31 luglio 2008

Fuori dal branco

Nonostante tutto, sono in pace.
Quando confronto le mie idee e le emozioni con l'uomo italiano che mi passa accanto e mi urla vetriolo con il suo menefrego, basta con questi immigrati, son tutti ladri, stiamo diventando poveri perchè mi devo preoccupare di loro, la sinistra non ha fatto niente, almeno la destra ci prova, almeno questo papa ci salva l'identità se no saremmo tutti talebani *ecc. ecc., ebbene, io sono in pace.
Il mio cuore è innocente: non mi hanno pervertito il cervello. I maestri della manipolazione genetica della coscienza non mi hanno ingoiato quel poco di lucidità che mi resta.
Il male lo vedo, eccome lo vedo: non riusciranno a farmi chiamare bene quello che bene non è.
Solo di questo sono sicura.
Quel rumeno morto di fatica, i due bambini gettati in acqua dalla barca della disperazione, i folli e i poveri che avanzano sulla terra italica degli inefficienti, degli incompetenti, delle pacche sulle spalle e la mano a far le corna dietro, terra di insulti e di sfregio...no, questa Italia azzurra ha un colore di putrefazione.
Non uomini ma zombi si aggirano tra altari e stanze del potere: sono morti. Li tiene in vita solo l'odio. Se non negano l'altro, non possono esistere.
Dietro le loro azioni si svela il vero: sono ombre.
Come per i Pirati della Maledizione della prima luna: bevono vino ma non sentono l'aroma, tengono in mano una mela ma non ne afferranno il sapore. Neppure il corpo di una donna, trattengono. Lo buttano come refurtiva, tra un scranno parlamentare e una televendita.
L'unico colore, odore, spessore che ricorda loro vagamente che hanno emozioni è denaro che puzza di discarica abusiva, di ecomostro, di grande opere, di finanziamenti militari, di fottutissime fortune private.
Da questa realtà, esserne esclusi è un segno di distinzione.
Io non lo voglio uno spazio in questa società.
Cammino in bilico, tra un insicurezza e un'altra, un presente in cui ancora vivo di lusso -mangio, dormo tra coperte morbide, sotto un tetto, -e un futuro in cui non vedo niente. Ma non baratterei niente in cambio per avere la sicurezza degli zombi.
Nel regno dei morti, non ci entro.
Sto fuori a soffrire la civiltà che è stata reale solo nel pensiero platonico dei filosofi: non accetto antidolorifici. I venditori di rosari e viaggi di fuga nell'aldilà hanno fatto contratti a lungo termine con la pirateria ufficiale: le chiese si riempiono, lo chiamano successo dell'oratore maximum. Io vedo la paura: non resta che vendersi l'anima e appellarsi alla speranza di un Dio ammiraglio che torni a guidare il destino degli eletti.
Invece mi tengo l'anima incollata a questo corpo perchè ho bisogno dei suoi occhi per amare, vedere, capire, ciò che è impossibile amare con gli occhi di carne.
Nonostante tutto, a dispetto di tutto, sono felice.
Vivo una felicità inquieta che ha scovato, cercato, dietro le false proiezioni di fantasmi e visioni, il vero, il reale il quale non illude ma libera.
Se anche io avessi una meravigliosa vita di sicurezze, se a me fosse garantita la pensione eccellente e un ruolo di emersione dai fondali dei miseri e dei perdenti, io godrei della pace degli zombi, oggi.
La mia felicità, invece, è sapere di essere esclusa, nell'Italia dei pirati, dall'allegria del loro banchetto.
Mi soffermo sullo sguardo sfigurato di una donna-zingara, amaro e cupo, trascinare il suo carrello vuoto, un gruppo di africani uscire come carcerati dalla fornace di un ufficio abbandonato, il silenzio schiacchiante di mio padre che ha conosciuto il falso benessere e muore svuotato di tasche e di sogni, i miei nipoti ventenni con lavori a progetto: questa è la mia umanità.
Io appartengo a loro.
Gli estranei, i senza terra, i diversi, i pericolosi sono al comando della nave.
La mia felicità è non aver dimenticato la mia identità di essere umano: tra le loro bestemmie e i loro bagordi non ho dimenticato che vivo.
Questa coscienza rode le loro viscere spente: questa consapevolezza dei vivi contro i morti, è il più efficace degli ammutinamenti!

