14 gennaio 2012

Gli Incredibili

Incredibile come siano già passati due anni, che sembrano pochi e anche tanti.


Incredibile come sia sempre presente il dolce profumo della sua anima in noi.


Incredibile quante meravigliose persone abbiano condiviso, e ancora condividono, l’indicibile peso del dolore, il ricordo, la gioia e la speranza che ci legano.  Se oggi riesco a vederla più come dono che come perdita, è merito vostro.


Dedico la chiusura di questo blog, che rimarrà in linea, alla sua autrice Angela, a voi incredibili amici vicini e lontani e a te, lettore che passi qui per caso, che sia per te, come era lei per me, fonte di bene, di amore e di vita.


J


Ora la pagina dei commenti è chiusa.  Ringrazio tutti voi che avete voluto lasciare una traccia qui.  Per chi volesse contattarmi, è ancora valido l’indirizzo email riportato in fondo alle informazioni personali su questa pagina.

14 gennaio 2010

Love Letter

Ora Angela sta altrove. La notte di Natale leggeva con me la lettera che riporto sotto come saluto.

Amatissima Angela mia

Non ti chiamo mai così... Ma da oggi il tuo nome è sulle mie labbra per sempre (come direbbe il salmista).

Scrivo con la mente confusa e offuscata e con le lacrime agli occhi, tentando di esorcizzare un dolore e una paura enormi.

Con tutti i miei tanti difetti ti ho adorato e ti adoro come nel primo giorno in cui ti ho vista.

Non avrei mai immaginato di incontrare un amore come il tuo per me.
Non avrei mai immaginato di provare un amore come il mio per te.
Non mi sono mai deluso di meritarti.

Anche se il nostro amore è stato vissuto e raccontato tutti i giorni della nostra vita insieme, me ne sento ancora pieno fino al dolore. Ho ancora un'immensità di amore tuo dentro.

Se andrai via cercherò disperato il profumo della tua anima nella mia.

So che per salutarti non avrò le parole, ma solo l'abbraccio che è la linfa vitale della mia esistenza.

Quante sono le cose che mi hai donato e insegnato! Sarò in grado di ricordarle?

Ora guardo le nostre figlie e so che in loro c'è il seme della grandezza della loro madre.

Forse sarai l'unica santa che potrò pregare.

Ti amo e sono tuo.

Grazie amore mio

J

7 dicembre 2009

Il popolo viola

Partendo dall'analisi sul valore dell'esistenza dei partiti, nell'Europa moderna, Simone Weil, che sembra non accreditare a loro nessun beneficio, scrive in un saggio sulle difficoltà di vivere una vera democrazia.
Riporto uno stralcio del suo testo, così attuale se si pensa all'Italia:

"Il male dei partiti politici salta agli occhi.
Il problema da esaminare è se in essi c'è un bene che prevale sul male e quindi rende desiderabile la loro esistenza... se sono male, è certo che in pratica essi non possono produrre che male. E' un articolo di fede: un albero buono non può mai produrre frutti cattivi, né un albero marcio frutti belli.
Ma occorre innanzitutto riconoscere qual è il criterio del bene.
Questo criterio non può essere che la verità, la giustizia e in secondo luogo, l'utilità pubblica.
La democrazia, il potere della maggioranza, non sono un bene. Sono dei mezzi in vista del bene, stimati a torto o a ragione efficaci.
Se la repubblica di Weimar, invece che Hitler, avesse deciso per le vie più rigorosamente parlamentari e legali di mettere gli ebrei nei campi di concentramento e di torturare raffinatamente fino alla morte, le torture non avrebbero per questo un atomo di legittimità in più di quanto non ne abbiano attualmente...
Solo ciò che è giusto è legittimo.
Il crimine e la menzogna non lo sono in nessun caso."

Simone fa riferimento poi a Rousseau e alla importanza del suo libro Il Contratto Sociale e quindi prosegue:
"Un volere ingiusto comune a tutta la nazione non era affatto superiore agli occhi di Rousseau al volere ingiusto di un solo uomo.
Rousseau pensava soltanto che un volere comune a tutto il popolo è di fatto conforme alla giustizia , per la reciproca neutralizzazione e compensazione delle passioni particoli (individuali). Era questo secondo lui l'unico motivo per preferire il volere del popolo a un volere particolare...
Se individui inclini per passione al crimine e alla menzogna si neutralizzano reciprocamente in un popolo veridico e giusto, allora è bene che il popolo sia sovrano. Una costituzione democratica è buona se innanzitutto realizza nel popolo questo stato di equilibrio e se dopo fa in modo che i voleri del popolo siano eseguiti..."

Ecco, un popolo veridico e giusto è bene che sia sovrano.
Ma quando questo popolo o una parte maggioritaria di esso predilige rappresentanti che fanno politica:
sull'odio per chi intralcia il suo ordine che è poi esclusione degli altri,
sul bisogno di prevaricazione su chi non ce la fa,
sul senso discutibile di giustizia che vuol dire proteggere i propri interessi e beni e guadagni,
sul rifiuto a garantire un' equa distribuzione del benessere, delle opportunità, dei meriti,
se questo popolo preferisce rappresentanti che onorano le donne con un ruolo da puttane o da ruffiane,
che onorano i bambini dividendoli in serie A, B, C, a seconda del ceto sociale e della razza di provenienza
un popolo che se ne frega da dove provengano le ricchezze dei governanti purché quel potere serva la sua pancia e la sua ingordigia,
se ne frega della collusione con la mafia dei propri candidati e non vuole sapere, non vuole indagare,
così come se ne frega della chiesa ( intendo quella che annunica valori univarsali) salvo quando faccia comodo al proprio senso di colpa e lo acquieta con quattro avemaria e due gesti di carità ipocrita,
se ne frega delle menzogne ripetute, del linguaggio violento, delle parole negazioniste,
bene, allora questo popolo non è più maggioranza che ha diritto di governare ma maggioranza che ha il dovere di sapere che non rappresenta che il proprio ventre velenoso e come tale ha reso il paese un' oligarchia, uccidendo il resto della popolazione, ridotta al silenzio nelle scelte importanti per il bene di tutti e alla morte civile.
La guerra civile è già in atto.
Non si uccide solo con le armi (non ancora) ce lo insegna la nuova mafia: si può avvilire un popolo succhiandone l'anima.
Allora io parlo di genocidio culturale, umano, spirituale dell'Italia.
Parlo del male intrinseco nei partiti che vivono solo per la loro crescita, per i numeri di tessere, per il mantenimento del potere, partiti conniventi sempre con il male e che con la legge elettorale hanno sottratto ai cittadini la voce e la partecipazione.
Mentre dò il benvenuto al popolo viola che ha scavalcato con creatività il deserto delle idee e delle forze di opposizione.
Ha il colore delle cerimonie funebri, della quaresima: è un popolo che soffre, morto centinaia e centinaia di volte tra menzogne e tritolo nell'Italia della vergogna.
E' tornato in piazza, cammina come i giusti di We shall overcome one day, ha scelto di non appartenere a nessuna ideologia se non alla giustizia e alla verità e al bene comune.
Questo popolo sarà pure minoritario (così dice il regime) ma è il vero possessore della dignità. E quindi della democrazia.
Se loro esistono, esiste ancora una parte democratica e pacifica che grida al mondo: l'Italia è ancora da liberare!

