda: Come riusciremo ad emanciparci da una casta che, possedendo il monopolio della verità assoluta, ritiene di imporci di vivere secondo la loro legge quando loro sono rientrati nel profondo medioevo e il loro scopo è "il potere".
Ciao
Sileno

8/10/08 16:19  
Blogger Daniele Verzetti il Rockpoeta® said...

Attacco diretto al cuore del problema.

Difficile prevedere cosa succederà in uno scenario, quello attuale, molto drammatico ma anche in continuo divenire.

In realtà è come se ci fosse in movimento un macchinario distruttivo che ha tutta una serie di ingranaggi che si muovono all'unisono ed inesorabilmente per quello scopo.

Però, ancora nulla è perduto. Basterebbe una semplice forcina per capelli per spezzare questa perversa situazione e per spaccare quegli ingranaggi malefici.

Solo che al momento sembriamo tutti sprovvisti di questa forcina...

Ciao Angela :-)))
Daniele

8/10/08 17:13  
Anonymous Anonimo said...

come sempre cara Angela c'entri il problema in modo poetico, anche se di poetico in questa società non cè nulla tutto si sta consumando,ci rimane sempre la speranza, ma trovo che manca come una scintilla che ci faccia partire......
Ciao,
aria

8/10/08 18:48  
Blogger digito ergo sum said...

lo abbiam girato tutto, 'sto povero pianeta, eh?

9/10/08 02:03  

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