* e aggiungo la vita è sacra, va rispettata fin dalla nascita, e altre ipocrisie

28 luglio 2008

Il mio Se

Se attaccato ad un sondino naso-gastrico ci fosse una Rom invece che Eluana, la stampa cattolica, le Acli, i movimenti neocatecumenali, carismatici, se ne occuperebbero con la stessa passione?
E la politica, si applicherebbe con lo stesso rigore a dichiarare la necessità di una legge?
Se un sondino naso-gastrico suscita tanta mobilitazione dei cattolici, a quanto pare gli unici davvero appassionati difensori della vita, perchè milioni di poveri affamati, sui barconi, nelle strade, nelle nazioni dove mandiamo i nostri cappellani a benedire soldati, non meritano che un low-profile da giornalino parrocchiale?
Se un sondino naso-gastrico è un prodotto scientifico per mantenere in vita una persona e in quanto tale, diventa sacro e intoccabile, perchè gli anticoncezionali che sono un prodotto scientifico non sono stati considerati sacri e intoccabili per la salute di milioni di donne africane, afflitte da Hiv?
Se gli uomini del mondo emancipato, ricchi e padroni delle risorse mondiali, cristiani dominatori sull'intera comunità umana, diventano nostri modelli antropologici, perchè i cinesi che si annegano nel culto delle cose e nell'idolatria del lavoro e del denaro sono considerati marxisti-materialisti, privi di valori?
Se la vicinanza alla Chiesa e ai valori cristiani, dai secoli passati fino ad ora, pur avendo fatto appello alla Verità e all'Amore, ha prodotto società abberranti e violente, perchè la vicinanza all'immigrazione musulmana dovrebbe farci del male e scardinare la nostra identità?
Se ci consideriamo fedeli seguaci di Cristo e della sua profondità, perché non abbiamo portato a compimento una società umana molto progredita e fortemente solidale?
Se non ci siamo ancora convertiti, perchè continuare a credere che allontanando i pedofili e i peccatori riusciremmo a ripulire gli scantinati delle parrocchie? per sostituirli con quale altro reato?
Se non abbiamo costruito ancora una identità libera e matura, un cuore affrancato dalla paura e dal superEgo, come possiamo affidare le nostre anime ad un Papa o un Santo, anche loro bisognosi di conversione e emancipazione?
Se da cristiani predichiamo la pace, perchè chiamiamo terroristi i kamikaze di Bagdad e Nato gli assassini di bambini e donne?
Se vogliamo una società giusta, dignitosa per tutti, amante della vita e dei più indifesi, espressione della carità e della purezza del cuore, perchè seguiamo il parroco in confessionale e poi affidiamo le nostre scelte politiche-civili, la nostra verità alla "merce", alle "fiction", ai "politici" feroci?
Se io sono qua che soffro a guardare la trama della storia con occhi attoniti e rossi di lacrime, perchè milioni di italiani sono impallati con occhi avidi sulle vetrine dei cellulari e sui voli low-cost?
Se io sono sana di mente, possibile che la maggioranza sta andando alla deriva?
Conclusione occulta dei media e di Avvenire: non sei sana di mente, non sei cattolica, non sei occidentale.
Convinciti: non sei!

27 luglio 2008

Obbedire

A chi?
Turoldo diceva: alla verità e non all'uomo che mi comunica la verità.
La verità è una conquista che non finisce mai, è la meta da raggiungere attraverso un lungo e spesso contraddittorio cammino della coscienza.
Sono proprio onorata di proporvi la lettura dell'ultimo quaderno di Servitium.

In tempi mai cambiati in cui la deriva autoritaria e anti -democratica sta togliendo ossigeno alle nostre speranze civile e religiose, questo quaderno di Servitium mi ricorda che molti altri uomini, a cui i media non daranno mai spazio, invece ricercano e pensano e osano, con la lucerna accesa e il cuore vivo...

Il mio articolo, Maria, le donne, il viaggio verso l'obbedienza, lo ritrovate sul sito in pdf
http://www.servitium.it/quaderni/rivista178.asp

25 luglio 2008

Il Passacarte

prima delle vacanze, però, un pò di leggerezza da giullare...
queste strofe sono state ispirate da un post dell'amico Daniele Verzetti
e dalle rime scherzose con cui spesso mi allieta Lorenzo

Il Parlamento della Cuccagna
che ha dei ministri con una garfagna
vive del comodo "ruba e magna"
sordo e avaro con chi si lagna.

Destra o sinistra, chiunque sia
son vecchie tessere di massoneria,
devoti e cultori di Sua Signoria
il grande censore della democrazia.