12 novembre 2009

Dialogo sul legno 3

Don Farinella: Repubblica/Il Lavoro, 8 novembre 2009

Nel 1953 nel 1° giorno di scuola popolare, don Lorenzo Milani, ucciso da quella stessa gerarchia che oggi lo annette al sistema, tolse il crocifisso dalla parete della sala parrocchiale «perché non doveva esserci neppure un simbolo che facesse pensare che quella fosse una scuola confessionale», spiegando: «se uno mi vede eliminare un crocifisso non mi darà dell’eretico, ma si porrà piuttosto la domanda affettuosa del come questo atto debba essere cattolicissimamente interpretato perché da un cattolico è posto» (Lett. 20-5-1953 a A. Parigi). Sì, i cattolici dovrebbero amare così il Crocifisso da essere loro stessi a levare i crocifissi dallo stato comatoso di ornamento impolverato.

Don Paolo Farinella: Altrachiesa - Micromega

Il 26 settembre 2009, dopo una notte di trattative, il Vaticano e il governo concordano che il presidente del consiglio avrebbe salutato il papa in partenza per Praga, all’aeroporto di Ciampino. Tre minuti sono meno di uno sputo per terra, eppure capaci di accorciare una distanza di anni luce nei meandri del protocollo. Tre minuti, il tempo dalla macchina alla scaletta dell’aereo e una frase come un epitaffio su tutte le nefandezze di un uomo che senza chiedere scusa all’Italia e senza chiedere perdono per avere imbrattato etica e persone e istituzioni, piano, pianino, lemme lemme si sente dire dal papa: «Che gioia, rivederla, signor presidente!». Non ha detto: «Buon giorno!» Non ha detto quello che doveva dire: «Lei è un porco, vada a lavarsi, si purifichi e poi torni da me, ma prima dia le dimissioni». No, il papa ha detto «Che gioia!».

"Ecco, Signore, li leggi i giornali?
Ora dimmi, se anche la fede non ci supportasse, ci resterebbe la Ragione così cara al Santo Padre.
E la ragione mi dice che il Vaticano di Roma e il suo Vescovo sono compromessi nel fango fino al collo: preferiscono salvare la Santa Sede piuttosto che la sede santa ovvero il cuore dell'uomo e la sua dignità."

"Ricordi Caifa? Si stracciò le vesti quando mi ascoltò nel Tempio: parlavo un linguaggio nuovo. Avevo osato chiamare mio Padre, Abbà, ovvero dolce papà e farmi figlio di Dio, quale ero.
E nota bene non ho mai dato del Santo a nessun rabbino di Gerusalemme: ho persino ammonito di chiamare santo un uomo. E' un attributo che spetta solo all'Ineffabile non agli uomini.
Ebbene dopo la reazione di Caifa, ho scelto il silenzio.
Così davanti a Pilato. Non ho mai risposto alla sua domanda: Che cosa è la verità?
Avevo già parlato nelle piazze, sulla strada, nei lebbrosari.
Non rispondo ai falchi, ovvero ai falsi sapienti che si appropriano del sapere e ai potenti che credono di poter patteggiare con Dio.
Sarebbe stato contro la natura della mia Persona pronunciare davanti ai loro occhi segnati dal crimine e dall'arroganza. " Troviamo insieme un accordo!"
Pur di salvarmi la pelle.
Ero venuto per annunciare la speranza ai poveri e agli uomini senza potere, la giustizia e la misericordia.
Sapevo che questo significava fedeltà a Se Stessi fino a perdere.
Non hanno fatto così i vostri magistrati, i vostri scrittori, giornalisti, preti, persone in prima linea contro le illegalità, in terra di mafia?
Semmai con il silenzio di chi sapeva di essere messo in croce, ho gridato loro la mia autorità e la mia forza".

"Signore, proteggi allora Don Farinella: insieme a molti altri tuoi discepoli sta pagando di persona come te la fedeltà all'uomo e all'Amore."

"Ci sono uomini e donne che nessun Papa e nessun Re potranno mai mettere in catene. Neppure da morti.
Non avranno avuto un seggio parlamentare né un ruolo cardinalizio ma avranno avuto nel cuore l'autorità di Dio.
Solo le loro parole saranno ascoltate."

"Ma tu parli di silenzio. Chiariamo: qui il silenzio vuol dire omertà o collaborazionismo. Vuol dire non denunciare ciò che va gridato sui tetti, come tu stesso hai fatto nella tua vita terrena.
Di che natura è il tuo silenzio?"

"E' uno sguardo profondo lanciato nella notte delle loro coscienze.
Mentre parlano sanno di mentire.
Quando mentono sanno di uccidere.
Non potranno mai dire "che non sapevano"..."

6 novembre 2009

Dialogo sul legno 2

"Qualcuno contesta, giustamente, il tuo non entro dove mi rifiutano.
Cosa significa? Non ti fai trovare e non ti manifesti nel cuore degli atei?
Oppure non c'è alcuna speranza di trovare un alito di te dove regna il disordine e il degrado dell'uomo?"

