13 luglio 2007

Roma e dintorni

Il fatto che a Castel Gandolfo, sventoli la bandiera dei DS, non vuol dire che finalmente siamo approdati nel paese della cuccagna!
Il viaggio da Ponzate Soratte in giù è stato un viaggio doloroso e rancoroso che fa desiderare l'arresto e la deportazione in massa delle giunte comunali! Se si vanno a studiare gli annali dei Comuni si apprende che abusivismo e speculazione edilizia selvaggia hanno fatto scempio nelle aree dove ha sventolato per decenni bandiera bianca-rossa.
Passando per le strade periferiche della Roma sciatta e sporca del duemila, leggo la scritta: Veltroni servo di Caltagirone! Non se se il responsabile sia solo Veltroni, ma certo il cemento ha mangiato le strade e la vita della gente qui come altrove.
Tuttavia non è la bruttura, nè lo sporco, nè gli escrementi dei cani disseminati sulle vie a inquietare la mia ricerca.
L'impatto con la città e il girovagare nella provincia in cerca di casa è stato un colpo al cuore: dentro al sud, c'è un altro sud come una spirale che sprofonda all'infinito e assume un volto sempre più cupo e alienante.
Dalle strade emergono come figli dell'asfalto la moltitudine di rom, rumeni, e gente mutilata di arti che vive presso i semafori, i tram, vicini ai cassonetti della città a frugare tra i nostri rifiuti: immagini da brivido che ricordano il Brasile e le favellas.
Ho attraversato in lungo e in largo la Flaminia, la Salaria e mi ha scosso l'umanità ferita che le abitano, non più di notte, le lucciole, ma in pieno giorno e nel pieno degrado di se stesse. Chili di carne in vendita sull'asfalto, nella sovrana indifferenza, mai un' auto dei carabinieri in giro a disturbarne il commercio! Mi aveva colpito anche via Zara a Milano, e la stazione centrale, nelle ore serali mentre mi recavo a raccogliere uno stanchissimo marito pendolare; tuttavia il numero di "prodotti" in vendita nella capitale è oltre l'impensabile e alle dieci del mattino!
Sembra una Roma che non ha più altro da offrire che sacche immani di povertà e solitudini; intorno al Colosseo dove ho portato le ragazze per una passeggiata domenicale non ho visto gli americani della dolce vita e i giapponesi in gruppo ma centinaia e centinaia di volti nuovi dell'est e tanti sguardi non più di turisti appassionati dell'arte e di cianfrusaglie dei venditori ambulanti, no, semmai volti di emigrati in cerca di connazionali e di uno spazio aperto dove sostare che non fosse la stanza che condividono in cinque!
Ho provato pena e senso di esclusione: la bellezza della Roma storica strideva con quei volti che parlano di altre povertà, lontani dalle nostre emozioni e dal nostro sentire, e anche io stridevo tra loro come se non avesse più senso stare lì a contemplare una bellezza estetica, squarciata dal dolore degli uomini. Più avanti il richiamo alla mostra di Cezanne, presso il Complesso del Vittoriano, sembrava un inutile tentativo della città di darsi un tono: Roma, mi è apparsa lontana dalla realtà crudele che lei stessa ospita e sfrutta e abbandona a se stessa.
E' un divorzio ancora più evidente tra la gente chiusa negli appartamenti e nelle sue cancellate e il mondo del sub-umano che ieri si chiamava drogato, ladruncolo, oggi si chiama albanese o rumeno pronto ad aggredire ad ogni occasione, negli appartamenti, nelle auto, nei negozi. Così i vicini di casa raccontano, ieri o l'altro ieri, ogni giorno una nuova aggressione, un nuovo furto e la separazione tra noi e loro si fa più acuta e più violenta. Ma è solo un escamotage per raccontare a noi stessi che la colpa è di altri, pur di non dire che siamo incapaci, imbarbariti, inetti a gestire un paese e l'educazione di un popolo, il nostro: nel frattempo io non trovavo un affitto senza che il proprietario italiano, conniventi le agenzie immobiliari, non mi chiedesse una cifra delinquenziale e di pagare in nero; nel frattempo per ore sulle strade dell'Appia, schivavo moto e auto criminali guidati da gente romana e incontravo, ogni giorno sia all'andata che al ritorno, catene di incidenti e tamponamenti! Sì il degrado attraversa ogni esperienza e il rumeno che arriva finisce come per vivere ciò che noi siamo: un popolo allo sbando.
Il lago di Castel Gandolfo viene ad essere per me l'ultima illusione di tagliarmi una fetta di bellezza dal quadro decomposto della materia umana, sebbene dovunque la Città eterna irradi il suo nuovo volto deforme e dovunque ci sia un mondo in trasformazione che ha perso la direzione e il senso del suo umanesimo.