31 agosto 2007

Lavavetri e non solo

Sono infine diventati soggetto di conversazione. La stampa e la politica se ne occupano: solo per questo sono grata al comune di Firenze di aver sollevato il velo che copriva le nostre ipocrisie.
Ho scritto più volte della mia esasperazione per lo scempio della dignità umana di cui si fa esperienza ai semafori come sulle strade di notte. Qualunque attività che comporti abuso e sfruttamento, giro di affari sulla carne dei deboli, negazioni di diritti e del valore della persona, non può trovare posto in un mondo che si dichiara civile. E fino a qui sono d’accordo con Amato. La microcriminalità va colpita al cuore…peccato che a dirlo è un esponente di un Parlamento in cui invece ancora vivono e vegetano esponenti della macrocriminalità!
La tolleranza zero mi va a pennello se applicata a partire da noi stessi. Tolleranza zero per noi che non abbiamo scelto ma abbiamo avuto la grazia di nascere cittadini di un mondo dove vivere non è ancora sopravvivere.
Molti appartenenti a questa umanità, ferma sotto le intemperie a qualunque ore del giorno, sono vittime e contano nulla persino per il loro clan: donne, bambini, anziani.
E così suona stridente sentir parlare di lavavetri in arresto mentre solo di pochi mesi fa è l’indulto per reati più gravi.
Contraddizioni evidenti di una società che prende coscienza del lato oscuro del benessere e che guarda con orrore e paura il suo ritratto di Dorian Gray. La sofferenza di questi popoli resta e non voglio rimuoverla solo con la sottrazione del permesso di accattonaggio. Quindi ben venga la crisi al centro-sinistra, le discussione dalle varie angolature: quello che davvero uccide i deboli è l’indifferenza o la loro rimozione nel silenzio.
I poveri premono alle porte delle città e ci costringono a prendere coscienza della loro esistenza.
Queste creature esistono e stanno male.
E anche io sto male. L’elemosina non mi piace, la carità ai poveri è un atto paternalistico. Dare il superfluo poi è un atto falso e politicamente inutile. E non posso dire che siccome hanno bisogno di campare li lascio svendersi o degradarsi nello sfruttamento di bande che controllano il territorio; se questo fosse vero per loro dovrebbe essere vero anche per per i cittadini di San Luca in Calabria che per campare sono costretti alla connivenza con la grande criminalità. Invece mi scandalizzo dell’abuso sull'uno e sull’altro e mi interrogo su come avremmo dovuto colpire il sistema più che le vittime.
Ora che cosa ne farà la città di Firenze di questo mondo parallelo che porta il marchio della miseria nella pelle, nei vestiti, nelle mani e nel cuore? A loro si aggiungono gli italiani indigenti, numero che paralizza ogni senso di solidarietà e empatia con altre etnie in difficoltà!
Mentre osservo l’umanità sofferente, mi chiedo di come sia opportuno sottrarsi alle scelte politiche e economiche e sociali e religiose che vorrebbero risolvere la questione alla vecchia maniera: dai l'obolo e salvati l'anima. Abbiamo fatto così con l'Africa e con le missioni fregandocene altamente delle cause che convivevano con i nostri sistemi criminali.
E' necessario uscire dal misero gesto della moneta-salva coscienza e entrare nell'analisi consapevole di dovere reinventare un altro modo di occuparci degli ultimi.
Toglierli dalla strada può significare oggi restituirgli dignità solo se si restituisce loro anche l'identità: esistono. Chiunque viene al mondo ha bisogno di luce.
L’unica certezza, invece, che mi resta ora e che i prossimi mesi confermeranno è che la mia coscienza soffre lo squarcio che si è aperto sugli occhi e non vuole medicine narcotizzanti: resta cosciente durante l’amputazione sul corpo dell’umanità.