"Mi rifiutano proprio coloro che si convincono di conoscermi;
chi crede di possedermi in un mondo chiuso e dogmatico e nega la luce che può venire dai luoghi e dalle esperienze più improbabili, inedite;
chi nega la mia creatività e possibilità di collocarmi al di sopra e al di sotto, oltre ogni definizione storica-culturale-sociale.
Mi rifiuta chi mi fa potente e geloso, attaccato al suo crocefisso, alle sue liturgie e ai suoi principi non negoziabili, mi adora come manifestazione del proprio ego.
Mi nega chi mi annega nel suo limite.
Ecco io non entro in quel contesto: sto fuori dalla porta e attendo che si faccia chiarezza, nella vita di ognuno".

"Alcuni cuori camminano leggeri guidati dal vento delle loro intuizioni eppure non ti nominano, né ti pregano, né ti cercano...conoscono la strada della giustizia e della pace ma a nessun dio affidano il loro destino: si assumono la responsabilità delle loro azioni senza motivarle dentro una realtà trascendente. Eppure il loro agire è pieno di consapevolezza e d'umanità.
Cosa diresti a costoro?"

"Che li amo!"

5 novembre 2009

Dialogo sul legno

" Mio Signore, ti hanno davvero recato offesa i laici europei ammazza-preti e ghigliottinatori di re?
Dicono che quella croce appesa nelle aule scolastiche pubbliche italiane sia nel posto sbagliato: è un calpestare i diritti genitoriali di educare i figli secondo la propria libertà e le proprie convinzioni e non contringerli a sentirsi cristiani a tutti i costi."

"Offeso? Al contrario - eretica amica mia- non vedevo l'ora che mi togliessero da quella parete, un legno morto, ormai simbolo di guerra e non di pace. Brandire la croce per esercitare potere e appenderla sui muri pubblici solo per ottenere in cambio voti politici! Ma chi davvero ha mai amato quella croce tra coloro che ora la difenderebbero con la spada?...
Io sono venuto con un ramoscello d'ulivo in mano e loro prendono quel legno per spaccarlo in testa a chi si oppone.
E poi, non abito più su quella croce."

"Come?... il patibolo che ha consumato l'innocente... il mondo ti guarda come il Dio che ha scelto l'ultimo posto, persino quello di un criminale, per abbassarsi all'uomo e al suo dolore e ora tu dici di non volerci più stare inchiodato?"

"No, perché mi portano in giro come un trofeo di guerra.
Mi usano come un ariete per aprirsi le porte dei palazzi e delle curie...mi sfoggiano sui colli di ministre poco coscienti di ciò che la mia divinità rappresenti...mi appendono sulle pareti della loro casa, lo fanno valutare all'asta, come un quadro di valore.
Dietro quel legno ci vedono i soldi.
Mi hanno inchiodato sulla carta di una moneta, spesso sporca di sangue: ma non è il mio."

"Mio Dio, dove sei allora, dove venire a trovarti, su quale realtà cercare il tuo volto e inginocchiarsi per contemplarti?"

"Il crocefisso vive sulla strada: se giri l'angolo lo trovi nel pezzente che ti importuna al semaforo.
Sui barconi degli immigrati ogni giorno viaggio e ogni giorno muoio assetato.
Impazzisco nelle carceri e nella miseria dell'abisso della coscienza.
Mi umiliano nei posti di lavoro, nel precariato, nelle bugie mediatiche: sono il cittadino onesto calpestato e deriso, disprezzato dai falsari della politica.
Gli ipocriti si affrettano a riappendere il legno morto sulle pareti minacciando chi nega le loro radici cristiane: in verità non sanno che mentre maledicono, illudendosi di benedire me, danno le spalle ai bambini e ai ragazzi seduti sui banchi.
Si inchinano davanti all'oggetto e non hanno occhi per vedere: io sono seduto tra i banchi, accanto a quei bambini. Spesso immigrati.
Io vivo con i loro genitori musulmani, induisti, buddisti.
Non ho paura di entrare dove non mi conoscono.
Ma non entro dove mi rifiutano. Anche perché l'amore non si impone.
Non entro persino in alcune chiese cristiane: sulla porta, per terra come un rom, osservo inginoccharsi davanti a mia madre - donna del deserto con in braccio me povero - coloro che hanno apprezzato leggi e politiche meschine: i negatori dell'umanità dei bambini immigrati.
E dei bambini tutti.
Se non ami la giustizia, la parità tra gli uomini, il bene sociale, come puoi amare i tuoi figli?

"Mio Signore, se così è, se non è più tempo da controriforma, se amare te vuol dire lasciare libero il fratello di esistere e di esprimere nel cuore il suo amore e la sua devozione e non nelle apparenze dei segni, allora non toglierò quel crocefisso appeso sul mio letto: apparteneva ai miei nonni, ha più di cent'anni.
L'hanno stretto mani nodose, mani da contadina, da operaio; ha guardato con compassione dall'alto la tavola povera di nove figli senza troppo cibo e aspettative.
Ha accolto lacrime notturne di donne sole e umiliate.
Quel crocefisso è sceso tra la polvere del giorno: ha indossato la carne."

"Dovunque c'è l'uomo con la sua storia e il suo cammino, l'animo umile e il cuore attento, lì io vivo. Quella è la parete su cui vorrei essere appeso."

9 ottobre 2009

Una parola silenziosa

Abbraccio i corpi affogati a Messina in una fiumana di fango e crolli: anche io, con loro.
Metafora di un intero paese!

7 ottobre 2009

Fior di Lodo

Strappato alla radice e pressato tra le pagine della Costituzione.
Che profumo di Giustizia!

Fiore d'Africa

I prati...una metafora, ovviamente.
Sento bene che dalla Cloaca Massima del sistema berlusconiano continua ad arrivare "roba" che nessuna democrazia al mondo potrebbe smaltire, senza sofferenza per gli innocenti...
E' allora che mi metto ad annusare i sali di altri mondi:
il nobel per la Pace per le donne africane.
NOBEL PEACE PRIZE FOR AFRICAN WOMEN: andiamo in tanti sul sito www.noppaw.org
Raccolgono firme per le donne del Continente più abusato del pianeta ma dal cuore grande, femminile, nobile, capace di inventarsi un'altra economia e vita sociale.
Ecco, mi sento già meglio.
Ci sono donne e donne.
Quelle che amano il maschio prevaricatore e lo appoggiano persino per un nobel (ditemi che non sono vere quelle diecimila firma italiane per il Nobel a Berlusconi! Ditemi che non ci sono firme di donne!!!) e quelle che dalla violenza di questo maschio se ne liberano attraverso la forza e il coraggio dell'amore per la propria terra e per il futuro dei figli e del proprio villaggio.
Altri mondi.

