In sala d'attesa
E così l'America che ha eletto Obama non ha fatto un favore ad al-qaeda ma al-qaeda ha fatto un favore a Gasparri.
Ecco qui il mondo costruito da Bush e fratelli: rosso di sangue e nero di lutto.
L'India regurgita fondamentalismi e vomita morte nelle strade della povertà e del colonialismo, nella terra delle spezie e degli yogi.
Soddisfatto Gasparri che, insieme a tutti i guerrafondai di varia nazionalità, non si commuove di fronte a nessun ramo d'ulivo e rivede i giochi riaprirsi con colpi di scena da brivido.
I terroristi con i loro governi consenzienti e l'industria delle armi come sponsor fanno bene i loro calcoli: Obama sembrava aver rallentato la tensione, forse da ogni dove si cominciava a sperare in una nuova politica... eccolo il messaggio agli illusi del pacifismo, eccoli pronti i governi guerrafondai per allearsi contro l'umanità e i "filosofi della guerra" a pontificare sulla necessità di difendersi e rinforzarsi di piombo.
Sono stata seduta per ore, oggi, tra i pazienti di oncologia.
I miei occhi, che dopo ore di attesa patiscono le luci al neon e le pareti celeste-noia, si fissano su alcuni poster dell'India, misericordiosamente appesi da giorni sulle pareti, per veicolare la mente verso una nuova speranza: prima di morire, meglio vivere e farlo bene.
India...che ironia...una piega amara sulle mie labbra...spiagge, mare pervinca, cammelli, colori.
Il nostro terrorista è il cancro, agisce di nascosto, tra le trame ordinarie del quotidiano e fa saltare all'improvviso l'hotel-5-stelle del nostro corpo, lacerando sogni e membra.
La morte è già nel terrore dell'attesa: il corpo è attrezzato per sabotarci. Può tradirci.
Mi chiedo se i filosofi della guerra, quelli che urlano parole di morte e annientamento abbiano mai visitato reparti di terminali, abbiamo mai visto la deflagrazione dei corpi, gli occhi imbiancarsi, la schiuma dalla bocca quando l'alito di vita si spegne.
La morte: la guardano in televisione e credono di averla capita, vinta, superata.
Sono qui che penso alle metafore che ci inseguono nella poesia del giorno, perchè non c'è giorno senza poesia, senza interpretazione, senza una lettura "oltre" l'evidenza.
Il cancro è l'odio, l'alterazione dell'equilibrio e per disinnescarlo si usano termini da guerra: bombardare con la chemio, estirpare il carcinoma, combattere contro, la ricerca contro ecc.
Invece il cancro si CURA, questa è la parola: cura, attenzione, osservazione, collaborazione con il corpo perché il fenomeno si attenui, si fermi, regredisca.
Il terrorismo ha bisogno di un progetto di CURA della società malata e distorta, un piano teraupetico sull'ingiustizia e sulla diseguaglianza.
Il terrorismo non si sconfigge con la ritorsione ma con una politica che tolga ai guerrafondai i fondi monetari, le banche dove depositano il sangue in banconote, le connessioni con l'industrie internazionali di armi e un grande lavoro di acculturazione della gente: gente a cui prima va assicurato pane e lavoro.
L'odio si affama negandogli il mito: quella della razza, della religione, dello stato.
Per ora è solo l'utopia che guida i pensieri eppure, vent'anni o trent'anni fa sembrava un'utopia guarire dal cancro o sopravvivere più a lungo.
La ricerca scientifica non si è mai fermata a riguardo: perché dovrebbe arrestarsi la politica o l'economia o la società civile?
Un poster portava la foto di una donna in posizione yoga e in profonda meditazione.
Ho chiuso gli occhi e ho pregato per i morti che lasciavano l'India degli orrori e li ho immaginati fluttuare sulla terra, bagnarsi sulle rive del Gange e oltrepassare il Kailasa.
Tra le nevi e l'aria trasparente, respirare una dimensione fresca e nuova e vivere, per la prima volta vivere, in assoluta e totale pienezza!
Poi, ho rivolto lo sguardo a noi donne, con parrucche e senza sopraciglia, le giovani dallo sguardo perso, me stessa, confusa e stanca e ho chiesto ai morti di coprirci anche solo per un attimo con quella soffice neve: un manto di dolce luce sulle nostre ferite!