Son tutti felici di dargli una mano
per lui soltanto è il Lodo Alfano
ma poi ci viene un sospetto arcano
che chi lo firma è come il "nano".

Ormai nessuno si può dire esente,
chiunque abbozza è consenziente,
l'Italia ha un passato, non più un presente,
imbavagliata la Legge e il Presidente.

Ha un lasciapassare per ogni bugia,
il primo ministro della tele-crazia
di parole, esperto, e di nera magia
se dice "munnezza" questa va via.

Se dice "immigrato" questo sparisce
se dice "denaro" non si capisce
annuncia non esserci per scuola e malati
ma lui è più ricco dei ricchi Emirati.

Con lui gozzoviglia chiunque è al potere
fosse ministro o faccendiere
imprenditore o nullafacente,
basta che dica "è il Presidente"!

22 luglio 2008

Cambio di rotta

Dunque il fango è dappertutto.
Travolge innocenti e carnefici, trasborda dalle parole come dalle mani (o dal dito) di qualche folle che il popolo infangato chiama ministro. E da un Parlamento che annega nella "cloaca" in cui vorrebbe soffocare i suoi avversari.
Il lerciume non risparmia più nessuno.
Per molti è difficile comprendere che a forza di vivere nello stesso paiolo si finisce per puzzare tutti della stessa minestra: coloro che delinquono si servono della confusione e del mestolo per disperdersi tra gli odori.
Solo le azioni ci aiutano a capire la differenza tra una parola e l'altra.
La parola ci fa da specchio: è la rappresentazione concreta di quello che portiamo nel cuore. Tuttavia molti di noi hanno solo imparato il linguaggio dei mascalzoni ma le loro mani non sono impastate di affari ingordi, contatti illeciti, potere misero.
L'uomo dalle mani pulite deve rimparare il linguaggio del cuore puro.
Il nostro cuore nutrito per volontà altrui di angoscia va sfamato di azioni credibili e rigorose, autentiche e coraggiose e imbevuto di altri suoni e altre sinfonie. E' così che si attrezza per difendersi dalla rabbia, dal cinismo, dal fango.
Saranno le azioni a rendere la parola più scarna e asciutta, capace di dire l'essenziale e di dirlo con grazia e sarà l'ascolto della natura, dei poeti, delle risate dei semplici, delle lacrime dei perseguitati, a darci il senso della misura.
Non è importante vincere, non è importante avere ragione.
Ciò che importa è aver attraversato questa umana esperienza con un cuore limpido ed essere riusciti nonostante tutto a cantare fino all'ultimo "il sole anche di notte".
Le Beatitudini che Gesù insegna sulla montagna sono il punto di arrivo di questo risveglio.
Beati i puri di cuori, i miti, i misericordiosi, gli afflitti, i perseguitati...
Immersi nell'ondata nera che ci travolge, chiudiamo la bocca per non ingoiare altro fango; nel silenzio la mente e il cuore si parlano di altro e invocano misericordia sul mondo che passa...

" E' il camminatore solitario che va sul deserto di sale, fuori del mondo, fuori della vita, quando tutte le dimore umane sono crollate e si ode, proveniente dall'orizzonte di notte, il suono terribile e grave del tremore del caos-il cielo ne è scosso. E va il pellegrino dell'impossibile, costruendo, passo dopo passo, la Via..."
Maurice Bellet - La Via - Servitium