30 settembre 2009

A Silvia

Silvia è una donna coraggiosa che si cura per guarire: il cancro è andato a far baldoria pure da lei.
Scrive perché la scrittura porta chiarezza e diventa segno di resistenza e vita.
Chi naviga in rete può andare a trovarla: magari a qualcuno che ama far male con le parole chiedo di cercare altri mari dove andare a pescare, da pirata.
Ma chi conosce la fatica del vivere saprà accogliere Silvia e la sua comunità di lettori.

Sono andata a far due chiacchiere da un trappista.
Gli ho parlato della mia "resistenza a chiamare uomo ogni individuo": dare la mano ai lebbrosi sì ma stenderla agli stupidi no!, gli ho detto.
Difficile amare il nemico e recuperare il suo volto umano.
Difficile resistere alla disperazione che la realtà intorno a noi produce.

Consiglio del monaco:
Non fare come la mosca che va a volare e posarsi sul letame delle cose. Fai come l'ape: cerca il miele! Cerca i fiori!

Sono in giro per i prati, cari amici, per questo non ho tempo, non ho più tempo per farmi uccidere dal letame della storia quotidiana. Giuro che se trovo di nuovo il miele, quel dolce e balsamico dono che spesso ha illuminato i miei ultimi tre anni verrò a portarvelo e ve lo verserò copiosamente sulle vostre labbra...

Oggi, vi regalo Silvia: silviaiovino.blogspot.com
Prendete da lei quello che è necessario per il cammino.
E incoraggiate il suo.

17 settembre 2009

...non sto dormendo

A poche ore dai morti italiani in Afghanistan, decidono di cancellare la manifestazione a difesa della libertà di stampa, di sabato 19 settembre.
Mi prende un sussulto di preoccupazione e scrivo queste testuali parole a Repubblica e Micromega:
Perché rinviare la manifestazione di sabato ? A causa dell'attacco in Afghanistan e del nostro lutto?
In Italia è uccisa la Democrazia e il Diritto: e questo non è un lutto per tutti noi da urlare e piangere in piazza?
Dopo l'Aquila anche l'Afghanistan: ma quel Demonio deve sempre scappare da una porta di servizio?
E già, le disgrazie sono la sua unica fortuna.
Un'altra grande disgrazia, da utilizzare, per allontanare lo spettro delle sue menzogne.
Trovo sempre ipocrita il dolore delle Istituzioni di fronte alla morte dei soldati.
Come se in Afghanistan ci fossero per la pace, come se in pace ci si andasse con i blindati e i mitra.
Mi disgustano già le prossime ore: telegiornali che non vedrò, racconti e interviste ai famigliari dei soldati che non leggerò, una puntata di Porta a porta che spegnerò.
Questa politica della finzione si abbevera del sangue di tutti, anche di coloro che vanno a morire per una guerra che non ha né capo né coda.

Dio, come si sta male a sentire Calderoli parlare di disgrazia su cui riflettere.
Perché sanno riflettere? Sul dolore, sui poveri, sul pacchetto sicurezza, sui morti per mare? Sulla guerra in braccio alla quale sacrificano i figli degli altri?
Perché questi soggetti politici, questi vuoti a perdere, hanno un anima?

Dio, se avessero un'anima ne vedrebbero il suo abisso e non potrebbero fare a meno di vestirsi di sacco e cospargersi la testa di cenere!
Altri morti, altri eroi, altre parole, altre celebrazioni, altre perversioni...
Intanto, ieri, stanca come sono di questa baldoria di oscenità, consolandomi con l'articolo del prof. D'Orsi su Micromega, gli scrivevo quanto segue, in risposta al suo articolo La politica della devastazione (linguaggio che voi conoscete bene):

Gli Ominidi non ci lasceranno dire la nostra a lungo.
Gli Ominidi non ci permetteranno di vivere, sognando un cambiamento, perchè cambiare per noi vorrà dire niente affari per loro.
Nella menzogna hanno costruito una storia di presunta democrazia benché la loro presenza risalga a tempi non sospetti: venti, trent'anni BB. (before berlusconi).
La bugia come destrutturazione della realtà è artificio utile al mantenimento del potere.
La verità è possibile dirla e viverla solo tra gente che non ha niente da perdere: gli Ominidi hanno tutto da guadagnare nel mentire sistematicamente.
Gli Ominidi sguazzano nel disordine e rafforzare lo squilibrio nell'informazione, nel percorso scolastico, nel funzionamento dell'apparato statale, nello svolgimento di azioni giudiziarie, nell'uso delle forze dell'ordine, garantisce uno stato di ansia e panico cronico tra i cittadini, tale da lasciarli incapaci di agire, contrastare, costruire alternative e spingerli al "fai da te".
Gli Ominidi sono i primi "self- made men" al comando e portano rispetto solo per chi è autodidatta come loro.
Non ci hanno permesso di pensare senza seminare il paese di depistaggi, né di indagare senza seminare il paese di cadaveri.
In questi tempi non uccidono, non omicidi importanti intendo: non possono in fin dei conti far fuori venti, trenta, milioni di italiani.
Ma possono seviziare senza darlo a vedere.
Ci torturano con la finzione e il silenzio.
Vogliono farci passare per pazzi.
Far credere ciò che non è.
Gli Ominidi hanno acquisito da corsi speciali dei servizi deviati e della P2 il master di "disturbo antisociale di personalità" e, per missione, vivono in maniera disfunzionale il loro rapporto con il clan, le donne, il denaro, la religione.
Queste persone non sono più identificabili in un gruppo regionale perché il loro esistere viene oggi garantito da un sistema sovranazionale e si possono radicare e riprodurre in ogni realtà umana da cui si ricava, con metodi aggressivi, denaro e potenza e che richiede un curriculum di tendenze maniacali nei soggetti.
Non hanno un colore politico ma indossano il colore politico necessario per mimetizzarsi: possono passare dal rosso, al nero, persino al verde se ciò è necessario al benessere dell'individuo o del circolo e al raggiungimento dei loro obiettivi.
Gli Ominidi stanno perdendo tuttavia la colorazione mimetica e il controllo delle loro reazioni patologiche: ci chiarificano, ogni giorno, la difficoltà che hanno a rientrare nell'"apparenza". Il canovaccio gli sta fuggendo di mano.
Non ci permetteranno a lungo di ridere di loro, di sbeffeggiarli, né tantomeno di organizzarci in truppe di resistenza (provviste solo di Fatti).
Colpiranno in maniera strategica secondo il metodo applicato ampiamente da tutti i regimi: alcune tecniche sono già in corso.
Nel tempo che ci resta prima del riutilizzo massiccio delle loro arti preistoriche, conviene organizzarsi sulle possibilità di salvare ciò che resta di donne e bambini.
Gli Ominidi vivono delle loro carni.
Hanno già divorato il corpo delle donne, trasformandoli in buccie siliconate per manichini a loro servizio ( fondamentalmente gli Ominidi sanno solo masturbarsi! ).
Ai bambini, dopo aver tolto le madri, hanno pensato bene di togliergli le maestre.
Rinchiuse le creature dentro il cottage del mulino bianco, proiettano una storia italiana che non c'è: in verità in quella casa avvengono i peggiori crimini.
Da buoni padri o padrini o papi di famiglia, hanno esperienze in mattanze famigliari.
No, non ci lasceranno altro tempo a disposizione.
Occorrerebbe mobilitare le donne, quelle rimaste in vita con i loro corpi e, soprattutto cervelli, non alterati, affinché attivino un periodo piuttosto lungo di "giornate di lutto collettivo".
Torturata la democrazia, devitalizzata l'anima del paese.
Non c'è più nulla da festeggiare.

