La speranza è un dovere
Le numerosissime email che ho letto nei siti della BBC raccontano di come gli italiani si vergognano di essere tali e vorrebbero diventare colonia britannica piuttosto che continuare a vivere o dipendere da un paese così malconcio, infelice, corrotto.
Anch'io nella serata della rabbia e della vergogna- perchè il Senato ha fatto da specchio a tutti gli italiani e ci ha raccontato ciò che siamo, ci ha rappresentato nel nostro egoismo, nella volgarità, nel bullismo e nello squadrismo becero- ho vissuto la sofferenza della sconfitta non politica ma umana.
Ho di-sperato che valesse la pena testimoniare il contrario o comunque dirlo ad alta voce, o scriverlo o raccontarlo ad altri. Ho detto a me stessa: se vedrò le bandiere nere sventolare ancora nella mia città, chiederò all'Ambasciata Britannica di accogliere la mia richiesta di cittadinanza.
Ma il dolore nel cuore mi ha portato ad inginocchiarmi davanti a Dio e chiedergli perdono.
Questa è proprio l'ora di guardare al paese con lo sguardo compassionevole di chi ama e vuole farsene carico: siamo i peggiori, il cuore marcisce nel degrado, ciò che viviamo è la conseguenza della nostra indifferenza e del nostro qualunquismo che ci ha portato a sentirci estranei alla comunità, schegge solitarie orientate verso l'autoreferenzialità.
Preso atto dello stato di appestati, accetto di non fuggire.
Mi fermo come il samaritano di fronte alla ferita: me ne prenderò cura.
Nel mio quotidiano, io posso compiere miracoli di conversione e trasformazione. Siamo in tanti ad avere vissuto una storia dignitosa e onesta; in tanti ad avere pochi soldi ma molto onore e mai la testa piegata di fronte ad un altro uomo che si erge come padrone delle nostre coscienze.
Dal Nord al Sud, questo paese è composto da persone meravigliose che hanno costruito nel silenzio oasi di giustizia e democrazia. Entriamo in contatto tra noi: un sistema feroce mediatico ci ha isolato e ammutolito.
Esporsi continuamente alle radiazioni di parole e immagini che ci raccontano di quanto siamo alla deriva è anche un'iniezione letale per gettarci nella disperazione e arrenderci all'ineluttabile.
Vogliono mangiarci la speranza.
Vogliono ammaliarci la coscienza di canti dell'oblio...dimenticare...dimenticare...arrendersi al braccio mortale dell'"inevitabile"...
Invece sperare è un dovere da credenti e da cittadini.
Io non consegno il paese alla devastazione.
Da oggi, da ora, lavoro nel mio quotidiano, perchè il miracolo del cambiamento avvenga.
Su questo paese, è caduta a pioggia da anni la maledizione, parole di morte come "schifo e disgusto". Anche le parole hanno fatto il loro percorso virale e sono entrate nel tessuto sociale, piano piano, giorno per giorno per modificare il suo dna e distruggerlo.
La mia disperazione ha gettato sale sulla ferita.
Comincio al contrario ad usare un altro vocabolario: benedizione, recupero e guarigione. Pioggia di energia costruttiva e forza e vita, si riversi su ogni casa, ogni strada, ogni cuore di questo paese dolorante.
No, non consegno l'Italia ai prepotenti.
In nome di coloro che sono morti, di chi ancora paga per aver parlato, di chi cerca la strada onesta del dialogo, io resto al mio posto e getto fiori lì dove qualcuno scarica fango.