13 luglio 2008

Sangue nostro

Tutti coloro che hanno coscienza e esperienza dell'applicazione dei principi di libertà, democrazia, diritto sanno in cuor loro che la manifestazione dell'8 luglio raccontava solo verità.
Il buon gusto e le belle maniere che sono venute meno nel linguaggio di alcuni protagonisti, per dar vita a iperboliche rappresentazioni del fango in cui viviamo, sono la prova dell'esistenza del fango di cui parliamo.
Il soggetto è il fango.
Se ne può discutere dal punto di vista tecnico- scientifico, socio -economico, storico- politico. O si può come i bambini dire semplicemente: che schifo!!!
La Guzzanti ha fatto più o meno così.
Da adulta e madre quale sono, mi viene spontaneo darle uno scappellotto e riportarla ad un comportamento più appropriato, ma da adulta e madre quale sono, sobbalzo alla vista delle sue mani sporche e del suo vestito imbrattato. Io so che la mia bambina ha ragione.
Il fango fa schifo.
Piuttosto che inviare la Guzzanti ad un centro di riabilitazione per disfunzioni comportamentali, avrei ripulito l'ambiente dalla sozzura, versato inchiostro per imbrattare la coscienza dei papa e dei re che siedono sul nostro corpo morente. I giornali si occupano dei bambini invece che dei crimini degli adulti.
Lo stilnovismo di Veltroni non è servito a nulla: le parole svuotate da comportamenti non più credibili, e da scelte personali, private e pubbliche che non si fanno incarnazione delle parole annunciate, non sono che soprammobili demodé, buoni per la tavola di una vecchia zia.
Il vecchiume stenta ad andarsene.
Ad un bambino si insegna a non toccare il capodimonte che ricorda la zuppiera della corte di Versaille e a sedersi composto sul divano, su cui troneggia un poggiatesta fatto a uncinetto, inamidato come morto.
La sua vitalità, la sua energia riversata sul mondo da esplorare, il suo diritto di esprimersi, sono insignificanti di fronte alla riverenza che è chiamato a fare nella casa imbalsamata delle relazioni opportune.
La vecchia zia ha i soldi, potere atavico, una cospicua eredità: educhiamo l'anima a prostarsi per convenienza.
Ma in questa farsa da Arsenico e Vecchi merletti, le beghine si coprono il volto e gridano lo scandalo della polvere sul tavolo mentre fingono di ignorare che nella casa degli orrori, tra un Lodo Alfano, un Lodo Bolzaneto, un Papa incistito sull'etica della vita eppure estraneo alla "vita", qualcuno chiude cadaveri nell'armadio.
Noi fermi a guardare gli intarsi, lo spessore degli assi, la qualità o meno del legno: dagli stipiti scivola non visto il nettare dei vampiri.

8 luglio 2008

Perfetta letizia

Più che da soldato, attrezzato per combattere contro, per resistere contro il nemico, il mio personale nemico che è il cancro, o contro il fallimento o la noia di un paese che muore, più che armare la mente di un linguaggio da mercenario o da terrorista, vorrei agire come un'amante e sedurre con la vita ogni forza distruttiva, in me e fuori di me.
Parlare il linguaggio di un amore potente e non più timido, virile e caparbio che sa fiorire nel deserto, con poca acqua, e dalle radici profonde.
Scrivo da un residence lombardo, dove vive il mio uomo, compagno che non seguirò quest'anno perchè c'è ancora una domanda a cui abbiamo scelto di rispondere, prima di ogni irriversibile decisione: ma davvero vivere è seguire il vortice del lavoro/casa/futuro e non piuttosto fermarsi e riflettere, lasciar scorrere le ore, attendere che la fiducia ci porti sorprese? Soffriremo la separazione per un altro anno. Ci diamo tempo: il seme piantato nelle nostre coscienze maturerà e porterà a scelte giuste.
"Vivi dunque l'attesa dell'inatteso con regolarità e perseveranza, anche quando scende la notte, come il pescatore di perle, senza stancarti...la perla di grande valore è nascosta profondamente"
(Paramananda)
Torno a scrivere per amore.
Poche righe, ma tutte bagnate di rugiada di prima mattina e le racconto di sera, mentre un piede fratturato in un Abbazia dell'anno Mille per cercare la pietra della principessa Teoperga, mi costringe all'immobilità, in mezzo ad una tangenziale e ad una gru: perchè questa è la smorfia da trasformare in sorriso, la mediocrità da imbrattare di allegria.
Appena una settimana fa ero seduta ai piedi di un faggio: con la schiena appoggiata al gigante frondoso, nelle prime ore dell'alba, ho visto un grande cervo attraversare il giardino. Muscoli tesi e portamento regale. In Valtellina, non lontano dallo Stelvio, è tornata a cantare la creazione che muore di abbandono nella città tritata dall'ansia e dal guadagno.
Faggi, lecci, castagni e pini: erano schiere di angeli.
Maestosa ogni valle, pendio, profilo di montagne, cascate di torrenti...acqua fredda da urlo liberatorio e limpida da bere.
Non sono stata che un menestrello alla corte del re, nell'atto di inchinarsi e cantare ciò che gli occhi hanno visto.
C'è ancora di che meravigliarsi, tanto ancora da scoprire e di cui essere contenti.
Nè il cancro, nè le berlusconate, nè la perdita della roba, nè la frantumazione dei progetti potranno strappare alla coscienza e alla memoria la luce impazzita di un girasole, la bellezza della vita che passa in un bagliore regale, regina, splendida...prima della caduta!