Passo e chiudo.
A vederci il 3 ottobre, in piazza.
Se non scoppia la guerra con la Cina.

18 agosto 2009

Amici cari

Il blog è una gran bella esperienza di scrittura e comunicazione.
Tuttavia è necessario fermarsi per un pò e capire se la scrittura stessa spinge a cercare altre strade...o se la strada che oggi voglio percorrere non sia fatta di silenzio e di lettura della scrittura di altri.
In questi anni sono cresciuta anche grazie alla scrittura che mi ha regalato delle relazioni reali, fatte di carne e amore e gli incontri e la tavola con il vino buono, le confidenze sotto le stelle della Sabina, le riflessioni sull'umanità che ci è accanto e vale oro.
Tutto questo è stato buono.
E' stato anche cura e sollievo nella malattia che condivisa ha perso i tratti della disperazione.
Un cuore abitato dagli altri non muore solo.
E' arrivato ogni giorno anche il suono della "guerra" esterna, della peste e dell'infelicità che annega il paese: la resistenza al cancro si è trasformata per me in un atto politico.
Denuncia e lotta, indignazione e libertà dalla paura.
Vivere è impegno a sottrarre se stessi e altri alla deriva della morte e cercare i vivi, ciò che è vivo.
Ditemi voi se non abbiamo gridato abbastanza contro gli zombi che hanno occupato la nostra storia?
Ditemi voi se insieme non abbiamo creato quel famoso "mondo possibile" che nessuna politica di casta potrà mai realizzare?
E infine ditemi voi se non vale la pena sempre di esporsi, giocarsi la reputazione, accettare il rischio?
Anche le parole hanno aperto varchi come dinamite, senza frantumare nulla se non la paura di non essere accolti.
Vi abbraccio e a presto...

4 agosto 2009

Le donne che amano la vita

Quando sono arrivata a Chianciano, qualche giorno fa, mi aspettavo di viaggiare tra colline deliziose e un buon bicchiere di vino Montalcino, da guardare a distanza e soddisfare il palato di J. e dei miei amici: il mio fegato fa quaresima!

E' arrivato come un' inaspettata frescura, in una torrida estate, l'invito dell'Associazione IO SEMPRE DONNA a presentare il mio bloggy-libro - L'Era della debolezza - per giunta stampato non con il loro Editore.
Meraviglia la gratuità con cui si muovono le persone: non avevo da dare nient'altro che me stessa ad un gruppo di sconosciute che rivivono nella mia scrittura un sentiero conosciuto; quando le donne aprono la porta per farsi incontro e braccia allargate nasce sempre un figlio che è la relazione e l'energia creatrice.
Pinuccia, insieme a Luisa, Gabriella, Beatrice, conoscono direttamente e indirettamente la vita capovolta da una malattia oncologica. Invece di piangere in solitudine hanno deciso di innaffiare la pianta della solidarietà: partecipano, con le diverse responsabilità, ad una Associazione che sostiene le donne malate di cancro al seno, nel supporto psicologico, nei gruppi gratuiti di auto aiuto, nell'organizzare il trasporto per le debilitanti applicazioni di radioterapia, in ospedali non a portata di mano, e altro.
Rita, docente di scrittura creativa ha introdotto il senso della scrittura al femminile portando il pubblico all'attenzione sugli scritti miei e di Rosa Noci, con il suo Diario Piccolo: biografia trasfigurata attraverso gli occhi di un bambino che ripercorre frammenti dell'infanzia e ne recupera il mito e la catarsi.
Rita ha dedicato il libro a sua madre, morta di cancro dopo anni di pene e a se stessa, paziente oncologico.
Fa un certo effetto, sentir leggere invece i propri scritti da voci esperte di attori di prosa: Marcella e Stefano hanno commosso leggendo brani scelti da entrambi i testi.

"Io sono la mia strada" e "Farewell my land": i miei due post si atteggiano a seriosi scritti di una persona perbene.
Mi ritengo una scribacchina con un severo, rigoroso, intollerante (verso gli stupidi ) punto di osservazione della realtà e pur sempre un funnambolo improvvisato in bilico sul precipizio delle parole e del pensiero...ebbene, Marcella ha portato la voce al silenzio della carta, voce per un cuore ferito che pulsa, non fa nulla se con danni collaterali, eppure vivo.
Ho pianto sì. La vita, scrive Turoldo, è una tragedia di sole.
Mi sono chiesta perché ero arrivata a scrivere e a ripetere il reato per oltre due anni.

