Il dolore del mondo
I giorni trascorrono tra cure e tentativi di ripresa.
J è tornato a casa definitivamente e, fuori dai meccanismi dell'aziende italiane dal merito sempre soggetto a "oscillazione di casta", si gode la famiglia e la grazia di essere tutti insieme, vivi.
Ha un lavoro da inventarsi, nuove frontiere dove traghettare la propria immaginazione.
So che ce la farà: è dotato di forza di vivere che sostiene la capacità di portare il peso della nostra storia.
So che potremmo affondare come il barcone degli "avanzi" che il mare inghiotte da tempo.
Ci aggiungeremo al miliardo di Darfur, ai cinquantamilioni senza lavoro stimati dall'Onu: la nostra felicità sarà sempre cosciente della scure, dell'ecatombe che si abbatte sui popoli.
Le ragazze crescono tra autonomia e bisogni di certezze: le guardo, con orgoglio, costruire il lavoro quotidiano nella "scuola che non c'è", in ambienti di grande arretratezza culturale e di metodo, tra adolescenti che non coltivano sogni e non allungano sguardi oltre il video, tra adulti senza fantasia e passione civile.
Sono acerbe ma attente osservatrici del mondo degli androidi chiamati comunemente "adulti".
Stanno imparando a riconoscerne i corti circuiti.
A loro va spiegato ora che il mondo sta male e non c'è chi gli porti consolazione.
Le Banche, a braccio con la Politica, sono fuggite su un'isola dei Caraibi con il bottino.
Milioni di poveri e poveri in arrivo restano attoniti e imbrigliati nella paura, con le pance gonfie e le tasche vuote: i più deboli muoiono senza rumore e quelli che hanno ancora i denti per mangiare affilano la lama della loro disperazione.
Dal mare che sputa cadaveri potrebbero emergere di notte gli incubi dei ricchi, asserragliati nelle loro improbabile certezze: nessuna isola è così inattaccabile!
La Terra e le sue risorse non sono all'ordine del giorno.
Mentre il Capitale copre le testate giornalistiche, nè l'Acqua, nè il Cibo, nè le cause reali della Povertà trovano spazio tra i big della comunicazione.
Arriverà il tempo in cui i poveri mangieranno Wall Street! E sarà cannibalismo!
Devo spiegare alle mie figlie che il pianeta è piccolo e non c'è via di fuga.
E' finita la speranza dei codardi di allontanare con un solo gesto infastidito la verità di come stiamo invecchiando male: il "virus" non è solo americano, l'orrore non abita solo nella realtà afghana, la fame non è solo africana.
Il virus è "l'uomo ingordo" che abita in qualunque parte del globo e si allea con i suoi simili per sopravvivere, sul corpo dolente del mondo.
Il nostro paese è a letto con l'influenza virale fin dalla notte dei tempi post-fascisti.
Eppure l'agitazione che traballa i Mercati dovrebbe entrarci nell'anima, per richiamarci al significato più alto del nostro esistere: non releghiamo nei conti in banca la nostra ansia di vivere!
C'è molto di più in gioco: "non di solo pane vive l'uomo".
E' l'occasione, forse l'ultima, di un progresso autentico dell'essere umano: che il virus si porti via l'uomo vorace e nasca dalla pietà di milioni l'uomo sobrio e comunitario.
Tra first ladies, convegni e spartizioni di bottini, il vecchio uomo rinsecchisce e la sua buccia sarà buona da concimare.
Sono certa che il dolore del mondo è dolore di parto: nasce, insieme al morire, una nuova consapevolezza e una rabbia che costringerà all'azione.
3 Comments:
Un'analisi profonda della disperazione che affligge questa povera Terra.
Le troppe urla senza voce, che ci ostiniamo a non sentire; in fondo noi non stiamo troppo male e la crisi?
Passerà la crisi!
Ne sono passate molte di crisi e il conto è sempre stato pagato dai più deboli e in altri angoli del mondo, senza che a noi ci sia stato tolto granché.
A te, a J, e alle bimbe la mia vicinanza.
Un forte abbraccio.
Sileno
bravo James, so che emetterà faville di vita ovunque diriga la sua attenzione.
spero che come dici tu il dolore del mondo siano doglie di un mondo migliore
abbracci, marina
Tra gli "adolescenti che non coltivano sogni e non allungano sguardi oltre il video" mettici anche i miei figli, ahime'.
In bocca al lupo a James e un abbraccio forte a te.
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