27 marzo 2009

Dante e Gramsci

Una donna di Fuoco mi ricorda di non mollare la presa del paese sano che scivola nel fosso: lei si chiama Grazia* come quella che invoco per noi!
Afferro coloro che pagheranno ancora e poi ancora di non essere vigliacchi, di non strusciare sulle tonache e sui doppiopetti per comodità, stanchezza, indifferenza, convenienza.

Paese di indovini e maghi che camminano, ora, con la testa all'indietro convinti come sono di guardare avanti (Canto XX dell'Inferno, tutto è stato già detto): trascinano i diritti della persona, in vita e in morte, della giustizia, della democrazia nelle acque nere dello Stige del passato, facendo passare per vera la menzogna che è per volontà di Dio!

Così il paese torna indietro, paralizzato, dentro un corpo che diventa di reato se vuole liberarsi dalla dittatura della vita artificiale e del bene dello Stato, considerando che i concetti autentici di Vita e Bene sono stati messi sotto sequestro e incarcerati a Castel Sant'Angelo in attesa di rogo!

Il paese torna al silenzio della notte che oscura tutte le verità e con appositi incantamenti camuffa il 25 aprile in un atto terroristico contro il regime salvifico.
Festino per guerriglieri!

Il paese arretra risucchiato da una magistratura eversiva che annulla quella sana e operativa dentro un gorgo di giochi e numeri acrobatici perché tutto si arresti, come da contrappasso. Così l'Angola avanza nei tempi processuali e in Malawi si costruiscono scuole internazionali ma in Italia si muore di inedia tra un processo disatteso e una scuola senza più insegnanti.

Tornare indietro è condanna per chi falsifica.
Chi ha smascherato i venditori di fumo non può restare a guardare.
Dante oggi, con me e voi tutti, canterebbe in versi le parole di Gramsci, che per mano della gentile Madonna Grazia ci richiamano a non seguire i fumi perversi dei blasfemi.


"Odio gli indifferenti" (Antonio Gramsci)
Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che "vivere vuol dire essere partigiani" . Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.
L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un'epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.
Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'èin essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
"La Città futura" Febbraio, 1917

*i ringraziamenti a Grazia Collini che mi ha inviato questo testo, condiviso con voi tutti

6 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Ciao Angela, il testo di Gramsci è potente e attuale.
Anche noi siamo partigiane, n'est ce pas?

27/3/09 16:36  
Blogger Sileno said...

...l'indifferenza
entra nel vuoto del cuore...
la sua depressione
fa un deserto del mare,
il suo soffio freddo
spegna tutto il fuoco,
fino a niente resta...

di Sybille Krivenko

Sileno

27/3/09 23:12  
Blogger Sileno said...

@ per Chiara,
ma io sono partigiano però.
N'est ce pas?
Sileno

27/3/09 23:15  
Blogger Arnicamontana said...

siamo come girasoli ribelli Angela, noi che con Gramsci odiamo l'indifferenza, non vogliamo seguire quel sole ingannevole e quanto ci ferisce però chi non parteggia! Un abbraccio

28/3/09 08:02  
Blogger Damiano Aliprandi said...

Cara Angela, bellissimo questo testo di Gramsci. Mi ricordo di averlo postato molto tenmpo fa, ancora non conoscevo il tuo blog, e lo pubblicai in un momento triste dell'Italia quando si scatenò il progrom contro i Rom....

Un abbraccio carissima Angela...

28/3/09 09:43  
Blogger Artemisia said...

Grazie, Angela, per questo potente testo di Gramsci che conoscevo solo per sommi capi (cioe' perche' citato in alcuni slogan). Mi sembra che un filo invisibile lo leghi a quello che ha detto Don Ciotti a Napoli (interroghiamoci sul nostro impegno) e a quello che ha detto Saviano l'altra sera in TV (e' sufficiente che i buoni non facciano nulla perche' il male trionfi).
Un abbraccio,

30/3/09 12:45  

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