Ero lì per rendere partecipi altri di un' intuizione: il disagio del corpo privato era andato a cercare un confronto con la malattia del corpo sociale, il mio paese infetto e terminale, e a viversi nella metafora il parallellismo tra l'uno e il tutto, il singolo e la collettività, l'uomo e il suo prossimo
La mia cura in comunione con il healing degli altri: parola inglese affascinante che abbraccia corpo e spirito.
Cercare la strada di guarigione nell'intimità della propria storia per gettarla come luce o provocazione sulla vita pubblica, e contaminarla di speranza se possibile e/o al contrario diventare cercatore di oro nel sociale - le associazioni e le ong incontrate, gli amici, le storie di uomini e donne straordinarie che hanno portato solo conoscenza e gioia - e attraverso la loro forza, riprendere il viaggio delle possibilità.
Alzarsi dal tavolo della presentazione e cominciare ad abbracciare tutti coloro che accorrevano per dire grazie, della loro empatia, del loro destino comune al mio, al nostro, ha mantenuto sospeso un cielo di commozione delicata, discreta.
Io e Rosa sembravamo Marta e Maria del Vangelo (la dolce Rosa dal volto contemplativo!) a Betania, nella casa dell'amicizia, dell'umano, del dolore, della morte, ad accogliere e intrattenere le donne piegate dal Leviatano, come oramai ho battezzato colui che finirà per uccidermi.
Sono stata testimone di come lo Spirito abbia fatto il suo lavoro di ricami: è entrato e si è messo a disegnare oltre le parole, un' armonia e un canto di resistenza.
Sì, molta pace, molta accettazione del vero e del reale, senza illusioni ma anche senza disperazione.
Di lì a poco, eravamo tutte sorelle: l'uno e il tutto si erano fusi.
Il cancro è uscito dalla porta di servizio.
Non era l'invitato d'onore.

La scrittura come processo teraupetico ha aperto un capitolo nuovo nell'Associazione. E' così partita l'idea di un Concorso letterario " Donna sopra le righe" di cui vi chiedo di leggere tutte le informazioni sul sito e di partecipare se avete i requisiti per farlo.
La sera del 25 luglio, ho raccolto dalla vendita del libro 130 euro.
Tengo a precisare che saranno versati sul conto corrente di Progetto Continenti - Progetto Awassa, a sostegno delle donne Etiopi e dei loro corsi di formazione (sito in corso di aggiornamento).
Progetto Continenti onlus - C.F. 90010410570 - Segreteria Nazionale viale F. Baldelli 41, 00146 Roma.


La vendita dell'Era della debolezza ha superato le trecento copie: le donne di Awassa ringraziano.
Hanno contribuito alla diffusione e alla qualità della presentazione, gli amati Claudio e Laura con il carismatico Ilario, video e musica e parole per " Liberamente Angela ", sul sito Longway Factory.
Tutto questo per dire, ho incontrato sulla mia strada privata uomini e donne di un'umanità squisita, la generosità e la simpatia di chi soffre e ama una vita reale.
L'Italia, nonostante il percorso terminale, è un paese che ha il cuore ancora vivo grazie alla presenza e l'impegno di migliaia di tipi come loro.

3 agosto 2009

Donne e danni

In mezzo, tra gli interessi di una multinazionale farmaceutica che fattura miliardi con la pillola RU486 e gli interessi della Chiesa Cattolica a boicottarla e con essa la possibile via di una sua perdita di controllo sulla società civile, in mezzo -dicevo- si collocano le donne.

Qualcuno è interessato al loro parere a riguardo?
Intervistano gli uomini piuttosto, sapienti conoscitori delle verità scientifiche e religiose che hanno appreso la "vita" dai libri e dalle macchine.

Può davvero il Cardinal Bagnasco parlare a nome mio?
O l'Industria convincermi che è tutta scienza e non speculazione e gioco sadico sul mio corpo?

Personalmente contraria a qualunque pillola che spadroneggi sul corpo delle donne e che annulli definitivamente nei maschi la responsabilità di optare per una contraccezione che coinvolga i loro corpi e i loro ormoni (insomma, date a loro la pillola del giorno prima, se proprio volete far cassa!), le parole apocalittiche della Chiesa romana mi ricordano con quale tipo di "sacro" ho condiviso una lunga vita.
E nasce in me una gran pena e senso di miseria.

Se non fosse che la materia resti dannatamente seria perché coinvolge i deboli che contrariamente a quanto vada farneticando Bagnasco restano le donne (il feto è parte del loro corpo e un danno al feto è un danno al loro corpo), ci sarebbe da fare spallucce nel sentir parlare di scomunica.
L'utero femminile è un universo su cui bivaccano scorribande di furfanti e del quale si è impossessata a tutto campo la tecnologia, per cui la Macchina ha più da dire della donna.
Noi non sappiamo più niente se non che paghiamo un altissimo prezzo per esserci e per vivere in dignità e libertà.

Dunque si parla di scomunica per chi in sintesi uccida volontariamente la vita in grembo.
Considerando che fuori dalla questione grembo, si può commettere qualunque nefandezza di pensiero e azione e ritrovarsi comunque integrati nell'unico "grembo" che salva ovvero la Santa Romana Chiesa, la scomunica in questo caso suona più come una vendetta che una dolorosa scelta da parte di coloro che devono definire i limiti entro i quali un cristiano dovrebbe muoversi.

Da donna, mi basta osservare le contraddizioni che emergono nella realtà quotidiana per rivelarmi che dietro le parole si nasconde il livore e la misogenia.
Questa Chiesa convive con la pedofilia come se un virus esterno avesse attaccato i suoi tessuti, esposti al contagio a causa della sua misericordiosa apertura al mondo e non piuttosto come se una struttura coercitiva e medioevale nascondesse in sè meccanismi di alienazione che producono cellule impazzite.
Chi scomunicherà mai i sacerdoti pedofili che hanno ucciso l'anima delle vittime?