26 agosto 2007

Sulle strade del ritorno

Lavanda, ulivi, limoni e un vento leggero che chiede di avvolgerti nella veste di lino, fanno cornice ai miei pensieri stesi sulla pietra di tufo della Locanda Rosati dell'amico Giampiero.
Quando l'uomo ascolta se stesso, sa dare vita all'armonia e alla grazia: il giardino dell'agriturismo orvietano non è un atto estetico.
E' puro amore per la terra, è umiltà di farsi raccontare dalla terra i misteri delle proporzioni, dei colori, della vita anche minima.
Tutto si ricompone, ogni cosa al suo posto, anche la gente che ti siede accanto libera di sorridere o fare silenzio, non sopraffatta dalla spremitura delle ore.
Mi stupisco che questo giardino, la casa in pietra, gli alberi intorno siano lì perchè io ne goda. Vorrei che ogni uomo e donna custodissero nel cuore un pezzo di Umbria come icona di quella bellezza nostra e del creato che dobbiamo proteggere: mai come in queste ore le notizie che vengono dalla Grecia o la vista dei quintali e quintali di rifiuti che scopro disseminati sul costone del lago di Castel Gandolfo, dove ora vivo, mi fanno soffrire e mi tolgono la speranza che l'uomo possa farcela a uscire dalla bestialità e il pianeta possa farcela a portare il peso della nostra presenza.
La bellezza è a nostra disposizione. Non si compra ma è il risultato della coerenza tra ciò che siamo e ciò di cui ci circondiamo.
I miei compagni di viaggio, i miei amori, i miei amici mi raccontano che qualcosa di migliore di ciò che sono ho saputo tirarlo fuori da questo mio buco nero: può allora l'ombra di un albero, la risata dell'amico, rendere felice un essere umano?
Essere qui e saper ringraziare la luce del sole che va a nascondersi dietro le sagome dei pini è speranza che -quando la notte del cuore verrà -la memoria mi aiuterà a ritornare in questi luoghi e a queste ore dove chiara è la luce interiore, luogo e spazio e tempo in cui il Dio che mi abita, ci abita, ha compiuto tutte le meraviglie. E' questa l'ora che si recuperi la vista e si dica: " Che splendore! "

Viaggio a Crotone

L'Italia è un paese diviso in due: voglio dire in due piani.
Al primo piano il mobilio, al piano terra la cantina.
Ma il proprietario è uno solo: fa vita, rappresentanza sociale, lavoro e raccolta differenziata al primo piano, deposito, accatastamento, sporcizia al piano terra.
Sono andata a fare le vacanze, volutamente, in cantina.
Non la Calabria dei villaggi turistici che illudono gli ingenui di quanto sarebbe bello il sud se avesse il benessere, ma nella città senza più storia, abusata di case-scheletro mai completate, paese che si sdraia sulla costa come un cane randagio affamato.
Disarmonia e cemento: nelle palazzine di tre piani, in odore di abusivismo, senza finestre e porte, come un residuo bellico di Belgrado, il proprietario vive con famiglia dietro l'unica finestra rifinita e attende che le faccende si sciolgano al sole. Crotone aspetta di essere completata tra un condono e l'altro perchè, come dice il padre degli italiani -Giulio Andreotti-riguardo al processo contro di lui finito a gloria sua, "il tempo è galantuomo" e un giorno oggi e un giorno domani tutto cade in prescrizione, nell'oblio; le istituzioni hanno la memoria corta, il tempo scivola via portandosi dietro la legalità e il rispetto della democrazia.
Penso a Roma e Milano, ai quartieri dolorosi, con le case che erano abusive ma ancora resistono, al cemento piombato nelle borgate come le bombe degli alleati: volti sfregiati di città schiavizzate dagli imprenditori dell'edilizia. La matrice è la stessa, sembra di ritrovare la stessa mano, lo stesso gusto estetico. E' la vittoria di una nuova civiltà, niente a che fare con quella greca nè estrusca- romana: qui la civiltà è quella dell'homo economicus che dal Mediterraneo e oltre (dall'America mafiosa degli anni venti alla Germania dai Ristoranti delle cosche) ha fondato un nuovo modo di vivere e pensare: andate e sfregiate, costruite e intascate, arricchitevi e governate.
Così guardo Crotone che mi rimanda ai quartieri dormitorio della capitale, alle strade veri contenitori dell'immondizia, ai boschi bruciati come ai fondi pubblici...Italia un solo palazzo, uno stesso proprietario...neppure il mare blu smeraldo mi consola!