Avvento
L'enciclica di Joseph mi ha lasciato senza amarezza.
Ho provato al contrario un tenero sentimento di compassione per l'uomo, un ricercatore tra parole e testi sacri, anche lui, della speranza.
Mi sono scivolate giù dagli occhi le stesse squame che rendevano cieco Paolo e ho visto non certo Dio ma la ferita che ogni persona porta sul costato. Ma forse quella è il Suo vero volto.
Anche un Papa è in cerca di risposte sebbene per investitura è obbligato a scrivere che ne abbia trovate e che ne sia sicuro. La sua risposta è consolazione per molti in tempo di bufera, aiuta a definire la strada e somministra una cura per quella malattia cronica del dubbio e della confusione che a me appaiono invece sempre passaggi necessari e obbligati per crescere.
Tuttavia anche lui avrà il suo vuoto, il suo conto che non torna ma non dice e consegna nell'intimità al suo Dio.
Ed è giusto interrogarsi da parte sua a partire dalla Parola, dai testi dei Padri della Chiesa, dagli esempi dei santi che nello sgretolamento della Storia privata e collettiva hanno trovato, nell'annuncio che Dio li ama e li attende, la loro speranza. E' tutto in apparenza molto bello, nitido, pulito come i lunghi corridoi dei conventi con l'odore di quiete, e tutto così semplice. Dio c'è, ci ama, Cristo è la salvezza. La strada è tracciata ed è unica nell'infinito spazio delle costellazioni. Invece io resto sgomenta, con una domanda sulla punta delle labbra: perchè dovrei credere senza sperimentare?
Lo vedo riporre la penna nel calamaio d'oro e chiudere le pagine dense di pensiero con la calma di chi è supportato da secoli di storia e di voci che confermano la sua analisi.
C'è tutto il mondo laico, fuori da quegli scritti, un mondo non cristiano che risiede altrove, l'infinito numero di chi non ha risposte e a cui il nome di Gesù non ha cambiato la vita.
E' una provocazione troppo forte da sopportare: come definire l'altro, l'escluso, colui che deve convertire e richiamare all'attenzione piuttosto che imparare ad ascoltare e fare silenzio per comprendere? Meglio annunciare con convinzione e magari anche con gioia sincera che si è trovato un tesoro nascosto da svelare al mondo e ignorare invece che il mondo può aver trovato altre perle e altri tesori che risuonano dello stesso annuncio e della stessa gioia?
Ed è qui che il mio pensiero si arresta. Ed è qui che si inceppano le mie certezze e mi incammino su un sentiero più sconosciuto di quello sicuro e "luminoso" raztingheriano.
Cristo è l'uomo rivelato, nella solitudine e nella fragilità, nella grandezza e nella morte, nella fede e nel dubbio dell'abbandono. Ogni uomo fragile è Cristo e l'umanità tutta è luogo, epifania della divinità, quando cammina verso la sua realizzazione, la pienezza del suo esistere che è amore, donazione, canto, amicizia, tenerezza, infanzia. Nient'altro esiste se non questo: la storia passerà, i culti, le religioni, le parole. Resterà il volto di chi si è alzato da terra ed si è lasciato trasfigurare da una vita d'amore.
E l'amore non lo si insegna: si vive, è fatto di carne.
E il segreto dell'amore non appartiene ad un gruppo, ad un popolo, ad un secolo: è conquista e patrimonio di ogni persona.
E la speranza nella vita presente e nella vita che verrà? Per me è racchiusa nell'impegno di chi -ora -cerca, si interroga, rischia sulle strade della giustizia e della verità e consegna al futuro una nuova strada da percorrere per la realizzazione del Regno, che c'è e che non è mai completato. Quanti uomini e donne nel mondo portano questa luce, senza appartenere alla mia stessa fede? Spesso senza sapere di essere divini?
Comunque sono proprio le ragioni di libertà, e l'ascolto di altre fedi, che mi spingono questa sera ad abbracciare Joseph e tutti gli uomini che respirano con me su questa terra e che come me oltre tutti i contenziosi, le analisi, le passioni, le ambiguità, disperano d'amore.
Non potrei attendere il Natale se non credessi possibile di attendere proprio lì, nella povertà di se stessi, la grotta della propria nudità, tutti gli uomini, tutte le ferite, tutte le storie, tutti i tentativi, i percorsi, le risposte che non sono che balbettii di fronte all'immenso.
"Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio ma dal modo in cui parla delle cose terrestri, che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell'amore di Dio" (Simone Weil)
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