Questa Chiesa spende e spande a braccetto con uomini della politica e della finanza che si intrallazzano in affari illeciti e evasioni fiscali, ha banche che puzzano di zolfo, nel suo organismo ha una vita nascosta meschina e venduta agli affari, da fare da competizione dall'omertà delle cosche camorristiche.
Chi scomunicherà mai prestanomi, intestatari di aziende off-shore, personaggi della vita pubblica compromessi in giri di soldi e paradisi fiscali e merda varia che uccidono l'economia e i diritti degli uomini onesti?

La Chiesa che dice di amare i poveri, non ha organizzazato i suoi movimenti da family-day per contestare in piazza i decreti sull'immigrazione: dall'otto agosto, le donne immigrate non in regola non potranno più riconoscere i loro figli all'anagrafe, salvo essere espulse, e i figli di nessuno non avranno diritti. Saranno inesistenti. O usati da qualche "utilizzatore finale".
Chi scomunicherà i politici che sognano in "nero" un mondo tutto bianco che continua a uccidere e umiliare il povero, utile solo in schiavitù silenziosa?

La Chiesa ufficiale che ha urlato indignazione e si è stracciata la vesti per un povero padre di nome Englaro, parla molto misuratamente anche se necessariamente con le dovute distanze attraverso i suoi giornali, di un Presidente immondo che ha ridotto l'Italia, insieme alla sua combriccola e ai vigliacchi dell'opposizione, ad un porcilaio e che la pillola RU486 la farebbe ingoiare per legge alle sue Escort per poter esercitare il privilegio di uccidere giorno e notte l'umanità dei loro corpi.
Chi scomunicherà un Presidente che usa il suo potere per umiliare, piegare, negare l'identità delle donne, ridotte a stimolatori del sacro fallo, a oggettini da vetrinetta, collezione di farfalle, battuta da avanspettacolo?

Di quale reato va inorridendo la Chiesa di Bagnasco che parla e chiama all'obiezione di coscienza quando si tratta di "difendere la vita" ma ignora tutti gli omicidi perpetrati ogni santissimo giorno sulla coscienza di un popolo?
Quanto a lungo dovrò sopportare da cittadina e da credente in Cristo una Chiesa che va a letto con il demonio e poi si sgomenta del peccato dell'altro?

Caro Bagnasco, lasci alle donne decidere come portare avanti il proprio percorso, come aver cura del loro corpo e delle loro creature.
Il problema non sono le pillole abortive: il dramma è l'uomo e quello che religioni disoneste gli hanno perdonato.
Io, fossi in lei, impegnerei il fiato per difendere persone vere come Don Diana dai politici dell'infamia e per la cui vita martirizzata nessuno dell'establishment si è tanto accalorato.

Si affrettino ora gli esperti a tirar giù trattati tra Scienza e Fede, dibattiti tra Laico e Religioso: bollocks direbbero gli inglesi.
Vorrei che i maschi si autocensurassero. Per dignità loro. E i vescovi romani in primis.

Se non sei fedele e pronta persino a morire per proteggere l'uomo che è nato, come faccio a credere alle tue parole, Chiesa di Roma, quando ti affanni per difendere la vita ancora da farsi?
Vorresti dirmi che proteggi il futuro dei figli più delle madri?
Che le donne tutte siano incapaci di intendere, di capire nel dolore ciò che è giusto per loro e l'altro?
Allora perché non occuparsi del maschio che in laboratorio sa inventare una bomba chimica e la produce e la mette in commercio con la benedizione dei cappellani militari?
Se ti fossi fidata delle donne, ti saresti interrogata su te stessa e sui maschi di cui approvi, nel silenzio, il potere e la violenza.

Se avessi capito e amato, come Cristo, le donne sarebbero state le tue più grandi alleate.

ps: Un punto a favore della Chiesa, tuttavia, lo devo formulare: la scomunica è applicata, se non altro, alla madre che ha compiuto l'atto e non al bambino.
Per il governo italiano, la scomunica è applicata al bambino di genitori immigrati, escluso dalla società civile e diritti, colpevole di non avere le carte in regola.
Almeno sappiamo chi è più barbaro tra i barbari.

28 luglio 2009

Vagando tra sguardo e pensiero

Ai piedi di Pienza, nella Pieve di Corsignano, ho lasciato una candela accesa: pietra e silenzio, una preghiera che brucia. Ho chiesto tregua.
Solo essenzialità e perfezione, solo alberi e fruscio di ali: nel luogo dell'armonia dove l'uomo ha sposato il cosmo e il divino non si può che lodare, abbracciare, amare.
Torna la meraviglia a fare da ospite nel cuore logoro.
Dalle mura di Pienza, la città dell'Utopia come l'ha sognata il colto e raffinato Piccolomini, si apre una valle mozzafiato, perfetta per un quadro di un Da Vinci.
Nella creazione si è compiuto l'inimmaginabile e non c'è altro da aggiungere al creato.
La bellezza "è".
Come anche la devastazione e la disarmonia, mentre la terra ci scuote e uccide e sbriciola.

Mi passa un pensiero, un guizzo che forse è difficile afferrare e tradurlo in parola ma è come se nell'istante vedessi l'errore, la sbavatura, l'incomprensibile.
Sono partita da una valutazione sbagliata.
Parto sempre da un punto di vista claustrofobico quando poso lo sguardo sui fatti pubblici, osservo il mio paese e le sue deliranti peregrinazioni intorno al niente accogliendo come verità - e quando mai una prospettiva è assoluta - che tutto il discorso umano si compia nella storia e nella sua progressione dei fatti.
E' una chiarificazione che mi viene da Panikkar:
"la storia non ha motivo di essere l'unico orizzonte in cui l'uomo situa le cose!" ( La nuova innocenza).
Credo di afferrarlo questo "lampo rosso" come lui definisce la sua intuizione: c'è caos, dolore frustrazione se guardo alla vicenda umana e storica-politica come una scala in ascesa di eventi evolutivi: dall'impero alla democrazia, dalla mafia alla legalità, dalla dinonestà all'onesta ecc.
Perché se così fosse, sarebbe un andare schizofrenico.
L'evoluzione darwiniana ha confuso le carte: la progressiva elevatura dell'uomo dalla Scimmia al Sapiens e la crescita della sua corteccia cerebrale non definisce proprio nulla sul mistero dell'uomo e del suo cammino.
Ho applicato il processo anche ai fatti, sposando la teoria storica per cui l'umanità progredisce dalla preistoria alla civiltà moderna, dal fuoco tribale alla società tecnologica, dalla caverna alla megalopoli, inteso questo come progresso, nell'illusione che si cresca anche nella giustizia e nei diritti, insieme al cellulare.
Ma forse questo sarà vero per la Scienza ma non per lo Spirito.

