10 aprile 2006

viaggio

Vi scrivo da un treno in corsa, dal finestrino privilegiato della mia poverta'.
In corsa verso la speranza del cambiamento e lo schianto del futuro...l'arrivo di un nuovo destino che travolga la nostra storia personale e collettiva.
Alla ricerca dell'autentica vita, abbiamo perso brandelli di carne e certezze umane...
Il treno corre tra filari di case e alberi in fuga di liberazione.
Portami via dal male feroce di oggi.
Siamo caduti in un imbuto.
Per mesi mi sono esercitata a non volgere lo sguardo indietro, al passato che forse era meglio o a proiettare speranze nel futuro che forse sara'. L'ora e qui: il motto di chi riscopre la vita.
Ma l'ora e qui puo' anche essere il fondo di un cunicolo, il portone chiuso e la botola aperta: murati vivi dentro un presente che si e' fatto di colpo drammatico.
La nostra vita di famiglia, amata e fragile piccola casa, e' esposta alle intemperie.
Chi ci salvera' dall'ora...?
Eppure, come Lui, per quest'ora siamo stati chiamati: l'ora della morte e della rinascita.
Ci viene chiesto ancora di morire e di credere.
Ci viene chiesto l'abbandono al divenire continuo, al movimento perpetuo, al processo creativo dello Spirito che si incarna e crea.
Noi gli abbiamo detto: questo e' il nostro corpo offerto per Te perche' tu possa continuare a creare e fare nuove tutte le cose.
Tuttavia feroce e' la terra che si mangia e si beve il nostro sangue.
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Mi accompagna Bede Griffith, nel viaggio.
Il treno attraversa l'Appennino, il paesaggio che amo, in corsa verso il centro, il cuore di cio' che desidero. Orvieto e il tufo, il luogo che mi ha restituito il senso di appartenenza ad una terra mi ricorda quanto desidero e fino al dolore.
C'e' luce dovunque. Sento che il cuore perde peso, non e' piu' un muscolo contratto ma una massa dolce e calda che assorbe il respiro e si dilata.
L'effetto della bellezza su di me...fuori dalle armonie, dagli equilibri fra natura e uomo, nel deforme e claustrofobico mondo della citta' senz'anima, sono perduta.

"...quello che ci preoccupava allora era il fatto che la vita umana venisse depauperata e degradata con la privazione di quella bellezza che gli appartenenva di diritto."(BG)

Ecco da dove parte il sentimento dell'infelicita' di oggi che poi a spirale scende, si inabissa e si rafforza di altre pene, di altri vissuti, giu' fino al buio, alla notte di se stessi.
Ma ora Roma mi attende, citta' a cui ho perdonato ogni cosa: la bellezza sfacciata e la disarmonia della periferia, bellezza e poverta', luogo unico in cui passano le energie e che ritempra come la solitudine delle colline, citta' fatta di uomini e donne dai milli sorrisi.
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Il treno ritorna, si rovescia li' dove non vorrei, indietro in quello spazio dove la vita si e' coagulata in una macchia scura.
Fa, persino il treno, fatica a tornare...cinque ore di ritardo...non sembra voler terminare, come me, quella corsa dentro il cunicolo.
"...le nostre vite erano troppo instabili...non appartenevano ad alcun luogo. Questo faceva parte della nostra miseria, che ci piacesse o no, eravamo senza radici come il resto del mondo e ovunque andavamo non potevamo fuggire a noi stessi".(BG)