12 novembre 2009

Dialogo sul legno 3

Don Farinella: Repubblica/Il Lavoro, 8 novembre 2009

Nel 1953 nel 1° giorno di scuola popolare, don Lorenzo Milani, ucciso da quella stessa gerarchia che oggi lo annette al sistema, tolse il crocifisso dalla parete della sala parrocchiale «perché non doveva esserci neppure un simbolo che facesse pensare che quella fosse una scuola confessionale», spiegando: «se uno mi vede eliminare un crocifisso non mi darà dell’eretico, ma si porrà piuttosto la domanda affettuosa del come questo atto debba essere cattolicissimamente interpretato perché da un cattolico è posto» (Lett. 20-5-1953 a A. Parigi). Sì, i cattolici dovrebbero amare così il Crocifisso da essere loro stessi a levare i crocifissi dallo stato comatoso di ornamento impolverato.

Don Paolo Farinella: Altrachiesa - Micromega

Il 26 settembre 2009, dopo una notte di trattative, il Vaticano e il governo concordano che il presidente del consiglio avrebbe salutato il papa in partenza per Praga, all’aeroporto di Ciampino. Tre minuti sono meno di uno sputo per terra, eppure capaci di accorciare una distanza di anni luce nei meandri del protocollo. Tre minuti, il tempo dalla macchina alla scaletta dell’aereo e una frase come un epitaffio su tutte le nefandezze di un uomo che senza chiedere scusa all’Italia e senza chiedere perdono per avere imbrattato etica e persone e istituzioni, piano, pianino, lemme lemme si sente dire dal papa: «Che gioia, rivederla, signor presidente!». Non ha detto: «Buon giorno!» Non ha detto quello che doveva dire: «Lei è un porco, vada a lavarsi, si purifichi e poi torni da me, ma prima dia le dimissioni». No, il papa ha detto «Che gioia!».

"Ecco, Signore, li leggi i giornali?
Ora dimmi, se anche la fede non ci supportasse, ci resterebbe la Ragione così cara al Santo Padre.
E la ragione mi dice che il Vaticano di Roma e il suo Vescovo sono compromessi nel fango fino al collo: preferiscono salvare la Santa Sede piuttosto che la sede santa ovvero il cuore dell'uomo e la sua dignità."

"Ricordi Caifa? Si stracciò le vesti quando mi ascoltò nel Tempio: parlavo un linguaggio nuovo. Avevo osato chiamare mio Padre, Abbà, ovvero dolce papà e farmi figlio di Dio, quale ero.
E nota bene non ho mai dato del Santo a nessun rabbino di Gerusalemme: ho persino ammonito di chiamare santo un uomo. E' un attributo che spetta solo all'Ineffabile non agli uomini.
Ebbene dopo la reazione di Caifa, ho scelto il silenzio.
Così davanti a Pilato. Non ho mai risposto alla sua domanda: Che cosa è la verità?
Avevo già parlato nelle piazze, sulla strada, nei lebbrosari.
Non rispondo ai falchi, ovvero ai falsi sapienti che si appropriano del sapere e ai potenti che credono di poter patteggiare con Dio.
Sarebbe stato contro la natura della mia Persona pronunciare davanti ai loro occhi segnati dal crimine e dall'arroganza. " Troviamo insieme un accordo!"
Pur di salvarmi la pelle.
Ero venuto per annunciare la speranza ai poveri e agli uomini senza potere, la giustizia e la misericordia.
Sapevo che questo significava fedeltà a Se Stessi fino a perdere.
Non hanno fatto così i vostri magistrati, i vostri scrittori, giornalisti, preti, persone in prima linea contro le illegalità, in terra di mafia?
Semmai con il silenzio di chi sapeva di essere messo in croce, ho gridato loro la mia autorità e la mia forza".

"Signore, proteggi allora Don Farinella: insieme a molti altri tuoi discepoli sta pagando di persona come te la fedeltà all'uomo e all'Amore."

"Ci sono uomini e donne che nessun Papa e nessun Re potranno mai mettere in catene. Neppure da morti.
Non avranno avuto un seggio parlamentare né un ruolo cardinalizio ma avranno avuto nel cuore l'autorità di Dio.
Solo le loro parole saranno ascoltate."

"Ma tu parli di silenzio. Chiariamo: qui il silenzio vuol dire omertà o collaborazionismo. Vuol dire non denunciare ciò che va gridato sui tetti, come tu stesso hai fatto nella tua vita terrena.
Di che natura è il tuo silenzio?"

"E' uno sguardo profondo lanciato nella notte delle loro coscienze.
Mentre parlano sanno di mentire.
Quando mentono sanno di uccidere.
Non potranno mai dire "che non sapevano"..."

6 novembre 2009

Dialogo sul legno 2

"Qualcuno contesta, giustamente, il tuo non entro dove mi rifiutano.
Cosa significa? Non ti fai trovare e non ti manifesti nel cuore degli atei?
Oppure non c'è alcuna speranza di trovare un alito di te dove regna il disordine e il degrado dell'uomo?"