Nell'uomo come nel creato ha sempre convissuto la ragione e la follia, la forza e la dolcezza, l'armonia e la brutalità, la vita comunitaria e la minaccia dei più forti e rapaci, la saggezza e l'ignoranza.
Abbiamo definito gli Indios amazzonici involuti e da lì siamo partiti per applicare un idea di uomo e di società che ha portato all'annientamento dei deboli e alla disumanizzazione nell'Olocausto.
Abbiamo confuso il progresso con la crescita delle coscienze.

Così nella società, come per l'uomo, convivono realtà ossimoriche: il bene comunitario e la supremazia del singolo. I molti che lavorano e i pochi che dipendono e sfruttano, l'umano e il trascendente, il tutto e il niente.
Come per la valle davanti ai miei occhi o la bellezza compiuta della città umanistica e la realtà circostante: bene e male, vuoto e pieno, alto e basso, sussistono nello stesso tempo.
E la progressione del tempo come "evoluzione" singola e collettiva sembra non esistere.
Il Tempo "é", tutto insieme, in un attimo nel singolo e nella collettività.

Abbiamo chiamato la conoscenza scientifica la prova dell'evoluzione della Specie e da lì siamo partiti per annientare alberi, animali, uomini per dimostrare a noi stessi il potenziamento della razza umana, il suo essere in "miglioramento". Si può dire questo dopo Hiroshima?
Abbiamo applicato le categorie della Scienza alla Società e alla Comunità, alla Filosofia e alla Storia.
Invece l'uomo sfugge e con lui il senso del suo tempo e del suo spazio...

Sembra esistere solo il tempo presente in cui convivono passato e futuro, lo spazio di ieri e di oggi e di domani, nell'ora e qui: lo confermano i fatti.
L'Italia è il vuoto in cui galleggio ma esiste un paese nel Salernitano, dove il sindaco Amato, di nome e di fatto, ha costruito insieme ai cittadini campani e agli immigrati una società solidale, senza ronde, senza mafia, senza violenza, dove la città dell'Utopia è possibile.
Accanto ai politici cannibali e ottusi del nostro paese, convivono altrove nel pianeta uomini e donne in grado di portare avanti comunità armoniche con politiche ecosostenibili, equalitarie nel genere e nella cultura.
L'America piena di contraddizioni e segni di morte, ha regalato Obama alla modernità, mentre noi ci regaliamo il leghista Selvini che va a Strasburgo ruttando vomito e razzismo contro i napoletani; eppure gli uomini e le donne italiane che non vanno a Strasburgo e che conosco, non vomitano ma parlano e costruiscono con il pensiero.
La grande civiltà italica produce donne-buco per la protuberanza del suo Presidente mentre in India, l'India ridotta a caricatura dagli ignoranti, porta alla luce una donna stimata e temuta come Sonia Gandhi.

Quando una realtà non avviene sotto i miei occhi non vuol dire che non nasce e vive altrove.
Non vuol dire che tutto debba risolversi ora in un unico punto, in una unica compiutezza.
Dunque il male ci sarà sempre.
Come il bene.
Come "i poveri saranno sempre tra voi", annuncia Cristo ai suoi.
Come i ricchi, sempre inceppati nella cruna di un ago.

Il pieno e il vuoto, il vero e il falso.
Un vagare, il mio, di pensieri e frammenti di un discorso sconosciuto, perché non sono una studiosa ma solo una povera persona ridotta al silenzio di fronte alla Meraviglia e all'Orrore: come procedere nella lettura della realtà per non farsi incastrare dall'Irriducibile Dicotomia?
Non a caso ho intitolato così la mia tesi, in riferimento al poeta Rebora la cui lirica soffriva di tutte le contraddizioni. E' un dramma su cui mi interrogo da oltre vent'anni.
I poeti, se ancora avessero voce, potrebbero dare forma al lampo rosso di Panikkar.

Un vagare dunque, il mio, per portare il cuore alla quiete e all'accoglienza della Realtà così come appare: per ritrovare nell'angoscia la speranza.
L'uomo non è finito, perchè lì dove muore, altrove risorge e con lui l'Utopia; lì dove uccide, altrove salva, lì dove odia altrove ama.

Quando tutto sarà ricapitolato in Cristo, scrive San Paolo, ovvero quando ogni uomo e donna e cosa creata torneranno ad abitare un'unica realtà, ricongiungendosi nel punto iniziale senza più contraddizioni, in una dualismo dissolto in un' Unità che l'avrà trasceso - non ci sarà più ossimoro, né giudeo né pagano, né uomo né donna tanto per citare ancora Paolo - ovvero ogni categoria di pensiero, ogni realtà politica, comunitaria, storica, ogni dolore e gioia, tutto superato in un altro possibile modo di Essere, ancora non compreso eppure già compiuto in coloro che hanno appunto trasceso l'umano (Buddha o Cristo e ancora altri), quando tutto questo accadrà per tutti, per tutti ci saranno cieli e terre nuove.

E avverrà nel tempo che "è", nell'attimo, come una folgore, nell'intuizione di una luce, di un bagliore, nell'istante della salvezza che avrà una durata senza ritorno...
E quando e il come accadrà, non mi è dato capirlo.
Benché in alcuni ciò già avviene e l'Eterno é già in atto: "il Regno é tra voi".
Esattamente questa è l'Utopia che attendo e per la quale lavoro perché sia in me, si faccia vera non solo nell'unità di alcuni ma nella frammentazione di molti.

La mia preghiera è che Cristo scenda negli inferi ogni istante così che l'Essere e il non-Essere si fondano in un unico cuore di carne, in un amplesso di vero e autentico e eterno Amore.
Dio, l'Uomo e il Creato, tornino a vivere insieme. Si faccia unità.
Si compia questo in noi.
Si compia nell'irriducibile terra italiana, spaccata a morsi dal Divisore.