28 aprile 2007

Va bene così

Infine, ci siamo riusciti.
Abbiamo deciso di dare una mano al destino: noi andiamo dove avremmo voluto restare fin dal principio della nostra storia, costretti a vagare invece in questi lunghissimi anni per inseguire il pane e i bisogni.
I bisogni...quelli ti fregano sempre, si assommano passo dopo passo e ingrossano a vista d'occhio fino al terrore e allo spasmo...soddisfarli diventa l'unica vitale ossessione. E il mondo ha ben considerazione di chi si sbatte a suon di adrenalina per la carriera, le lauree e specializzazioni, la conoscenza, la cultura, il possesso delle cose e del denaro per i più rozzi ma pur sempre stimabili.
Noi al contrario sentiamo il dovere di fermare la corsa e di tornare al principio di tutto, di quando un uomo e una donna si amano e sanno perdere tempo nel guardare persi la luna o di quando una madre si sofferma a lungo sul viso vellutato del suo cucciolo appena nato o si dorme sereni nelle braccia della notte.
Allora si va via, tra le colline in un anonima casina di campagna, un pò sperduta tra case senza storia ma con la vista verso un orizzonte ampio di ulivi e querce.
Che faremo lì, noi che abbiamo girovagato tra luoghi più o meno di conquista e riconoscimento sociale, tra un trasloco e l'altro che ci ha lasciati sempre liberi di partire mentre ora dobbiamo vivere piantare e coltivare una radice perchè così chiedono le figlie che crescono, così necessita la salute che manca?
Io non lo so cosa farò. Per molto tempo sarò anche scollegata da tutti perchè in quei luoghi ameni non arriva solo lo stress ma anche il collegamento adsl che finora mi ha permesso di scrivere e tenermi informata constantemente e restare affacciata alla finestra del grande cortile del mondo.
Va bene così, non sarò troppo ingolfata di news, per un pò di tempo tornerò al vecchio e caro giornale di carta e alle lettere a penna e al telefono che non smette mai di farmi compagnia.
Avrò tempo per camminare lungo il fiume Farfa e osservare con il cannocchiale gli aironi.
Spazio e tempo per curare le ferite degli anni e affidarsi al giorno che regala un incontro, un volto nuovo, una scoperta. Poi l'olio della Sabina sul pane caldo e il formaggio di Montopoli, le saghe e le feste rionali...forse tornerà il volto umano delle cose e niente mi sembrerà più offensivo.
Neanche la mia mediocrità e quella del vicino con la villa un pò pacchiana e arrogante.
Riuscirò ancora a sorridere e provare tenerezza per il prete che in collina aspetta le comunioni, i matrimoni e le feste del patrono, per un pò di convivialità.
Chissà se il paesaggio e la lingua che era della nonna paterna, il ricordo di scampagnate domenicali e la luce lontana di Roma potranno seminare un pò di stabile fiducia, quel tanto di sicurezza che aiuti a sentirsi madre capace di lasciare un segno e una radice sana, una identità ai figli.
Un pò di pazzia c'è dietro questa scelta...mi chiedo infine se non è l'esilio perenne che cerco...marito e figlie avranno il lavoro, gli studi, gli amici che li porteranno altrove. Ma io so che ho fatto gran fatica a ricompormi in un'unità mentre le vicende tendevano a frantumarmi in mille nevrosi: forse è necessario un luogo che si faccia specchio di un'armonia interiore, di una pace da conquistare nel tempo, di una bellezza che è il pane eucaristico dell'anima.
In questa realtà, io incontrerò il sogno di ogni uomo.

p.s. da questo post in poi, cambieremo di nuovo destinazione, perdendo la possibilità di restare permanenti in Sabina. Siamo ora residenti a sud di Roma e passiamo quando ci è possibile il fine settimana tra le colline di Collevecchio. La partita non è ancora chiusa: ci siamo fermati a riflettere, ma il sogno resta (pubblicato a settembre).

24 aprile 2007

Miserere

Siamo di nuovo alle solite.
Gente mediocre per tradizione storica non può che partorire una trasformazione di superficie e convertirsi al buonismo e al perdonismo.
I conflitti degli ultimi cinquant'anni stanno trovando collocazione nel "volemose bene" degli ultimi giorni. Dopo anni di piombo, di sangue, di martiri, di mafia e mazzette, di concili e encicliche, quel che resta del giorno è:
-i complimenti dell'uomo di Arcore nei confronti di Biagi. Un ulteriore insulto a Biagi
-la sinistra che applaude l'uomo del secolo e gli mostra accoglienza
-la crostata del Direttore del carcere di massima sicurezza per il compleanno di Provenzano, scusate l'associazione di idee;
-il patriottismo del forzista con l'intervento su Telecom
-l'accondiscendenza del governo sulla questione e nessuno che grida "prima la legge sul conflitto di interessi" oppure "tenetelo lontano dalle telecamere e dagli affari e fatelo dissolvere nell' insignificanza!"
-il silenzio del governo sulla riabilitazione dei farabutti con processi a carico
-la riabilitazione della famiglia cristiana come modello e l'indifferenza nell'analisi sociale di continui arresti di preti, insegnanti, genitori, operatori sociali per pedofilia e pornografia
-la scuola che muore con insegnanti incapaci e alienati a cui non manchiamo di portare il regalo di fine d'anno
-la scuola di figli violenti e bestiali a cui non manchiamo di regalare il pc con i viaggi nel virtuale.
Gente nostra, fisiologicamente predisposta al superamento delle regole e alla loro sublimazione, cristianamente incline a perdonarsi ogni trasgressione. La chiamano tolleranza: sul vocabolario del Giovane Europeo significa inaffidabilità, ipocrisia, furbizia.
Come faccio a spiegare al mio amico inglese che questo è anche il paese di uomini come Peppino Impastato?