"Mi rifiutano proprio coloro che si convincono di conoscermi;
chi crede di possedermi in un mondo chiuso e dogmatico e nega la luce che può venire dai luoghi e dalle esperienze più improbabili, inedite;
chi nega la mia creatività e possibilità di collocarmi al di sopra e al di sotto, oltre ogni definizione storica-culturale-sociale.
Mi rifiuta chi mi fa potente e geloso, attaccato al suo crocefisso, alle sue liturgie e ai suoi principi non negoziabili, mi adora come manifestazione del proprio ego.
Mi nega chi mi annega nel suo limite.
Ecco io non entro in quel contesto: sto fuori dalla porta e attendo che si faccia chiarezza, nella vita di ognuno".

"Alcuni cuori camminano leggeri guidati dal vento delle loro intuizioni eppure non ti nominano, né ti pregano, né ti cercano...conoscono la strada della giustizia e della pace ma a nessun dio affidano il loro destino: si assumono la responsabilità delle loro azioni senza motivarle dentro una realtà trascendente. Eppure il loro agire è pieno di consapevolezza e d'umanità.
Cosa diresti a costoro?"

"Che li amo!"

5 novembre 2009

Dialogo sul legno

" Mio Signore, ti hanno davvero recato offesa i laici europei ammazza-preti e ghigliottinatori di re?
Dicono che quella croce appesa nelle aule scolastiche pubbliche italiane sia nel posto sbagliato: è un calpestare i diritti genitoriali di educare i figli secondo la propria libertà e le proprie convinzioni e non contringerli a sentirsi cristiani a tutti i costi."

"Offeso? Al contrario - eretica amica mia- non vedevo l'ora che mi togliessero da quella parete, un legno morto, ormai simbolo di guerra e non di pace. Brandire la croce per esercitare potere e appenderla sui muri pubblici solo per ottenere in cambio voti politici! Ma chi davvero ha mai amato quella croce tra coloro che ora la difenderebbero con la spada?...
Io sono venuto con un ramoscello d'ulivo in mano e loro prendono quel legno per spaccarlo in testa a chi si oppone.
E poi, non abito più su quella croce."

"Come?... il patibolo che ha consumato l'innocente... il mondo ti guarda come il Dio che ha scelto l'ultimo posto, persino quello di un criminale, per abbassarsi all'uomo e al suo dolore e ora tu dici di non volerci più stare inchiodato?"

"No, perché mi portano in giro come un trofeo di guerra.
Mi usano come un ariete per aprirsi le porte dei palazzi e delle curie...mi sfoggiano sui colli di ministre poco coscienti di ciò che la mia divinità rappresenti...mi appendono sulle pareti della loro casa, lo fanno valutare all'asta, come un quadro di valore.
Dietro quel legno ci vedono i soldi.
Mi hanno inchiodato sulla carta di una moneta, spesso sporca di sangue: ma non è il mio."

"Mio Dio, dove sei allora, dove venire a trovarti, su quale realtà cercare il tuo volto e inginocchiarsi per contemplarti?"

"Il crocefisso vive sulla strada: se giri l'angolo lo trovi nel pezzente che ti importuna al semaforo.
Sui barconi degli immigrati ogni giorno viaggio e ogni giorno muoio assetato.
Impazzisco nelle carceri e nella miseria dell'abisso della coscienza.
Mi umiliano nei posti di lavoro, nel precariato, nelle bugie mediatiche: sono il cittadino onesto calpestato e deriso, disprezzato dai falsari della politica.
Gli ipocriti si affrettano a riappendere il legno morto sulle pareti minacciando chi nega le loro radici cristiane: in verità non sanno che mentre maledicono, illudendosi di benedire me, danno le spalle ai bambini e ai ragazzi seduti sui banchi.
Si inchinano davanti all'oggetto e non hanno occhi per vedere: io sono seduto tra i banchi, accanto a quei bambini. Spesso immigrati.
Io vivo con i loro genitori musulmani, induisti, buddisti.
Non ho paura di entrare dove non mi conoscono.
Ma non entro dove mi rifiutano. Anche perché l'amore non si impone.
Non entro persino in alcune chiese cristiane: sulla porta, per terra come un rom, osservo inginoccharsi davanti a mia madre - donna del deserto con in braccio me povero - coloro che hanno apprezzato leggi e politiche meschine: i negatori dell'umanità dei bambini immigrati.
E dei bambini tutti.
Se non ami la giustizia, la parità tra gli uomini, il bene sociale, come puoi amare i tuoi figli?

"Mio Signore, se così è, se non è più tempo da controriforma, se amare te vuol dire lasciare libero il fratello di esistere e di esprimere nel cuore il suo amore e la sua devozione e non nelle apparenze dei segni, allora non toglierò quel crocefisso appeso sul mio letto: apparteneva ai miei nonni, ha più di cent'anni.
L'hanno stretto mani nodose, mani da contadina, da operaio; ha guardato con compassione dall'alto la tavola povera di nove figli senza troppo cibo e aspettative.
Ha accolto lacrime notturne di donne sole e umiliate.
Quel crocefisso è sceso tra la polvere del giorno: ha indossato la carne."

"Dovunque c'è l'uomo con la sua storia e il suo cammino, l'animo umile e il cuore attento, lì io vivo. Quella è la parete su cui vorrei essere appeso."