Tra pensiero, scrittura e dialogo
Succede spesso che i miei post non siano dei pensieri consegnati al video in forma perfetta o conclusa; scrivo di getto, nell'irruenza delle emozioni, pubblico e poi ci ritorno su per rifinire -talvolta anche nella sintassi- un contenuto che mi appare sempre incompleto.
Rifletto da lì a poco che avrei dovuto chiarire meglio per correttezza verso il mio pensiero inesperto che sta cercando di crescere insieme alla scrittura. Allora aggiungo e riformulo frasi che mi sembrano più idonee a ciò che di fatto intendo: capita così che voi vediate on line un processo di elaborazione che in forma cartacea sarebbe nascosto a tutti.
Chiedo scusa ai lettori per questo ma davvero vivo la pagina on-line come luogo libero di espressione, spazio esclusivo dove penso e scrivo ciò che voglio, in cui non esiste nessun'altra legge che quella di giocare con la propria libertà di dire e non dire, pubblicare o eliminare. Cancello spesso il superfluo e aggiungo lì dove vorrei chiarire meglio a me stessa ciò che vado esponendo e l'aspetto buffo di tutto questo è che non riesco ad avere visione dei concetti fino a che non sono stampati per bene sulla pagina e soprattutto, tragicamente, fino a che non li elaboro sul computer: non riesco più a far emigrare idee dalla testa alla penna.
I tasti mi sono congeniali.
Sono anche affezionata a quello sfondo azzurrino che accompagna i post e mi sento rassicurata dalle voci dei link che mi accompagnano. Una esperienza paradossale: scrivo in casa in solitudine sapendo di non essere sola, sento sulla mia pagina lo sguardo fiducioso e tollerante di chi come me fa esperienza della scrittura, ognuno a elaborare il proprio pensiero e la propria storia eppure non chiuso in un mondo autoreferenziale ma in contatto costante, aperto, senza urto, semmai in risonanza. Ogni giorno apro la finestra sulla scrittura di altri e so che loro vengono a me con la stessa simpatia umana: non credo che riuscirei più a chiudermi in una stanza con fogli di carta.
Il mio pensiero vive anche di energia di altri ed è troppo poco nutrito e espanso per poter bastare a se stesso.
Scrivere un post è pensare e dialogare: c'è sempre qualcuno che poche ore dopo, o giorni, invia un segno di ascolto, di passaggio sulla pagina e allora le poche righe nate dalla "pancia" assumono una loro corposità e con l'aiuto dell'altro si definiscono meglio, acquistano una "testa".
Le riflessioni sull'enciclica di Benedetto XVI, per esempio, sono state scritte dopo lo sfoglio delle 25 pagine on line riportate dai giornali; non hanno nessuna pretesa che raccontare quali corde mie siano state toccate dall'idea di un vecchio papa che si mette a scrivere sulla speranza, a partire da un castello di idee impossibili da smontare, chiuso, sigillato nella fortezza delle sue convinzioni.
Ed ecco che arriva la telefonata dell'amica e la sua risonanza mi emoziona:
"perchè non hai scritto- mi dice- di Joseph e Roberto?..."
"Roberto chi? dico io..."
"Benigni, mi risponde, un confronto tra un teologo e un poeta che parlano di speranza e amore in modo così diverso, teorico e scolastico il primo, appassionato e travolgente il secondo".
La mia amica Paola aveva visto, come me e tanti altri, il canto V dell'Inferno prendere vita dentro il corpo del buffone, di quel grande joker di Benigni che per spiegare il verso "Amor, che nullo amato amar perdona" cita il passo del Vangelo in cui Gesù è toccato dall'emorroissa, ovvero dall'amore e dalla fede di questa donna e dunque non può non voltarsi, richiamato com'è dalla potenza di questa forza: forza che lui stesso dona, tant'è che è sufficiente sfiorarlo!
Può un comico dire la più sublime delle bellezze e convertire subito il cuore a quell'Amore adorante, senza essere passato dalla Gregoriana? Cosa colpisce di colui che parla di speranza e umanità e amore eppure non ha altro che la passione per la letteratura, l'arte e la sua donna?
Colpisce proprio la carnalità della persona: quando Benigni parla in versi endecasillabi dell'amore cristiano, chi lo ascolta avverte che l'uomo ha "soggiornato nel fuoco dell'amore di Dio" per riprendere la citazione di Weil.
Ecco dunque la propagazione del pensiero...parlare con Paola mi ha riportato al femminile, alla donna che intuisce Dio e come tale tocca il cuore più di qualunque testo ben cesellato e consegnato agli annali storici. Rafforza in me la convinzione che ognuno può dire la sua in fatto di fede e di speranza ma è credibile solo chi è stato attraversato dalle cose terrestri, chi si è fatto uomo tra gli uomini. Leggiamo ancora Dante infatti, oggi. Non so se un giorno, qualcuno declamerà mai una enciclica!
Eppure quella compassione che il poeta-comico è riuscito a rivivere e che Dante ha sofferto attraverso la poesia e la vita, è la stessa compassione che ho provato, ieri, per l'uomo-papa, solo nel suo club di salvati, mentre accusa il mondo "fuori" di aver agito contro i diritti della persona, mentre affonda ong come Amnesty International per salvare le sue di ong cristiane, la scienza, le idee libere e laiche, ma che mai con lo stesso rigore guarda alla Chiesa per chiedersi dove fosse mentre il mondo occidentale, benedetto dai suoi vescovi, scorazzava qua e là a far vittime.
Questo è il blog...movimento di pensieri che si intrecciano, da cui nascono riflessioni talvolta così incisive da chiederti una sospensione, un'attimo di tregua, per rivedere le tue scelte, per chiarire le tue appartenenze.
Scrivere allora è diventato un modo per tracciare un sentiero a se stessi, per raccontarsi dove si vuole andare e cosa si vuole raggiungere. Un grazie a Paola, alle donne sempre piene di forza creativa, agli uomini cari che lasciano uno sguardo di madri su queste pagine semplici.
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