22 aprile 2007

Ossigeno

Sto seguendo Biagi con le lacrime agli occhi.
Dalle interviste esce fuori il quadro di una Italia di gente straordinaria da Foa a Colombo, Anselmi, Levi e gli operai della fabbrica di Bollate e Saviano con la sua Gomorra, i giornalisti messi a tacere-negli anni della nostra storia- con l'eliminazione fisica, anime intense capaci di dare vita alla "resistenza" contro la violenza del potere, le sopraffazioni della mafia e dei fascismi. Ho pianto senza ritegno perchè di questa Italia non ho più odore: per troppo tempo solo un olezzo di mediocrità e squallori ha tolto l'ossigeno al pensiero e alla speranza.
Mentre si cercano i "santi subito" tra i protagonisti di successo delle piazze e del video, operatori di miracoli socialmente inutili, noi camminiamo incoscienti in una terra di santi inascoltati e senza gloria, magistrati e operai, scrittori e donne di frontiera veri operatori di pace e di guarigione. Il pensiero di questi uomini della resistenza di tutti i tempi si è formato in Italia, proprio in questo paese malato, e ha dato vita a risultati che hanno fatto avanzare la storia: dolce diventa così essere "italiano", stessa radice di un giovane di soli 28 anni che sa distinguere ancora il bene dal male e rischiare la vita e il futuro per denunciare, in faccia a questo paese, il suo volto feroce!
Ho pianto per liberazione: forse perchè rivedere Biagi in televisione significa che forse è finita davvero, siamo all'inizio di un giorno nuovo e che magari non ci sono ancora riusciti a spazzare via ogni residuo di parola autentica e chiara. Qualche frammento è rimasto e splende tra la sabbia e le maree.
Nel dolore che Biagi oggi rappresenta, ritrovo la gioia di aver scelto di restare qui e di resistere...se non altro per onorare chi è morto e morirà domani affinchè ci si possa ancora chiamare "uomini" senza vergona.

18 aprile 2007

L'era della debolezza

E se infine noi-cassandre avessimo ragione?
Se fosse davvero finito il tempo delle grandi conquiste, dell'uomo al centro dell'universo, il tempo dell' autoaffermazione, dell'autocelebrazione, del narcisismo ossessivo e distruttivo?
E' evidente, sotto gli occhi di tutti, che società consacrate al potenziamento bionico dell'umano abbiano prodotto eserciti di infelici, giovani confusi e annientati da obiettivi irraggiungibili o dall'inutilità del loro raggiungimento, crisi di onnipotenza frustrata tradotta in violenza gratuita (dal kamikaze di Bagdad alla Virginia).
Aver spinto fino all'estremo il modello vincente del superonismo moderno ha prodotto anche l'estremo rovesciato del suo volto: la distruzione fine a se stessa, la meta-morte.
L'uomo ha fallito.
Cresciuti con il pane hollywoodiano crediamo di attendere la scena finale, tremenda e catartica, quella del non ritorno, esorcizzando nel frattempo la paura con l'intrattenimento.
Basta cambiare canale e non c'è più niente che turbi le speranze vacue del futuro.
Non accorre arrivare al "the day after" per dire che è finita: basterebbe svelare a se stessi che il the day after sia già avvenuto e che viene, che l'apocalisse arriva ogni giorno per milioni di uomini (soprattutto Africani) e che la strada percorsa in questi millenni sia stata infine un grande equivoco.
Come invertire la rotta sulla mappa di un viaggio che trova la metafora nella deriva dei continenti?... è urgente riproclamare di nuovo l'anno zero, l'anno di liberazione dei miseri, l'inizio dell'era della debolezza.

Sarebbe un' era dell'estinzione dell'uomo titatico e della nascita dell'uomo solidale.
Era di nuove prospettive a portata di bambino, con sogni di decrescita felice per dirla con Pallaro, con ambizioni semplici e comunitarie dove piantare un albero vale più di un'autostrada!
Madri che tornano ai loro figli e alla bellezza delle donne in gruppo che fanno casa, villaggio, sostegno e pace; padri che sanno attendere le stagioni e il cambio del vento e guardano alla terra per capire cosa accadrà e che non hanno altro sogno che l'infinito oltre la siepe.
Poeti che tornano a popolare le strade e cantarci l'amore che non ha più la malinconia dell'impossibile ma la tenerezza del quotidiano e del tepore delle braccia della sposa.
Figli a cui si insegna la spoliazione dalle cose e il coraggio della sobrietà, le conquiste su se stessi e sulla propria ferocia, l'unica guerra veramente da portare a termine.
E Dio nascosto tra le pieghe del giorno, senza ambizioni di templi e sacrifici ma solo leggera ebbrezza del vento e silenzio...