6 febbraio 2008

Un sogno dall'ovest

Si può restare a letto, dieci giorni, completamenti inebediti dall'influenza e dalla scarsa volontà di alzarsi e riprendere i ritmi quotidiani. Affossata tra materasso e coperte, in evidente stato di trascuratezza e pigrizia depressiva post febbrone, ho preferito per giorni e giorni trascorrere le ore a guardare il cielo dalla finestra e godermi il vuoto di idee e desideri in cui il cervello è sprofondato inesorabilmente senza più stimoli. Dovevo lasciare al virus il tempo di fare il suo percorso e dare sfogo alla sua volontà di battermi e all'anima di svuotarsi delle ultime traumatiche esperienze collettive di crisi di governo e della fiumana di parole che ne è seguita nei giorni allagando radio, tv, stampa.
Finalmente, ieri sera, sono riemersa. La condivisione del sogno americano, l'attesa della scelta di un grande paese di eleggere come suo presidente o un uomo di colore o una donna, comunque una scelta rivoluzionaria, mi hanno ridato allegria: da anni ormai, le elezioni americane me le sento sulla pelle e portano con loro disperazione o speranza ma mai indifferenza. Il tempo dei prepotenti, degli ignoranti, dei petrolieri dollarosi, dei guerrafondai sta per scadere: sebbene l'America resti un paese conservatore pure tra i democratici, con un esercito sempre pronto a partire, con la pena di morte che ancora non scandalizza tutti gli americani, con l'ossessione teodem della famiglia e di Dio, oggi può cominciare a parlare un nuovo linguaggio più responsabile e contemporaneo, meno yenkee e da farwest e più politico, attento alla salute pubblica, alla povertà delle famiglie, all'ambiente. Mi mette allegria sapere che quest'aria nuova non può non oltrepassare l'Atlantico e mettersi a correre anche dalle nostre Alpi in giù.
Mentre il mondo cambia, sarà davvero possibile che gli italiani vorranno morire schiantati sul cadavere dell'immortale Cavaliere, come lo definisce Lerner, ormai imbalsamato e in perenne imitazione di se stesso? Mentre nuovi volti appariranno sui giornali di tutto il mondo per narrare come avanza la democrazia altrove, gli italiani ameranno contemplare per il resto dei loro giorni i fatti privati della famiglia Mastella, la loro vita inutile diventata così essenziale per la storia da occupare ogni spazio infinitesimale dell'informazione, con lo stesso gusto morboso e perverso con cui seguono la vicenda giudiziaria di Rosa e Olindo, i mostri che meritano non so perchè di essere chiamati per nome come tutti gli eroi negativi che nutrono gli incubi degli italiani?
No, non accadrà, qualcosa della rivoluzione americana cadrà come polvere di stelle sulla nostra storia di atavica mediocrità: come l'era bushana ha rafforzato in termini devastanti la sicurezza di un centro-destra tronfio e arrogante che si è illuso di pesare sulla storia e difatti ha pesato con leggi ad personam e con adesioni servili alle guerre di altri, così l'era che verrà non potrà non rilegare in un angolo come obsoleti i replicanti che stanno per invadere le strade con cartelli pubblicitari e propagande ormai stracotte, con promesse che promettono solo la loro sopravvivenza e la nostra morte civile.
Ma davvero gli italiani, in tempi di rinnovamento americano, vogliono tornare a vivere come ai tempi di Brezenev, con la stampa sovietica di Fede e Vespa, con le televisioni moscovite-lombarde piene di musica e ballerini, con l'apparato corrotto e affetto di concussione e evasione fiscale, malattie altamente contagiose che hanno decimato la classe dirigente italiana e i loro parenti e affiliati, praticamente tre quarti di questo paese?
Davvero gli italiani vogliono passare il resto dei loro giorni affidati a Padre Pio e a Mamma Rosa che dal cielo ci protegge contro Prodi e la sua capacità matematica di fare bene i conti e risistemare le casse?
Forse è opportuno non guardare più la televisione. Non siamo americani, non godiamo della libertà di stampa. In televisione, si è già decretato che a vincere sarà Berlusconi. La televisione ha deciso quale madre devo rimpiangere e a quali funerali devo partecipare: inoltre, di tutti i fatti importanti e seri della vita, solo quello che avviene nell'insignificante terra di nessuno è ciò che davvero mi riguarda: i veri signori sono loro e hanno divorato l'informazione.
Facciamoci coraggio: snobbiamola. Per questi prossimi mesi prima di aprile, non accendiamo la televisione. Guardiamo il tramonto, che è meglio, e apriamo un buon libro. Non sarà il salotto di Vespa, di Ferrara, o altro a convincerci chi dobbiamo votare.
La maggioranza di noi ha già scelto.
E sono certa che un buon numero guarda ad Obama e pensa ad un governo italiano di gente competente e immacolata sul piano giudiziario, non per autoassoluzione con leggi apposite, italiani con una coscienza collettiva evoluta che ancora sono in grado di sedersi sugli scranni del potere e abbracciare la storia del paese. Non sono qualunquista e non sono una grillina destrutturalista: per tre persone pulite non distruggerò tutto il Parlamento! E diamine ancora c'è gente tra questi per i quali, ad aprile, varrà la pena non gettare nella latrina la scheda elettorale!