6 giugno 2007

L'amore in tempo di menzogne

Certo non c'è migliore esorcismo in questi tempi di parole false e messaggi subliminal-criminali che far vivere nel proprio piccolo parole più pulite possibili e autentiche.

Le nostre parole siano la chiarezza e la semplicità di chi non ha più maschere.

Diamo a Cesare quel che è di Cesare: ovvero il potere, la vanagloria, la certezza di averla fatta franca sempre, l'adulazione della massa, il gioco dietro le quinte.
L'eversione si traveste da guida carismatica e invita allo sciopero fiscale e intrallazza amicizie pericolose con i generali e colonnelli i cui privilegi sono intoccabili in un paese specializzato nel culto del "sacro": dall'immaginetta dei padri pio fino ai diritti dell'oligarchia e del clero.
Il grande errore di chi si illude di essere diverso è quello di non rompere con il modello di potere adottato sempre da chi comanda: la menzogna.
Abbiamo succhiato il latte da secoli dalla Santa Sede che ci ha abituato ad essere -come scriveva da qualche parte Montanelli- fedeli invece che cittadini, quindi fedeli all'occulto e al nascondimento nei confessionali ma mai responsabili della res-pubblica. Quindi la verità non si può dire a voce alta e non si dice da secoli; quindi io morirò e non saprò mai chi è il mandante dell'uccisione di Moro, di Calvi, di Falcone, di Biagi, di Calipari e via si seguito nei mille delitti senza trama.
Poi se la verità non la dice neppure la Chiesa che va a raccontare al mondo di quanto è contento il Brasile di essere cristiano e poi torna in Italia solo per difendersi dall'accusa di aver protetto se stessa e le sue cellule malate a danno di innocenti , bene allora il quadro si fa molto chiaro: la parola dell'uomo è consegnata all'abisso del deforme e del bugiardo.
Si illude chi crede di potersi sottrarre dalla materia malata e infetta dell'umano e di poterlo fare opponendo al menzognero il verosimile.
La verità è ben altro: chi la dice, in Italia, viene ucciso o lasciato morire nel dimenticatoio.
Chi la pronuncia sugli altari, fa la stessa fine: da Romero alla Teologia della liberazione, al Concilio Vaticano II, agli scritti di Papa Giovanni.
E' spettacolare questo cammino parallelo tra degradazione religiosa e degradazione politica-civile: difficile capire chi ha cominciato per primo o forse vanno a braccetto dai tempi non troppo lontani in cui nera era la tonaca e nero il vestito del balilla!
Chissà, io non c'ero, così raccontano i libri di storia "comunisti" ma oggi vedo e non mi servono i "comunisti" per capire dove è andata a infilarsi la bestia!
Non pretendo lucidità e consapevolezza da chi è invischiato fino al collo nel raccontarsi storie per credersi innocente e nell' alterare la realtà in una schizofrenia da sindrome bipolare -come la storia delle schede elettorali che ogni tanto torna a galla dal paiolo di m....(bip) che da anni cucinano individui senza scrupoli -invece la pretendo e la esigo da chi a livelli trasversali si è fatto rappresentante di una cultura di opposizione al potere.
Non pretendo neppure che la Santa Sede si trasformi in un luogo di compassione e carità perchè lì dove girano i soldi, nelle banche e negli organismi e negli istituti amministrati dai vicari di Cristo, la compassione e la carità sono tutta "poesia", tanto per citare l'uomo della Provvidenza così amato da Don Verzè.
Invece chiedo e supplico tutti coloro che vivono nel nascondimento il disagio e sentono il puzzo delle malefatte delinquenziali delle grandi star del momento, di alzarsi con dignità da quella posizione supina da schiavi e di guardare a questo paese con l'occhio dell'amore e della giustizia.
Non arrendersi significa non consegnare al ventre tutte le emozioni e le scelte ma riappropriarsi della capacità critica e analitica del proprio cervello per capire che siamo vittime consenzienti di un mucchietto di balordi.
Come liberarsene?
Si inizia da se stessi.

(Il riferimento al Brasile è da trovare nella lettera ultima n 122 pubblicata nel sito di Masina)